Chef

Chi è Aaron Elliot: dal Noma a chef privato vegano delle Kardashian

di:
Elisa Erriu
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copertina aaron elliott

Si è formato al Noma, ricoprendo ogni ruolo possibile fino alla scadenza del contratto, e in seguito ha scelto di intraprendere la carriera da chef privato. Oggi vanta clienti come il regista James Cameron o il “clan” Barker-Kardashian. E prepara piatti vegani belli oltre che buoni.

Lo chef

 "È facile mettere un piatto di verdure davanti a qualcuno. È molto più difficile renderle gustose. Aaron ci è riuscito alla perfezione." Ad affermarlo è il potentissimo CEO di Endeavor Ari Emanuel, cliente di quello che potremmo forse considerare lo chef vegano più popolare d’America, attenzionato persino dal noto magazine GQ (che qui ne delinea un ritratto interessante). C’è infatti un'aria da ristorante stellato che aleggia nella cucina di casa di Aaron Elliott, a Los Angeles. Nessun frastuono, niente pentole che sbattono, solo un silenzioso impegno che pulsa a ritmo di una playlist sospesa tra post-hardcore e jazz brasiliano. Elliott, un uomo dal volto sereno e i tatuaggi che arrivano fin quasi alle orecchie, trasmette calma, ma nasconde quell’energia trattenuta tipica di un atleta di baseball.

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In questo rifugio culinario, l'aria profuma di miso, aglio dorato e un dolce sentore che si svela in un trancio di lasagna vegetale. I piatti di Elliott riescono a perfezionare ossessivamente i grandi classici, ma sapere anche quando fermarsi, lasciando che il vero protagonista sia l'ingrediente stesso, così come l’ha pensato madre natura. Un approccio che trasforma ogni assaggio in un ritorno sicuro, non in un fugace colpo di fulmine da cena di San Valentino. Il suo perfezionismo si è affinato al Noma di Copenhagen, dove ha lavorato ricoprendo ogni ruolo fino allo scadere del contratto. Ironizza sul fatto di aver evitato, per un soffio, di dover cucinare il "family meal" per un esercito di carnivori scandinavi.

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Dopo aver saltato tra le cucine più disparate di Los Angeles, il primo incarico da chef privato arriva grazie a C.J. Wilson, ex lanciatore degli Angels di Anaheim. A lui Elliott preparava ciotole di quinoa e avena da portare in trasferta. Ma il vero trampolino fu l’incontro con il già citato Ari Emanuel, che lo volle al suo fianco per dieci anni, sei giorni a settimana, anche nei cupi giorni della pandemia. Il suo talento conquista in seguito anche James Cameron, che decide di assumerlo dopo che Elliott rifiuta categoricamente di cucinare carne durante il colloquio in cucina. «Aaron preparava piatti straordinari per tutta la famiglia», ricorda Suzy Cameron. «Ancora oggi, qui in Nuova Zelanda, ripropongo molte delle sue ricette». Il legame più curioso arriva invece attraverso il fratello minore Jake, che gestisce il servizio di sala di Crossroads Kitchen, ristorante vegan di culto a West Hollywood (tra i finanziatori c’è Travis Barker). Da lì, Elliott approda nella galassia Barker-Kardashian, per cui ancora oggi prepara cene domenicali, tra un'atmosfera informale ma sempre intensissima.

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L’ultima idea? Meal Ticket, un servizio di consegna settimanale che porta nelle case di Los Angeles ingredienti scelti, pronti per essere assemblati con l’aiuto di salse e guarnizioni adagiate in graziosi contenitori. A 250 dollari, non si tratta certo di un fast food, ma parliamo di tre o quattro giorni di pasti realizzati con le stesse materie prime che Elliott serve ai clienti premium. Due volte a settimana Elliott si avventura tra i banchi del Santa Monica Farmer’s Market: una prima passeggiata per lasciarsi ispirare, la seconda per fare scorta. Tutto viene cucinato da Aaron e da una piccola squadra di fidatissimi collaboratori. Nessuna ghost kitchen, nessuna produzione industriale: Elliott assaggia, tocca, controlla ogni dettaglio, confezionando con cura ogni vaschetta, corredata da istruzioni talmente intuitive da rendere il procedimento infallibile persino per chi non sa distinguere una zucchina da un cetriolo. Anche i gambi di coriandolo sono selezionati ad arte: basta adagiarli su una patata dolce giapponese cotta alla perfezione e il gioco è fatto. In ogni preparazione, Elliott incarna la semplicità sapiente della domenica: mozzarella di anacardi fermentati che fila come quella tradizionale, parmigiano di mandorle Marcona che non fa rimpiangere l’originale.

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Alla domanda su quale sarebbe il suo "ultimo pasto", Aaron non tira fuori piatti esotici o tofu marinato. Semplicemente, linguine alle vongole con pomodoro. Un omaggio alle radici, alla sua infanzia. Un ristorante tutto suo potrebbe essere il prossimo passo: un piccolo luogo raccolto, suo fratello Jake in sala, una lasagna che gratina lentamente. Ma intanto Aaron continua a fare ciò che gli riesce meglio: cucinare per chi potrebbe avere tutto, ma sceglie di tornare sempre da lui.

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