La preparazione à la minute è il segreto dei tortelli più acclamati d’Italia, frutto di un know-how a due stelle Michelin, convogliato da Giancarlo Tavani e Gianpietro Stancari in trattoria.
I tortelli quadrati alle erbette della Trattoria Ai Due Platani
La storia
In Italia, si sa, ogni città ha la sua pasta ripiena. Qualcuna più delle altre, tuttavia. È il caso di Parma, nei cui suburbi, a Coloreto, è possibile assaggiare gli acclamati tortelli dei Due Platani. Sono in carta dall’apertura nel 2005 e li ordinano praticamente tutti quelli che si siedono, dopo avere scalato un’interminabile lista d’attesa.
“Toglierli è impossibile”, racconta Giancarlo Tavani, che guida la sala. “Perché sono un caposaldo della tradizione parmigiana. Parlo di quelli quadrati, non rettangolari, né a caramella né intrecciati come nel Piacentino, di dimensioni non troppo ridotte per consentire una proporzione ideale fra la pasta e il ripieno, che deve essere protagonista. Dentro non vanno spinaci né prezzemolo, come a Bologna, ma la nostra erba costa, cioè la bieta, che porta dolcezza. Non troppa però, come nel Reggiano, dove la farcia è talmente verde che balena attraverso la sfoglia”.
Se tutti accorrono qui per mangiarli, è per un rituale ben preciso, che si fa gusto: in questi tristi tempi di abbattitore selvaggio, ai Due Platani i tortelli vengono preparati espressi, e non parliamo della cottura. Quando arriva la comanda, un cuoco prende una striscia di sfoglia sottilissima, stesa poco prima con la classica monferrina, dispone su di essa i mucchietti di farcia e chiude i tortelli, che vengono presentati al tavolo e poi cotti.
“Quello che abbiamo fatto, è stato estremizzare il lavoro sul piatto. Solo preparandolo al momento, una pasta così fine può restare elastica e reggere la pressione dell’acqua, senza rompersi. Qualcosa di impensabile nelle case, dove la sfoglia per ragioni organizzative si faceva qualche ora prima, quindi doveva essere spessa, ma finiva in ogni caso per imbibirsi oppure seccarsi e alla fine si rompeva facilmente. Farla spessa era anche un modo per risparmiare, perché era la parte meno costosa del piatto. I nostri tortelli invece hanno vita brevissima, li lavoriamo finché la pasta è tesa. Ed è un circolo virtuoso, nel senso che così cuociono in pochi minuti, giusto il tempo di scaldare il ripieno, senza che si separi formando la caseina. Piuttosto diventa cremoso e tutto si lega”.
Non è un unicum in Emilia, dove una manciata di trattorie lavorano così da sempre. “Ma ci vuole continuità; più che un dettaglio, deve diventare la cifra stilistica del locale. Anche Mirella Cantarelli procedeva in questo modo; quando Raspelli è passato da noi, ne ha scritto e il figlio incredulo ci ha chiamati. Sono convinto che in questo lavoro sia necessario saper fare anche una singola cosa, ma in modo impeccabile. La gente deve tornare da noi per i tortelli, i salumi e il gelato alla crema distribuito in sala. Voglio che esca al casello e poi ringrazi chi gliene ha parlato”. Giancarlo era capopartita ai primi all’Ambasciata di Quistello, quando ha conosciuto il suo chef e socio Gianpietro Stancari, che guidava la partita dei secondi. “E anche allora cercavo di lavorare nello stesso modo. Preparavo la pasta subito prima del servizio, mentre gli altri facevano la pausa pranzo, e mi prendevo dei nomi perché sembravo indietro con la linea. Ma in un due stelle già pensavo si dovesse lavorare così”.
Oggi è Stancari a cucinare con pari rigore. Lo stesso ripieno, per dire, è fatto a mano ogni giorno, perché nella planetaria si scalderebbe e perché così non risulta troppo liscio. La pasta è preparata con una miscela di farina bianca e semola, uova intere e tuorli ed è impastata molto poco, in modo che resti più grezza possibile e non perda elasticità. Fra gli ingredienti, il Parmigiano di montagna Delfante 24 mesi, grasso e non troppo sapido, dolce ma saporito; la ricotta mista del caseificio più vicino; il burro di malga, ma chiarificato e non troppo aromatico, per il condimento. Senza aggiunte o alternative, perché la salvia sarebbe invasiva e di pomodoro neanche a parlarne. Nel bicchiere va un Lambrusco che sgrassi, magari quello (leggendario) del professor Venturelli. Fra gli habitué non si può dimenticare Marchesi, che ne ordinava ogni volta tre porzioni, sempre espressi ma alla zucca, conditi al burro o senza niente, per iniziare nel massimo godimento un pasto, che proseguiva con qualche fetta di coppa e un piccione al naturale, servito con il suo fondo a parte.
La ricetta dei tortelli quadrati alle erbette della Trattoria Ai Due Platani
Per la pasta all’uovo
150 g di farina 00
150 g di farina di semola
2 uova intere
2 tuorli
Per il ripieno
300 g di ricotta misto pecora
350 g di erbette dolci o biete
2 uova
150 g di parmigiano
Sale q.b.
Per il condimento
100 g di burro di malga
100 g di parmigiano
Procedimento
Fare una fontana con le farine, aggiungere le uova e impastare per bene. Una volta ottenuto un impasto liscio, mettere in un sacchetto e lasciar riposare in frigorifero un paio d’ore. Nel frattempo pulire le erbette e sbollentarle in una pentola in abbondante acqua.
Raffreddarle, strizzarle e tritarle al coltello grossolanamente; mettere in padella con una noce di burro per asciugare bene dall’acqua.
Prendere una bastardella e inserirvi la ricotta, le uova, le erbette e il parmigiano; mescolare per bene ed aggiustare il sapore con il sale.
Stendere la pasta ben sottile e con l’aiuto di un sac à poche adagiarvi il ripieno (abbondante). Chiudere per bene i tortelli e tagliare a quadrato.
Cuocere in pentola in abbondante acqua salata. I tortelli appena fatti necessitano di un minuto di cottura, non di più. Scolate delicatamente, mettere nel piatto e condire con il burro fatto chiarificare e una generosa spolverata di parmigiano grattato.
Foto dei piatti: Crediti Marco Vasini
Indirizzo
Trattoria “Ai Due Platani”
Strada Budellungo, 104/a, 43123 Coloreto PR
Tel. +39 0521 645626