Dietro la porta di un’osteria senza pretese, il Roner che sobbolle e il brodo sul fornello; nel frigo una delle carni più famose d’Italia; sulla spianatoia la migliore tagliatella di Bologna. Una giovane cuoca sta alzando il tiro verso l’eccellenza.
Il Ristorante
Vini d’ Italia di Irina Steccanella
Secondo il tamtam dei gourmet bolognesi, mette sul piatto la migliore tagliatella della città. Giustamente spessa, giustamente untuosa, digeribile e saporita. Rigorosamente stesa al matterello, per un ragù che non sfigura a contatto con la sfoglia. Eppure esce da una cucina senza nessuna pretesa, in una delle strade meno glamour della città. Via Emilia Levante: un susseguirsi di palazzoni anni ’60 appoggiati sul grigio dell’asfalto. La saracinesca alzata davanti al semaforo per cui transita buona parte del viavai metropolitano.
L’insegna recita: “Vini d’Italia”, e non recita il vero. Perché dietro la soglia non c’è una bottega volta allo smercio di vino, come avveniva decenni orsono, ma un’osteria in piena regola, i cui arredi non sono stati toccati praticamente per niente. Il cappottino di legno arriva a mezza parete, appena sotto la geometria oleografica delle foto d’epoca, in un cantuccio per nulla impolverato il quadro con i mazzi di carte per gli avventori della sera.
Le mattonelle di graniglia, le sedie impagliate e le tovagliette di carta completano il quadro d’antan, in cui si inseriscono disinvoltamente gli avventori. Dietro la finestrella una cucina che non cambia registro, la si definirebbe spartana se non fosse per l’inserto tecnologico del roner. È il teatro dello one man show: una ragazza sola al comando.
Irina Steccanella vi è approdata dopo il diploma all’istituto alberghiero, alle spalle esperienze a chilometro zero, compiute presso stabilimenti storici come il Donatello di via Augusto Righi, l’Oasi di Sasso Marconi e la Trattoria Monte Donato, in qualità di stagista anche al Baglioni e al Bitone. Indispensabili per andare oltre la besciamella appresa sui banchi di scuola. Fino al marzo 2010, quando è partita la regatata in solitaria con i soci Andrea Garagnani e Maurizio Sicuro, rispettivamente ottico e agente di viaggi specializzato nel diving, grande hobby di Irina. Che però non cucina il pesce, tale è la familiarità con gli abitanti dei fondali.
Niente di speciale, se non fosse che 3 mesi fa Irina ha cominciato a recarsi ogni lunedì mattina in stage da Massimiliano Poggi, chef del Cambio, per professionalizzarsi e innamorarsi nuovamente del suo lavoro. “Gli devo tanti input sul piano tecnico, i miei secondi ad esempio sono totalmente cambiati da quando mi ha iniziato alle basse temperature. Soprattutto mi ha insegnato che devo amare qualsiasi piatto della mia carta al 100%. E adesso è così”. Le stesse bolle dei fornitori hanno cambiato intestazione: adesso la carne si chiama Zivieri, macelleria top di Monzuno. Una garanzia di eccellenza che grufola attraverso la carta.
Altra sicurezza (e non da meno) è la signora Antonella, che stende la sfoglia a mano la mattina con un margine di errore che si riduce a qualche micron - ma a volte nel climax del servizio serale anche Irina deve dar mano al matterello.
I Piatti
Altra sicurezza (e non da meno) è la signora Antonella, che stende la sfoglia a mano la mattina con un margine di errore che si riduce a qualche micron - ma a volte nel climax del servizio serale anche Irina deve dar mano al matterello. Straordinariamente uniforme nello spessore e nella larghezza, la sua tagliatella sembra la vivificazione del campione aureo conservato sotto teca presso la Camera di Commercio cittadina. E ancora i tortelloni ricotta e Parmigiano, serviti con crema di scalogni e scaglie di formaggio di fossa, e gli immancabili tortellini, in attesa del brodo che pippa fin dalla mattina, senz’ombra di glutammato. Sul fuoco lì accanto c’è il ragù, compagno di viaggio per 3-4 ore, muscolare a puntino grazie a piccole quantità di salsiccia e prosciutto, sfumate al vino rosso.
I taglieri e i crostini hanno ceduto il passo a piatti nuovi, in rapida evoluzione: la ciambotta dedicata all’amico Mario Ferrara dello Scacco Matto, sorta di ratatouille meridionale in versione scomposta e croccante, legata al Parmigiano e al tuorlo d’uovo, come la battuta griffata Zivieri, il leggero ossobuco, proveniente anch’esso da Monzuno, la classica cotoletta alla bolognese, il comfort food delle polpette in più versioni (cotte al latte, nel sugo con i piselli, alle verdure).
Perché soprattutto i secondi sono stati rivoluzionati, ed è l’inverno a scaldare il cuore di Irina. Vedi le costine di maiale Zivieri, che vengono cotte per 16 ore a 72 °C o per 30 ore a 64 °C, prima di essere caramellate in padella e sgrassate dall’acidulé del cavolo viola in un efficace contrasto cromatico e gustativo.
Ma Irina è stata in stage anche da Gino Fabbri, leggendario pasticciere della Caramella, fra i primi d’Italia. Ecco allora la zuppa inglese nel vasetto e la tenerina senza farina al mascarpone.
La cantina conta 180 referenze selezionate in gran parte da Marco Panichi, già anima del Godot Wine Bar, con un occhio di riguardo per il territorio, che qui vuol dire innanzitutto Sangiovese e Pignoletto.
Tutte le immagini sono di Roberto Savio
Indirizzo
Osteria Vini d’ ItaliaVia Emilia Levante 142, 40139 Bologna