Nel ristorante Contrada di Castel Monastero c’è lo chef Stelios Sakalis, un gigante greco divenuto executive da poco meno di due anni.
La Storia
La Storia di Stelio Sakalis
C’è un brulicare silenzioso e solerte dietro gli spessi muri di Castel Monastero, magnifico resort nel Chianti senese, nascosto tra colli di rara bellezza e immerso in una quiete antica. Un borgo dell’XI secolo nella Valle dell’Ombrone, prima monastero e poi dimora di campagna della nobile famiglia Chigi, trasformato in resort di lusso, ma fedele alla struttura originaria con l’hotel diffuso su 4 ettari di terreno, con 74 camere e suite e una Villa, la spa, le piscine naturali e 2 ristoranti.
Un luogo dall’atmosfera sospesa, in cui il tempo davvero sembra essersi fermato nel dedalo di corridoi da cui si aprono salette e inaspettati saloni, gli spessi muri medievali ora affrescati, ora ornati con arazzi antichi. Tanta bellezza potrebbe causare soggezione, ma non qui, ché la vera bellezza risiede nel rispetto sacro del passato e della dimensione umana. Grazie alla direttrice Graziella Arba, mai come in questi ultimi anni si è consolidato il concetto di accoglienza, di attenzione e centralità delle persone. Meta ambita di turisti prevalentemente stranieri, abbagliati dall’immagine di una Toscana che si è stereotipizzata attraverso la riproduzione seriale di fotografie da cartolina e set cinematografici, Castel Monastero sta finalmente tornando anche all’attenzione di casa nostra, puntando il dito non solo sulla bellezza ma anche sulla bontà del territorio.
L’offerta ristorativa di Castel Monastero ha due volti, La Cantina, osteria dove la toscanità regna sul design degli ambienti rustici ma raffinati, sia nel menu scandito dai piatti più tipici, e il Contrada, ristorante gastronomico imperniato sull’alta cucina, crocevia tra classicità e creatività contemporanea, aperto anche ai non clienti dell’albergo – ci teniamo a sottolinearlo. A tenere le fila dell’offerta ristorativa – che include anche la colazione e il room service per i clienti dell’albergo -è lo chef Stelios Sakalis, gigante greco classe 1988, da 6 anni a Castel Monastero e divenuto executive da poco meno di due.
Stelios Sakalis, nato e cresciuto a Salonicco, dopo gli studi al liceo classico decide di seguire la sua passione per la cucina, studiando prima all’Alpine College di Atene e quindi al DCT College di Lucerna in Svizzera. Al ritorno in Grecia compie esperienze lavorative in due hotel 5 *ad Atene, e poi a fianco di Ettore Botrini nel suo ristorante Etrusco di Corfù (riconosciuto più volte come miglior ristorante ellenico).
Curioso di misurarsi anche con altre realtà, vola successivamente a Londra a lavorare per Gordon Ramsay, sia nel tristellato Gordon Ramsay Restaurant che al Maze di Mayfair, dove incontra Nello Cassese, e nel 2010 approda in Italia, a Castel Monastero, come sous chef di Cassese. La continua formazione lo porta nel frattempo a compiere esperienze importanti al Trianon Palace** di Versailles, Francia, all’apertura di Perbellini** a Verona e alla più recente al Fat Duck*** di Blumenthal.
Dall’inizio del 2016 è executive del Contrada, e responsabile di tutta la linea ristorativa dell’albergo, e si è creato una schiera di ragazzi a cui tiene molto sia professionalmente che umanamente. In primis Gabriele Vannucci, sous chef e pasticcere, coetaneo di Stelios, viareggino che si è appassionato di pasticceria grazie alla lezione di Luca Mannori con cui ha studiato per tre anni, e che ha compiuto importanti esperienze lavorative da Frank Cerutti a Montecarlo e al Piccolo Principe** di Viareggio con Giuseppe Mancino. Stelios tiene moltissimo anche a presentare i suoi ragazzi, da Niccolò Bartoli, capopartita agli antipasti che Stelios conosce ai tempi del Ledbury** di Londra; Vito Montemurlo, chef de partie ai primi, Stefanos Koronios ai secondi, già compagno di scuola di Stelios; Stefano Moro, démichef in pasticceria.
Una brigata molto affiatata per una filosofia di cucina che è la fusione di tutte le conoscenze di Stelios, a partire dalle radici greche e mediterranee, fino a tutte le lezioni imparate dai suoi grandi maestri: dalla creatività spinta di Blumenthal, allo scandaglio della materia prima di Ramsay, passando per l’eleganza di Perbellini. “Non sono italiano, non posso fare qualcosa che non è mio, ma qui in Toscana ho trovato un territorio unico, con produttori fantastici che ho imparato a conoscere e che oggi sono imprescindibili. Mi piace venare i miei piatti con elementi della mia terra d’origine, armonizzandoli in una ricerca di equilibrio che sono consapevole essere molto precario, oltre che pericoloso, perché non dobbiamo mai dimenticare che si tratta di dare da mangiare alle persone, non di provocarle. L’unico gioco che mi concedo è quello di mettere in dialogo ingredienti ricchi con altri più poveri, realizzando in un piatto la summa di varie culture che in fondo convergono tutte nel grande bacino del Mediterraneo”.
I Piatti
E fin dagli appetizer è chiara questa dichiarazione di poetica, anzi, geopoetica, per dirla con Matvejević: un campionario di piccola pasticceria salata che mescola l’usanza greca di mangiare con le mani durante l’aperitivo, con l’eleganza francese e italiana: un cubo di foie gras coperto da una gelatina di frutti rossi puntillinata da cetriolo a dare freschezza, una cialda di spinaci con crema di formaggio greco, semi di sesamo e aneto, una polpetta di topinambur perfetto trompe l’œil di un’oliva ascolana, una cialda di farina di lenticchie con cipolle rosse e un curry delicato la cui aromaticità vira più sulla cannella.
Il ricordo dell’esperienza inglese risuona nell’Ostrica fritta, wasabi, spuma agli agrumi, un incontro tra la sua Grecia – le prime notizie sulle ostriche ci arrivano dagli antichi Greci, che pare le consumassero cotte nel miele – e il fish & chips anglosassone, principe del mangiare con le mani.
Tra gli antipasti, la Frisella con spuma di feta e pomodorino confit è il ritorno a casa, con la frisella ammorbidita in acqua di pomodoro, una marmellata di pomodoro sferificata al centro della spuma di feta realizzata a partire da feta e yogurt – in ricordo del katiki, formaggio misto caprino e ovino tipico della Grecia centrale. Un signature dish in cui i sapori tradizionali e decisi sono perfettamente armonizzati e resi eleganti dal gioco di consistenze, un piatto che non vuole stupire ma che è un viaggio lungo le antiche sponde elleniche fino quasi a toccare quelle pugliesi.
Il Granchio, bulgur, Caviale Calvisius, jus di mare è un piatto cui Stelios è molto legato, e che esemplifica al massimo la sua ricerca: nella bellissima cromia, la parte superiore arancione è realizzata a partire da un’emulsione di burro di cacao e jus del granchio, che si scioglie nell’incontro con il bulgur, e si arricchisce della sapidità del caviale, la dolcezza della polpa sgrassata del granchio, e la pulizia finale della mela e della salsa al lime. Un piatto complesso, ma decisamente confortante, goloso, in cui Stelios ha racchiuso il bulgur, un ingrediente povero ma importante poiché durante la guerra ha sfamato il popolo greco, con l’opulenza del caviale e del granchio, in una gamma di sapori che raggiunge l’umami grazie al jus di mare realizzato con tre alghe (nori, kombu e dulse col suo retrogusto di bacon), salicornia e katsuobushi.
E la Toscana fa capolino nel Paté di Fegatini di pollo, kumquat e pan brioche Toscano, in un sincretismo che abbraccia classicità francese, tradizione italiana e greca, e l’alberello a evocare la macchia mediterranea, che li contiene tutti. La lavorazione del fegatino (di Laura Peri) viene lavorato al burro come il foie gras, e racchiuso una gelatina di kumquat (frutto tipico greco) alla maniera di Blumenthal, in colla di pesce – back to basis – a dare una magnifica nota agrumata che rifresca e chiama il boccone successivo, mentre il pan brioche piastrato è perfetto per riposare il palato allungandone le noti dolci senza stancare.
Grande amante delle paste fresche, Stelios dichiara il suo amore per la Toscana con i Bottoni di pecorino toscano cremoso all’aglione, piatto tipicamente senese in cui la salsa è realizzata con aglio della Valdichiana, qui resa più eterea in forma di spuma, con l’aggiunta di pomodorino confit e un cremoso al prezzemolo.
La consistenza spessa e decisamente più rustica della pasta fresca è ideale anche per i Cappelletti di kamut ripieni di pollo valdarnese di Laura Peri, mais e tartufo: la Grecia si nasconde nel ripieno con l’omaggio al tradizionale pollo al pomodoro, mentre il condimento consiste in una variazione di mais, dal crudo al pop corn passando per una salsa, le creste del pollo a rafforzare il morso della pasta, e il tartufo che ricolloca decisamente l’animale nel suo habitat. Un piatto di grande spessore e coerenza, in cui Stelios mostra grande abilità nel domare la materia prima e le proprie emozioni.
Come un ossobuco è un trompe l’œil, una ricostruzione dell’amato ossobuco con due sfoglie di pasta ripiena di carne di manzo, con un buco al centro in cui uno scrigno di sedano rapa contiene una salsa di daikon e ouzo, e il midollo in purezza, impanato con le sue erbette e passato sotto la salamandra, dà una sferzata finale di sapore.
I secondi sono il territorio delle grandi carni toscane, in particolare la selvaggina, con il Piccione di Laura Peri, frutti di bosco, birra artigianale e patate fumé e l’Anatra di Laura Peri, miele, semi, olive e mele della Valdichiana, piatti che già come i precedenti Cappelletti, ricollocano l’animale nel loro ambiente, accompagnando le carni con gli stessi alimenti di cui si nutrono.
Un capitolo importante merita la selezione dei dessert di Gabriele Vannucci, dalla magnifica Foresta Nera servita con un infuso che è un distillato di frutti di bosco e petali di rosa e servita con legni della Foresta Nera. E poi il Louis XV, omaggio alla mattonella di cioccolato di Ducasse.
Fino agli originalissimi Dark side of the Moon, composto da una bavarese al cioccolato bianco, un nucleo di composta di albicocche, pompelmo rosa, aneto e cremino al sesamo, e la Banana di Andy Warhol, con una bavarese al cioccolato bianco con un confit di banane e mango, perfette rielaborazioni di capisaldi della storia musicale (dai Pink Floyd ai Velvet Underground, di cui Gabriele è amante). Ma c’è anche grande concretezza nel gelato mantecato nel cestello al tavolo servito con un soufflé caldo al cioccolato, per un finale davvero goloso.
Un’esperienza che vale la pena scoprire per un ragazzo che sta lavorando con grande abnegazione e una freschezza d’idee che non è spavalderia né narcisismo, al contrario, con un atteggiamento umile che valorizza il lavoro di squadra e la costante ricerca culturale sulla storia dei luoghi e le materie prime.
Le fotografie dei piatti e dello chef sono di Lido Vannucchi
Indirizzo
Ristorante ContradaCastel Monastero
Loc. Monastero D'Ombrone, 19 - 53019 Castelnuovo Berardenga SI
Tel. +39 0577 570570
Fax: +39 0577 570868
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