“Le sfide che ho affrontato nella mia carriera mi spingono ad aiutare i meno fortunati”. Così lo chef stellato Adam Simmonds, che confessa passati problemi di dipendenza, cerca di combattere la mancanza di manodopera e il problema dei senzatetto.
La notizia
Non c’è piagnisteo più comune, in questi tempi bui, del tormentone sulla mancanza di manodopera nella ristorazione. Eppure, ogni tanto arriva una bella notizia. Questa volta da oltremanica, per la precisione da Londra, dove uno chef stellato ha fatto parlare di sé per un’iniziativa tanto benefica quanto dirompente.Si tratta di Adam Simmonds, che da due anni sta collaborando con Soup Kitchen London, organizzazione benefica nata in piena pandemia, allo sviluppo di un pop-up restaurant che impieghi tanto in sala che in cucina personale con esperienze da homeless. Saranno sedici persone, precedentemente formate in corsi da tre settimane, e lavoreranno in modo retribuito per tre mesi a London Victoria Station, presso la vecchia sede di Frankie and Benny’s. Alla fine dell’esperienza, riceveranno un attestato con il quale cercare impiego nella ristorazione, ma si conta che i migliori possano entrare direttamente nella professione. Fresh Fitness Food, per esempio, è un’azienda di delivery che si è già impegnata ad assumere due persone.
Il fine è duplice: si tratta di contrastare tanto la drammatica crescita dei senzatetto, quanto la mancanza di manodopera nella ristorazione, dove ci calcola un buco da 170mila unità. I tempi si annunciano durissimi anche per un’iniziativa come questa, considerata l’impennata dell’inflazione e delle bollette in UK, ma lo chef, che è entrato in contatto con Soup Kitchen quando il suo ristorante era chiuso per lockdown, non demorde neppure di fronte all’ennesima sfida.
Dopo aver trovato la location, attualmente è in corso il fundraising: occorrono 450mila sterline che coprano il costo dell’affitto e dell’avvio del locale, compreso l’addestramento professionale, poi andranno selezionati i candidati. L’apertura, se tutto fila liscio, dovrebbe avvenire nel giro di qualche settimana. Ed è un’esperienza che potrebbe essere replicata in futuro, laddove dovessero ripresentarsi le medesime emergenze.
“Penso sia una questione di formazione e di empatia verso il dramma che queste persone hanno passato”, ha dichiarato lo chef, già stellato in Galles da Ynyshir e a Buckinghamshire nel ristorante che porta il suo nome. Sono state proprio le sfide che ha affrontato nella sua fortunata carriera, a motivarlo nel fornire strumenti ai meno fortunati. “Io stesso ho avuto problemi di salute mentale e dipendenza. Quattro anni fa sarei potuto finire per strada, se non avessi avuto la mia famiglia dietro di me e questa era la mia situazione. Non ci sono arrivato, ma ci sono andato vicino. Però non si tratta di me: si tratta di dare fiducia e incoraggiare questi ragazzi. Sì, è un ambiente diverso da quello in cui ho lavorato finora, ma possiamo prenderci cura di loro e lavorare in squadra. È importante per me entrare in sintonia.”
Fonte: bigissue.com
Trovi qui l'articolo cliccabile