Dopo la laurea in economia in Svizzera, conseguita per volere del nonno, Ola Kayal ha finalmente potuto studiare ciò che ha sempre amato: la pasticceria. Oggi vuole cambiare il modo di alimentarsi in Arabia Saudita, partendo dal gelato vegano che ha conquistato Miami.
La storia
La storia del giorno è quella di Ola Kayal, cuoca under trenta di nazionalità saudita, che parla tre lingue e ha conseguito due lauree, ma soprattutto ha lanciato un business di gelato vegano che ha conquistato Miami, dopo la formazione in un tre stelle europeo. Da qualche mese è rientrata nel suo paese, per portarvi la rivoluzione del cibo sano, sostenibile e cruelty free.
La sua prima gelateria, chiamata “Nabati”, ha aperto a Miami sei mesi prima dello scoppio della pandemia ed è sopravvissuta alle turbolenze, ma la prossima sarà a Jeddah. “Ho scelto il nome ‘nabati’ perché volevo qualcosa che ricordasse le mie origini. Il business era iniziato lontano dall’Arabia Saudita, quindi desideravo instaurare una connessione, che il nome rappresentasse le mie origini e ciò che intendevo comunicare”. Per il momento manda avanti un pop up presso il centro culturale Hayy Jamehl, luogo di scambio e collaborazione, popolato di artisti.
Ma com’è questo gelato? La base è di cocco o anacardi, senza latte né uova; per dolcificanti sciroppo d’acero e zucchero di cocco. Non essendovi traccia di glutine, soia, emulsionanti o amidi, la struttura è un po’ più sensibile al calore, significa che magari nelle torride temperature locali è d’uopo attendere un poco per affondare il cucchiaino, ma il punto di fusione è più in là. “Ti insegna la pazienza”. Ed è un gelato per tutti, amico perfino dei diabetici. L’attenzione è anche sulla sostenibilità: il packaging è plastic free, in materiale riciclabile e biodegradabile, con la scritta stampata a caldo per evitare l’inchiostro; ma se il cliente si presenta munito di contenitore proprio, riceve uno sconto del 5%.
La vocazione di Ola è stata precoce: a 8 anni già tentava le sue prime torte, severamente bocciate dal padre, al punto da impuntarsi e costruire un database di ricette familiari, quando era già allergica alle uova. Il nonno insisteva affinché compisse altre carriere, persuadendola a studiare in Svizzera e iscriversi a una business school, dove ha appreso i fondamenti della sostenibilità. Alla fine del ciclo di studi, tuttavia, era compito degli studenti formulare un progetto, e il suo è stato un ristorante. Assolti gli obblighi familiari, eccola finalmente libera di iscriversi alla Culinary Arts Academy svizzera, con stage in un centro di riabilitazione, sotto il segno della salute, e in un tre stelle scandinavo; infine, il passaggio alla Farmacy vegana di Camilla Fayed a Londra. Il resto è Nabati, oggi una gelateria, domani forse un ristorante.
“Sto cercando di innescare un cambiamento di prospettive. Si tratta di una sfida e non è sicuramente il modo più facile di fare affari, ma non sto tentando di vendere gelato per soldi. Sono persuasa che il futuro del cibo sia plant-based. Non sto dicendo che il consumo di prodotti animali sia necessariamente dannoso, ma che possa diventarlo a questi ritmi e al livello qualitativo corrente”.
Fonte: arabnews.com
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Foto: @Nabati Ice Cream