Più di 70 viaggi in Giappone e decine di migliaia di chilometri sulle strade italiane. Il risultato? Moi, l’omakase di Prato dove Francesco Preite sbalordisce 10 clienti a sera con materie prima di qualità massima servite secondo tradizione giapponese.
La storia
Nessuno farebbe caso ai pasti serviti in aereo, su voli interminabili. Li divorerebbe non curante di cosa ha di fronte, desideroso solo di far passare la fame e le ore. Ma un verbo coniugato al condizionale lascia sempre la porta aperta all’eccezione che conferma la regola. Un’eccezione che rimane folgorata dal profumo che emana una zuppa di verdure e spezie servita durante il volo Abu Dhabi - Milano, che corre a casa, a Prato, e senza salutare moglie e figli, tenta di riprodurla nei profumi e nei sapori per poi servirla ai clienti del suo ristorante all’interno di un folgorante menu degustazione di quasi 20 assaggi.
Io, questa eccezione la conosco, si chiama Francesco Preite, un toscano nato nel Mugello da genitori calabri e campani, da dieci anni proprietario e chef di uno dei ristoranti più ambiti di Prato: Moi Omakase. Omakase, avete sentito bene, termine giapponese che letteralmente sta per “Mi fido di te”, in riferimento ad una formula ristorativa e un modo di mangiare tipici del Sol Levante per cui i clienti decidono di affidarsi allo chef e di concedersi un percorso al buio servito direttamente al bancone.
Creazioni giapponesi a Prato? Oltretutto preparate da un toscano? La risposta è affermativa. Da Moi Omakase è di regola una cucina di fiducia, fatta di materia prima scovata chissà dove e come nel mondo e preparata con competenza e conoscenza da Francesco, un italiano formatosi in Giappone.
72 sono i viaggi tra Tokyo e dintorni di Francesco, di cui l’ultimo, di dieci giorni, sarà a settembre prossimo. Viaggi di studio e formazione, nonché divertimento e curiosità. Il primo volo è datato 1998, nato non per scopi culinari ma per la passione iniziale di Preite per le armi da taglio. Da lì veloce è stato il passaggio sul fronte culinario.
Nel 2009, carico di nozioni, apre il primo Moi, vicino al teatro Metastasio, un sushi bar amatissimo che è stato il suo trampolino di lancio, poi chiuso in ottica di aprire un’insegna che rispecchiasse in tutto e per tutto il suo amore per la cultura giapponese, un luogo in cui anche lui potesse divertirsi senza sentire il peso del lavoro. Ecco allora l’apertura di Moi Omakase nel 2018 su Viale Piave, a pochi metri dal Castello dell’Imperatore, in un locale ampio e silenzioso fatto di un grande bancone centrale, divisorio trasparente tra Francesco e 10 clienti curiosi.
Coppie, comitive di amici, appassionati in solitaria varcano la soglia del ristorante a pochi minuti dalle ore 21:00. Attendono gli ultimi secondi, scalpitanti, ai comodi divani che affacciano sul Castello, per riunirsi intorno al bancone dove Francesco è già intento a preparare il pesce, alle 21 in punto. Mi raccomando, alle 21:00. Non presentatevi in ritardo: c’è il rischio che Francesco non vi consenta l’ingresso. E sapete qual è la cosa più bella delle cene da Moi? L’essere scevre da qualsiasi formalismo, l’imporsi naturale come luoghi di chiacchiere trasversali, di conoscenza di una cultura lontana ma anche di materie prime vicine. Si instaurano amicizie, amori, con i commensali vicini. L’esperienza va oltre la cena al ristorante. Unico è il menu degustazione disponibile, fatto di quasi venti assaggi che cambiano di giorno in giorno in base alla disponibilità della materia prima.
Quest’ultima, raccontata preparazione dopo preparazione, da Preite, viene da ogni punto del mondo e giustifica le decina di migliaia di chilometri fatti su strada per ricercarla. Dal polpo di Viareggio alle ostriche della Bretagna, dalla spigola del Conero e dalla pezzogna di Lerici si arriva al salmone rosso dell’Alaska e al wasabi dal Giappone. Per non parlare di quelle straordinarie capasante di Hokkaido, prive di nervo, cedevoli al primo contatto con il palato. Ogni assaggio, da addentare il prima possibile non appena servito da Francesco attraverso il bel bancone, è manifesto di una cucina autenticamente giapponese, adattata alla materia prima italiana, ma non solo.
Assaggi chiari, diretta, senza orpelli che vivono d’istinto, attenzione per il prodotto, sensibilità per le sue evoluzioni. Ogni elemento portato al palato è da approfondire con le mani, in singoli morsi, oculati. Il tutto grazie a Francesco, un vulcano di tecniche, nozioni e culture diverse, interconnesse l’una con l’altra a creare un microcosmo personale e unico nel suo genere. Anche la carta dei vini è complessa e completa, approfondita sul tema del naturale fatto bene, italiano, francese e non solo. Ogni cantina ed etichetta è provata da Francesco, quando possibile direttamente in azienda. Non manca il Sake.
Ambasciatore della cucina giapponese in Italia, così Francesco è chiamato e conosciuto in Giappone dopo che l’emittente televisiva numero 1 di Tokyo ha lanciato un servizio in prima serata raccontando di lui e del suo Moi. Autografi all’infinito lo accolgono ogni volta che tocca piede in Giappone, lui, una personalità rude e spigolosa solo all’apparenza che si scioglie a tavola raccontando aneddoti spassosi e fornendo validi consigli su mete culinarie da scovare per il mondo.
I piatti
Da tradizione iniziamo le cena coccolati dal calore di una zuppa di miso. C’è la parte liquida del brodo, ma anche quella più consistente fatta di fagioli, in doppia fermentazione, una più lunga e aggressiva che trasforma il legume in pasta, una più corta e delicata che consente al fagiolo di rimanere intero dando forza all’assaggio. A loro si aggiunge la nota verde marina dell’alga wakame disidratata e resa croccante.
Con le bacchette si scopre il sapore del Polpo di Viareggio cotto in una soluzione di acqua di mare e salsa di soia che ne ammorbidisce la texture, senza attenuarla troppo. Persistenza e resistenza sono i due elementi chiave del piatto, esaltati da un condimento a base di olio Evo dell’Impruneta e polvere di shiso purple, appena amaro, e ume, ossia prugna/albicocca giapponese. Consistenza incredibile per l’Ostrica dalla Bretagna in due cotture, la prima che sfrutta l’acqua nel guscio poi al vapore con sake. A condirla c’è una marmellata di cipolla rossa di Tropea, dalla dolcezza complementare a quella del frutto di mare.
Un viaggio al ristorante merita l’acquisto del biglietto anche solo e soltanto per il prossimo assaggio, quello della Capasanta di Hokkaido, la prefettura più fredda del Giappone. Il mollusco è in sashimi, crudo, da condire a proprio gusto con la salsa di soia. Il primo morso è risolutivo: la carne si scioglie in bocca al contatto con il palato, e sprigiona un piacevole aroma di tartufo.
Ora è il turno dei nigiri. Arrivano uno dopo l’altro, con pesci e crostacei diversi lasciati a temperatura ambiente e delicatamente posizionati sul riso caldo. In un singolo boccone si prova prima la Spigola del Conero, poi la Pezzogna di Lerici e ancora lo Scampo del Tirreno. La sezione del taglio per ogni singolo pesce è diversa, nella Pezzogna aumenta per stimolare ancora di più la masticazione. Le uova di salmone, prima lavate nella salsa di salsa di soia poi nel sakè, diventano le protagoniste di un Gunkan unico nel suo genere dove la croccantezza dell’alga nori diventa involucro di sapori mai sperimentati prima.
Eccolo il famoso Brodo a base di alga kombu e verdure scottate nell’olio di sesamo. Un sorso denso, che sa quasi di pollo, è questo. Ammorbidito dalle note più dolci del porro e quelle più carnose del merluzzo, lasciato cuocere dolcemente dal calore stesso del brodo. Scopro dopo che non c’è sale aggiunto alla preparazione. Si conclude la corsa con altri nigiri. Da quello di Salmone rosso selvaggio dell’Alaska, a quello di Branzino di Massa Carrara, affumicato appena 25 secondi con legno di ciliegio giovane e arricchito della nota pungente di wasabi. Poi c’è il nigiri con la salpa, un pesce di superficie che si nutre solo di alghe, condito con sale affumicato e passato al cannello per conferire ruvidità al palato. Si sale alto con le due parti del tonno, prima l’akami, ossia la schiena di Tonno Rosso Blue fine dell’Isola d’Elba, dalla piacevole sensazione ferrosa ematica, poi con l’Otoro, la parte più pregiata del pesce, condita con shiso verde.
Non poteva mancare la Ricciola dell’Adriatico arricchita di spezie in stile bresaola come sale, pepe, timo e ginepro. E in ultimo l’anguilla, cotta alla perfezione, dolce e grassa il giusto, nascosta da un involucro di alga nori fragrante.
E il dolce? L’omaggio è spassionato a Prato e al suo dolce più celebre, la Pesca di Prato, acquistata da Francesco nella migliore pasticceria della città, Pasticceria Nuovo Mondo di Paolo Sacchetti, maestro AMPI. Mi raccomando, dividete le due metà e mangiatele singolarmente, altrimenti la sfortuna è dietro l’angolo.
Indirizzo
Moi Omakase
Viale Piave, 10-12-14, 59100 Prato PO
Telefono: (+39) 0574 065595
Mail: info@moiprato.it
Orari: Aperto dal lunedì al sabato dalle ore 21.00 - 23.00 -Turno unico