Villa San Michele chiude il cerchio dell’accoglienza con l’elegante cucina di Alessandro Cozzolino, giovane chef campano dal curriculum esemplare, che aggiunge bellezza a bellezza.
La Loggia- Villa San Michele
La storia
Bellissima Firenze, soprattutto vista da qui, lontano dal trambusto del turismo di massa, in mezzo al verde. La prospettiva è perfetta dalla Loggia di Villa San Michele, struttura super lusso nella quiete di Fiesole, schizzata ai tempi di Michelangelo e abitata da Napoleone, passata dalla regola monastica alle leggi dell’accoglienza.
Sotto le stelle si disegna la cupola del Duomo, così vicina alla campagna e come fuori dal tempo. È già tantissimo, per un ristorante, eppure non era abbastanza: ci voleva una cucina all’altezza ed eccola finalmente arrivata.
È dal 2019 che Alessandro Cozzolino, trentaduenne chef nato a Caserta, si confronta con i luoghi, forte di un curriculum tanto solido quanto attrezzato per coglierne lo spirito. La sua famiglia, a dire il vero, non aveva niente a che fare con la ristorazione: mamma dentista, papà giocatore di basket e poi piccolo imprenditore con l’hobby dei fornelli, fin da piccolo aiutava nonna Anna quando preparava sottoli, crocchè e perfino “banchetti” per eventi familiari.
Tanto da accumulare riviste e optare infine per l’Alberghiero di Cassino. Poi le prime stagioni, a Dublino, Porto Cervo, Londra, le sei lettere spedite a Régis Marcon, dove lavorava un amico, e finalmente l’ammissione alla corte del re dei funghi. “Ricordo che ogni giorno salutava ciascuno dei suoi 40 cuochi, chiamandolo per nome e dandogli la mano. Una cucina vecchio stile, costruita sul rispetto”.
Prima e dopo, esperienze con Felice Lo Basso, Norbert Niederkofler, Gaetano Trovato e Nino di Costanzo. “Sempre assunto, ma volevo cambiare per trovare nuovi stimoli. Mi hanno tutti segnato. In particolare, Nino era il primo a entrare e l’ultimo a uscire dalla cucina, un perfezionista per dedizione e precisione. Ricordo il soffitto in acciaio della cucina, specchio da cui controllava tutta la brigata. Trovato invece aveva tre piatti: tondo, quadrato e fondo, eppure quanta artisticità nelle presentazioni. Le sue erano ricette a sentimento, alta cucina con naturalezza”.
Allo Splendido di Portofino è executive sous-chef, con voce in capitolo sui piatti e sulla gestione, poi finalmente chef al Grand Hotel Hyatt di Hong Kong, fine dining di cucina italiana leggermente contaminata. Ed è un Oriente che lascia tracce sottili, nelle tecniche più che nel gusto.
Villa San Michele
Quando arriva, nel 2019, il ristorante di Villa San Michele è una trattoria di lusso: inizia il restyling, che quest’anno ha visto un’ulteriore diminuzione dei tavoli, passati da 18 a 8. Per gli altri ospiti ci sono il San Michele, più casual e confortevole, e il Pool grill a bordo piscina, con le ottime pizze a canotto di un altro campano, Alessandro Maglione. “La Toscana è più ricca di quanto non pensassi: ha ortaggi, carni e pesci fantastici. Poi ci sono ingredienti che devo prendere fuori, come la mozzarella di bufala o il caviale”, introduce Cozzolino.
E di fatto la sua cucina si distingue per l’eleganza alla vista e al palato, di marca tutta trovatiana, sfumata, dettagliata, in filigrana, con l’acidità mai aggressiva di agrumi e aceti dolci a vivificare, i fiori eduli che oltre alla bellezza portano aromaticità, dolcezza, piccante o tannino, in liaison con le composizioni sparse per la struttura. Un vortice di colori e di profumi sulla nervosa spirale volatile.
Qui come altrove, il meridione egemonizza l’accoglienza quasi fosse un misterioso inconscio italiano, capace di agire tutti i territori. Trova espressione in tre degustazione: Intrecci, che riprende le esperienze dello chef; Visione fiorentina, che si ispira al territorio, e il vegetariano Epicureo. In abbinamento la carta dei vini da 450 etichette a cura di Silvestro Napoletano, in prevalenza italiana con il complemento dell’immancabile Francia, passa in rassegna blasoni, biodinamici e piccole cantine.
I piatti
Dopo gli appetizer (il bottone di mandorle, melassa di frutta, ceci e zafferano, la spirale di carota dolce e bergamotto, la tartelletta con emulsione acidula di pomodoro e cetriolo osmotizzato e laccato alle erbe), arriva lo Sparnocchio pastrocchio: si compone di biglie di gambero viareggino battuto, marinato al limone verde e scaldato sotto la salamandra, servito con un’emulsione di soia e caviale osietra, più una cascata di fiori eduli, fra cui risalta la viola del pensiero appena tannica sulla grassezza e dolce sulla ferrosità della salsa, ottenuta da germogli di soia locali.
Altrettanto vaporosa l’Ostrica piastrata con crema di camomilla e bergamotto sotto un velo di “pasta”, tipo raviolo aperto, che funge da separatore con il crumble di carcadè, il gel di bergamotto, il finocchietto marino, i fiori di garofano e achillea per la nota speziata. Si chiama “Le mille e una notte” perché racconta di feticci afrodisiaci e sonni profondi. La cucina in fase rem.
Vira sulle memorie d’infanzia il primo piatto: una rielaborazione del classico peperone ripieno della mamma, che però a Cozzolino non garbava, tanto che mangiava la farcia e lasciava l’ortaggio. Signature dei tempi di Hong-Kong, diventa un Risotto toscanizzato dalle polpettine di maiale grigio del Casentino al finocchietto, mentre la verdura è in scacchiera giallorossa e in coulis, più un secondo coulis alle erbe. “Un risotto come piace a noi cuochi del sud, alleggerito dalla mantecatura con olio e pecorino a latte crudo”.
Ricordo d'infanzia - Risotto al peperone abbrustolito, salsiccia di maialino grigio casentino, finocchietto
Il piatto del giorno però è il piccione, feticcio dello chef, studiato in tutte le tappe della sua carriera e personalizzato nell’elaborazione. Laura Peri procura esemplari bianchi di sesso femminile, quindi meno ferrosi, che vengono cucinati al momento della comanda in carcassa e leggermente laccati con una melassa di melanzana fumé, per una reminiscenza asiatica, fino alla temperatura al cuore di 56 °C. Il risultato è tenero ma sodo, succulento ma non crudo. Sul piatto con crema di melanzane fumé, pesche arrostite al cannello col muscovado e marinate nel vermouth di Prato, fondo all’aceto di Sherry, coscetta confit sfilacciata, impanata alla frutta secca e fritta, nasturzio piccante. Un piatto in purezza, dove la tendenza dolce viene temperata dal calore della nota alcolica. E qui si beve un Osar di Masi dal raro vitigno oseleta, in veneto uccelletto, morbido ma fresco sulla ferrosità.
Il predessert è la pesca fiorentina in infusione di osmanto, fiorellino scoperto in Asia e ritrovato in Toscana, con polvere di lamponi disidratati per la nota acidula. P
recede il rinfrescante Fior rosé: ravioli di caramella di fragola ripieni di semifreddo allo yogurt con fragole marinate all’aceto di fragole, elisir di tè bancha fiorito e menta fragola. Quali petits fours il canelé di cappero e albicocca, il biscotto di cioccolato amaro, ananas, cocco e ginger ale, il lampone al ginepro.
Indirizzo
Villa San Michele- La Loggia
Via Doccia, 4, 50014 Fiesole FI