All’Hotel Locarno il fascino austero della proprietà incontra una proposta gastronomica estroversa e ricca di tradizione. Nell’albergo a cinque stelle con vista Piazza del Popolo, Nicholas Pinna e Domenico Smargiassi sono rispettivamente il Bar Manager e lo chef in carica da ben 14 anni, autori di un’offerta tra le più corroboranti della città.
La storia
Nella frenetica apertura di alberghi di lusso che sta interessando il panorama capitolino negli anni post-pandemia, caratterizzati da strutture moderne e ricche di installazioni contemporanee, l’Hotel Locarno mantiene orgogliosamente inalterato il suo fascino decadente e austero, ma anche caloroso e accogliente. La maggior parte delle camere sono ancora arredate con gli stessi oggetti che risalgono all’apertura dell’Hotel, datata 1925 – inaugurato in occasione del Giubileo da una famiglia svizzera, da qui il nome in ricordo della propria città natale.
Fu Maria Teresa Celli, madre dell’attuale proprietaria Caterina Valente, che iniziò gli imponenti lavori di restauro che ancora oggi danno lustro al Locarno, l’albergo a cinque stelle a due passi da Piazza del Popolo, perfettamente visibile dal rooftop della struttura.
“Giravamo il mondo e tutta l’Italia, e ancora oggi lo faccio, alla ricerca di oggetti unici, mobili e altri complementi con cui abbiamo arredato l’albergo. Del resto, come dico sempre, il nostro core business è raccontare la storia, e il piacere di preservarla è ciò che anima il mio lavoro quotidiano” – racconta Caterina Valente –. “Ho domotizzato tutto l’albergo, ma volutamente nel piano nobile ci sono le chiavi antiche, perché voglio offrire una experience: il peso della chiave riporta il cliente a venire al desk, posso salutarlo con un sorriso, preservare quel rapporto umano del servizio che altrimenti andrebbe perso”.
Il bar-ristorante
Una filosofia, quella di far sentire l’ospite “come a casa” che si ritrova ampiamente nella proposta gastronomica, a cominciare dal bancone del bar, orchestrato diligentemente da ben 14 anni dal Bar Manager Nicholas Pinna, che sa perfettamente cosa offrire a chi viene a bere da queste parti, che sia un turista, uno dei tanti americani che frequentano il Locarno o un romano in cerca di distrazioni.
“Per me il bar è comfort, non qualcosa di complicato, quello che leggi nel menu lo ritrovi nei cocktail: ingredienti semplici, riconoscibili e ben bilanciati – spiega Nicholas –. Il cliente che viene qui da noi non è alla ricerca di uno speakeasy, ma di un luogo dove bere bene e in maniera diretta, non vuole una mixology estrema e io devo intercettare questi bisogni”.
Il menu si struttura quindi in 24 cocktail, diviso in più sezioni che raccontano la filosofia e le passioni del Bar Manager romano. Nella parte dedicata ai drink italiani, Innocenti Evasioni, il Roma-Bracciano (una rivisitazione del Milano-Torino) è la ricetta che definisce maggiormente le qualità e la sapienza di Nicholas: bitter Campari, Vermouth Antica Formula, Rabarbaro Zucca e orange bitter per un gusto pulito, essenziale e piacevolmente aromatico. In carta da anni, ogni mese è nella top tre dei miscelati più venduti.
Arriva il momento di conoscere lo chef, Domenico Smargiassi, anche lui nel dream team dell’Hotel da 14 anni, “Sono arrivato esattamente un mese dopo Nicholas”. Il cuoco deve fronteggiare una proposta culinaria all day long, servita in ogni spazio del Locarno – dal salotto principale alla sala camino o al rooftop – in quello che può essere definito una via di mezzo tra un bar e un ristorante.
Gli starters sono delle preparazioni accattivanti e vivaci, come i Gamberoni in pasta fillo e il Chicken ‘n’ chips, due cavalli di battaglia dello chef. Se nel primo antipasto, sfizioso ed elegante, la salsa all’acero è un’intuizione che Domenico ha creato dopo aver visto una puntata del noto programma tv Man vs Food, nel secondo appetizer il pollo è il risultato di una preparazione non scontata: marinato per 24 ore, ha tre salse di accompagnamento – tutte fatte in casa –, cinque spezie e una panatura che esalta la morbidezza della carne.
Lo Yakitori di filetto di manzo e pak choi alla griglia è un viaggio per il Giappone di sola andata, e anche qui le salse fanno la differenza, con la Teriyaki all’ananas e quella al Vermouth che regalano intense sensazioni umami. Lo chef dimostra una certa affinità con le preparazioni orientali, che spesso fanno il twist con piatti della tradizione, un claim ricorrente nella vita di Domenico, che ha trovato la sua strada dopo diverse esperienze di vita.“Sin da bambino questa è stata la mia vocazione. Poi mi sono laureato in sociologia e ho iniziato una carriera da giornalista. Sono stato anche un allenatore della scuola calcio, ma quando un giorno un mio caro amico, con il quale condivido questa passione da sempre, mi chiese di aiutarlo in cucina perchè si era infortunato, non ci ho pensato su e da lì ho deciso di intraprendere questo percorso.”
A stupire è proprio un piatto della tradizione, l’Amatriciana Gran Cru che invece di essere, come spesso accade in questi contesti, una brutta copia di uno dei must della cucina romana, non ha nulla da invidiare all’interpretazione di molte trattorie rinomate della Capitale. “Sono molto orgoglioso della mia Amatriciana, è una ricetta studiata. Il segreto? Sfumo il guanciale con l’aceto balsamico che dà la giusta dolcezza al sugo”.
Il Bloody Brunch
Durante il weekend a prendersi la scena è Il Bloody Brunch, servito nell’affascinate sala camino del Locarno, dove la cucina di Domenico Smargiassi incontra – ancora una volta – la visione di Bloody Mary di Nicholas Pinna.
Dalla versione classica del drink al Red Snapper preparato con il Gin, più una terza variante che cambia ogni settimana. “Abbiamo voluto realizzare una carta che potesse accontentare e incuriosire tutto il nostro pubblico, presentando al contempo dei comfort food e delle ricette originali e accattivanti", chiosa lo chef.
Si parte con le Uova alla Benedettina con salmone affumicato, muffin salato e salsa olandese. Un bell’inizio dove i diversi sapori degli ingredienti si completano nel loro insieme e sono avvolti dalla piacevole grassezza della salsa olandese. Il secondo piatto declina in chiave romana ancora una volta l’uovo: Maritozzo ripieno di uova strapazzate, pancetta croccante e champignon alle erbe, dove la sinuosa morbidezza del lievitato è leit-motiv della portata.
Dopo l'Amatriciana, un’altra bella interpretazione di classicità sono le Pappardelle con ragù al vino bianco e parmigiano. Il corretto spessore della pasta accoglie il ragù che viene cotto per due ore nel vino bianco e terminato con una gustosa spolverata di Parmigiano Reggiano. Prima di lasciare questa autorevole struttura ricca di storia e interessanti spunti culinari, c’è la possibilità di assaggiare un interessante rivisitazione di un piatto dalle origini medio-orientali, il Biryani, cotto in crosta di panko, manzo “masala” e salsa yogurt, accompagnato dall’uovo barzotto e dal riso al ragù.
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