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Australia: cuoca italiana sottopagata di 15.000 dollari rispetto agli uomini. La denuncia

di:
Alessandra Meldolesi
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copertina elena sabbatini chef ok

È un caso che sta facendo discutere l’Australia e potrebbe avere conseguenze rilevanti, quello di Elena Sabbatini, cuoca italiana che ha sollevato il tema del gender pay gap fra cuochi e cuoche nel paese. Ma la Fair Work Commission, pur dandole ragione, non ha potuto aiutarla. Vediamo perché.

La notizia

La denuncia arriva nientemeno che da una cuoca italiana: Elena Sabbatini, per due anni abbondanti chef del Peter Rowland Group. Come riporta un noto sito d'informazione, il suo salario, pari a 65mila dollari l’anno, non le sembrava così male, finché non ha scoperto che due chef de partie della sede di Docklands ne incassavano 15mila in più. “E mi sono sentita furiosa, perché avevo dato tutto per il mio lavoro”. Si è quindi immediatamente dimessa, trascinando il noto gruppo di catering di alta fascia davanti alla Fair Work Commission per un indennizzo.

Peter Rowland Group
@Peter Rowland Group

L’organismo ha verificato l’effettiva sussistenza di un gender pay gap fra lei e i suoi colleghi di sesso maschile, impegnati nello svolgimento di compiti equivalenti; altri cuochi hanno anzi testimoniato come lei registrasse performance migliori, senza che la proprietà sollevasse obiezioni. Questa, dal canto suo, ha sostenuto che si trattasse di una strategia di fidelizzazione, volta a trattenere gli altri dipendenti, che sarebbero stati disponibili a fungere da extra all’occorrenza.

peter rowland team
I dirigenti di Peter Rowland Group

Ma la Commissione non le ha creduto. Ha anzi sentenziato che Sabbatini meritava un pari salario, giacché era chiara l’esistenza di una diseguaglianza di genere nella remunerazione. Nello stesso tempo ha respinta la sua richiesta, pari a 12,500 dollari di equiparazione salariale per 10 mesi di lavoro full time, 2173 dollari per le ferie e 3000 per stress e straordinari. Ma solo per una ragione formale: la sua posizione sarebbe stata considerata, se Sabbatini non si fosse licenziata, ma fosse stata ancora dipendente al momento di intraprendere l’azione legale, dopo appena nove giorni. E anche in quel caso, l’organismo avrebbe potuto al massimo ordinare un aumento salariale, senza recupero degli arretrati.

elena sabbatini Justin Mc Manus 2
@Justin Mc Manus

“Mi sembra di sognare”, ha commentato la cuoca. “Una cosa del genere non dovrebbe mai accadere, soprattutto in Australia, che a mio giudizio è un paese piuttosto equo. Dovevo andarmene. Mi hanno semplicemente trattata con il minor rispetto possibile. E ho sentito che succedeva perché sono donna, in primo luogo, e perché non sono una cittadina australiana, in secondo luogo. Mi piaceva quel lavoro. Mi piaceva la squadra. Il denaro non conta più di tanto per me. Ma dopo tutti i sacrifici che avevo compiuto per la compagnia, non si è trattato di soldi, quanto del modo in cui venivo considerata, di come se ne fregavano di me”. La compagnia, dal canto suo, si è trincerata dietro un no comment. Amara la morale: anche quando il lavoratore ha ragione, non è facile spuntarla nelle sedi legali, dove rischia pure di trovarsi a pagare esose parcelle legali.

peter rowland group cibo
 

Foto di copertina: @Justin Mc Manus

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