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Mawn di Phila Lorn: il cambogiano che ha vinto il James Beard con un locale di noodles

di:
Elisa Erriu
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Mawn, inaugurato due anni fa nel vivace quartiere Bella Vista di Philadelphia, è diventato in breve tempo uno degli indirizzi più in voga della città. Non è solo un ristorante, ma un manifesto culturale “travestito” da noodle house.

La storia

Certe storie sanno di rivalsa e coriandolo, di brodi intensi che ribollono silenziosi in pentole grandi quanto i sogni. Sono fatte di mani che impastano, che tagliano, che insaporiscono con memoria e audacia. Sono storie come quella di Phila Lorn, chef cambogiano trapiantato a Philadelphia, che con la sua cucina ha fatto ciò che certi piatti sanno fare meglio di mille discorsi: abbattere pregiudizi, scardinare aspettative e sorprendere con gentile fermezza. Lorn, anima e fuoco del ristorante Mawn, ha conquistato il prestigioso James Beard Award 2025 nella categoria Emerging Chef.

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Un riconoscimento che non arriva per caso, ma per caparbietà, per passione, per l’abilità rara di rendere poetico anche un piatto di noodle. Nel suo discorso di ringraziamento, come riporta Eater, lo chef ha dedicato la vittoria “all’arte di credere davvero in ciò che si fa” e a tutte le volte in cui ha dovuto combattere contro chi pensava che la sua cucina non fosse “abbastanza buona, abbastanza autenticao che lui stesso “non fosse abbastanza famoso”. Mawn, inaugurato due anni fa nel vivace quartiere Bella Vista di Philadelphia, è diventato in breve tempo uno degli indirizzi più desiderati della città. Non è solo un ristorante, ma un manifesto culturale travestito da noodle house. Una cucina che si descrive come “senza regole”, ma dove ogni piatto racconta una storia precisa, vibrante, carica di radici e di libertà.

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Lorn ha riscritto il modo in cui si percepisce la cucina cambogiana nella ristorazione americana. Basta assaggiare il suo katiew, una sontuosa zuppa di noodle con wagyu affettato sottilmente e coda di bue brasata, per capire che qui non si scherza. O lasciarsi travolgere dall'all star seafood rice, un tripudio marino dove granchio, capesante, gamberi, burro di grasso di granchio e uova di trota si mescolano in un’armonia esplosiva. Piatti che sono al tempo stesso festa e racconto, memoria e provocazione. Per chi ama le sorprese, c’è anche il menu degustazione “Puck & See”: si ordina a scatola chiusa, fidandosi della brigata di cucina che compone una sinfonia di portate per 65 dollari a persona. Un invito a lasciarsi guidare, a dimenticare il controllo e assaporare l’imprevisto. Il James Beard Award non è solo una medaglia: è un faro, un riconoscimento che segna un punto di svolta. Per Lorn, questa vittoria rappresenta una risposta a chi, all’inizio, dubitava. Dubitava della legittimità della sua cucina, del suo accento cambogiano in mezzo a una scena gastronomica spesso dominata da narrazioni più mainstream. Ma Mawn non ha mai voluto uniformarsi. E il successo gli ha dato ragione: locale sempre pieno, critica entusiasta, e ora anche uno dei premi più ambiti della gastronomia statunitense. Phila Lorn ha saputo costruire un’identità culinaria personale, autentica, che guarda avanti senza rinnegare il passato.

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E mentre ancora si brinda per il James Beard, Lorn e la moglie Rachel – compagna di vita e d’impresa – sono già pronti a scrivere il prossimo capitolo della loro avventura gastronomica. Si chiamerà Sao, e sarà un oyster bar dedicato ai sapori del Sud-est asiatico, in arrivo a breve nel quartiere di East Passyunk. Un progetto che promette di portare l’energia eclettica e disarmante di Mawn in una nuova forma, questa volta giocando con ostriche, frutti di mare e fermentazioni. Ma sempre con lo stesso spirito: quello di chi sa che la vera rivoluzione non fa rumore, ma profuma di lemongrass e carbone acceso. C’è qualcosa di profondamente rigenerante nell’osservare il percorso di Lorn. In un mondo dove tutto corre veloce, dove il successo sembra riservato solo ai nomi già noti, lui ha saputo imporsi con il potere silenzioso delle storie ben raccontate. In padella e nel piatto. Mawn è il simbolo di una nuova generazione di ristoratori: fieri delle proprie origini, allergici ai compromessi, capaci di unire tecnica, emozione e visione. E se la cucina è davvero un linguaggio, allora quella di Phila Lorn è una lingua madre che risuona forte, chiara, piena di futuro.

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