Un ambiente di rara bellezza in un resort esclusivo con la cucina di Giuseppe Biuso per una Sicilia che è tutta nel piatto.
L'Hotel
Arrivare quaggiù è un viaggio, tra aria, suolo e mare: almeno sette, otto ore dal profondo nord sono tutte da mettere in conto. Eppure, la fatica inizia a svanire già quando si guarda il cielo della Sicilia, appena scesi dall’aereo. Ha un colore differente, sembra davvero che il suo blu abbia un tono sempre un po’ più acceso, vivo. E così, una volta arrivati finalmente a destinazione, lasciando la passerella dell’aliscafo per mettere piede a Vulcano, si è avvolti dall’aria del mare mista all’odore di zolfo. Ancora un paio di chilometri dal Porto, passando dalla spiaggia di sabbia nera, ed ecco che compare il Therasia, la sua struttura perfettamente integrata in un contesto che non è semplice descrivere, perché la sua bellezza lascia attoniti per qualche istante prima di avvolgerci e dosarsi lenta lungo tutto il tempo in cui si soggiornerà qui.Racconta Umberto Trani, ischitano e condirettore del resort dislocato su quattro ettari di proprietà al quale è molto legato: “Nel periodo della trasformazione ho fatto le notti in macchina perché c’erano i materassi e le tv che stazionavano, la struttura non aveva porte e quindi si facevano le notti di guardia. Così l’ho visto proprio crescere. Una volta si chiamava l’Arcipelago e in particolare i Sette Peccati, probabilmente facendo riferimento alle isole. La famiglia Polito acquistò la proprietà nel 2003. Vulcano era all’epoca una meta del jet set, un luogo estremamente esclusivo. Questo era un bel posto ma dal 1969, anno di costruzione, non erano più stati fatti investimenti. Non si può dire che fosse fatiscente, ma ci si andava vicino, le camere non erano più adeguate e gli spazi sfruttati male.” Così Luigi Polito, imprenditore e proprietario di Imperatore Travel intuisce che la posizione è decisamente strategica, nel 2005, il 30 settembre alla fine della stagione estiva, chiude Arcipelago e fa sventrare completamente la costruzione lasciandone soltanto lo scheletro.
Il 17 giugno del 2006 nasce Therasia che da allora, anno dopo anno ha avuto un’evoluzione continua, partendo da quattro stelle collegato alla clientela di Imperatore come tour operator che organizzava i viaggi alle Eolie. Un’intelligente considerazione (quel business poteva calare o addirittura dissolversi) ha fatto sì che l’imprenditore decidesse di far crescere questo complesso nel comparto del lusso, iniziando quindi con l’affiliazione a Small Luxury Hotel e alzando il tiro sulle cinque stelle. Cosa non semplice, con un percorso molto articolato e continui investimenti. Nascono allora a uno a uno la spa, i tre ristoranti (da quest’anno quattro con il nuovo spazio dedicato alla cucina vegetale), il parco tematico, le sei piscine e la discesa al mare: “Per poter essere realizzata e integrata nella scogliera in una gola come quella che abbiamo qui, con una corrente fortissima e il vento di ponente che riesce sempre a fare molti danni, furono spesi tre milioni di euro.” Oggi le camere vengono rinnovate anno dopo anno: “Le adattiamo alle richieste della clientela. Gli americani, ad esempio, alle terrazze preferiscono un maggior spazio interno. Insomma, questo posto da brutto anatroccolo è diventato un principe, cambiando completamente”. Sono novantaquattro le stanze con poco più di cento dipendenti, quindi circa uno per camera, per un’occupazione media di poco inferiore all’ottanta per cento: in questo modo la sensazione dell’ospite è quella di essere sempre perfettamente coccolato.
Accade anche per la cucina, in particolare per Il Cappero, affacciato su Lipari che sembra quasi l’isola vicina si possa toccare. “Perché si chiama così? È una storia divertente: su quattro ettari l’unica pianta di cappero era proprio dov’è adesso il ristorante, nato nel 2010 con Crescenzo Scotti in cucina e una vocazione ancora non di fine dining, ma con un bel grill com’è ora per I Grusoni e un bancone per il pesce fresco. Ci siamo chiesti come mai fosse nata proprio lì. Forse perché tra tutti è il posto più bello, perché senti il mare che suona proprio sotto di te, vedi un tramonto unico tutte le sere. Così, mentre stavamo cercando di capire che nome dare al ristorante con in testa le idee più banali come Stella Di Mare, Rotonda, Delfino, a un certo punto qualcuno mi domandò di che pianta si trattasse e io risposi: una pianta di cappero! Ci mettemmo a ridere e capimmo che quella era la strada.”
Il Ristorante
Ora Il Cappero è in mano a Giuseppe Biuso, giovane palermitano del 1988 che ne ha preso le redini con successo alla (quasi) tenera età di 27 anni. Una stella Michelin, tre (da quest’anno quattro con il nuovo Tenerumi) ristoranti e uno staff di una ventina di persone: “è più difficile stare dietro ai ragazzi e a volte fare anche da psicologo che stare dietro ai fornelli!” ci racconta. Indeciso da ragazzino tra l’artistico e l’alberghiero sceglie il secondo percorso e si avvicina alla cucina grazie alle sculture sui vegetali alle quali si appassiona “talmente tanto che ho fuso la parte creativa con la cucina. Dalla scultura al piatto, così dopo una prima esperienza proprio qui a Vulcano ho voluto lavorare fuori dalla Sicilia per aprire i miei orizzonti a qualcosa di nuovo”. Inizia a mandare curriculum dappertutto, sia in Italia sia all’estero, rinuncia - per poi pentirsene – a uno stage nell’ultimo anno di vita di El Bulli e alla fine si ritrova al Met di Venezia ai tempi di Corrado Fasolato a fare un’esperienza tanto formativa quanto traumatica: “Ho sofferto abbastanza, tante ore di lavoro e una città difficile da vivere. In più a diciannove anni non avevo ancora le basi per un ristorante di questo livello. Fasolato, terribilmente esigente e perfezionista, mi ha demolito pur avendomi insegnato tantissimo. È stata così dura che ho deciso di prendere un anno sabbatico facendo esperienza in contesti più semplici. Poi la voglia di conoscere e scoprire ha ripreso il sopravvento.”
Ecco allora che prova a scrivere a Nino Di Costanzo al Mosaico e riesce a farsi aprire le porte: “per me lui è il vero maestro, una persona che dentro e fuori dalla cucina mi ha formato tantissimo.” Ancora La Siriola in Val Badia, Villa Crespi, la Finlandia, poi un periodo a Riccione da chef prima di approdare al Therasia: “ma non potevo fare quello che avevo imparato, non mi sentivo bene e avevo quasi deciso di cambiare mestiere a forza di grigliate e fritti misti.” Finché arriva l’opportunità di Vulcano: “Ci ho creduto dal primo giorno e non mi sono mai tirato indietro, si trattava di una possibilità che mi avrebbe lanciato in alto o scagliato in un burrone.” Ed è andata bene per questo ragazzo che gioca con i piatti e fuori stagione non smette di studiare la Sicilia e il suo territorio perché: “mi piace stupire, creare abbinamenti che non si vedono in giro; si fa fatica ed è tanta la ricerca per arrivare al piatto finito. Ma ho un grande supporto tanto dalla direzione quanto dalla proprietà.” Sono piatti un cui si nota il divertimento di chi li realizza, quelli di Giuseppe.
A partire da “Rosso si sfera”, un gioco di parole che nasce dai tramonti eoliani: crudo-cotto di gambero di Mazara del Vallo, la sua maionese e le zampe fritte, carpaccio di barbabietola, gelatina di lampone e polvere di peperoncino per un boccone di grande freschezza. Grazie alla collaborazione con i suoi due sous-chef è nato il delicato scampo scottato con mousse di rabarbaro, perle di tapioca alla liquirizia, gel di arancia e cialda soffiata di alga di mare.
Di grande raffinatezza e gusto incisivo “U pani cunzatu” è l’ottima valorizzazione in chiave moderna del piatto tipico eoliano con cialda al pane, spuma di ricotta salata di Vulcano aromatizzata al basilico, polvere di olive e capperi, lamine di acciuga, zuppetta di datterino crudo e gel di pomodoro.
Entusiasmano le sfumature del ”bianco mangiare”, ispirato all’idea del dolce classico siciliano in versione salata, in perfetta armonia tra fonduta di caciocavallo ragusano, gnocchi di patata e di seppia, crema e croccante di mandorla e albume cotto.
Tra i primi è difficile rinunciare anche alle linguine fatte in casa ai gelsi di Vulcano con crema di lupini, carpaccio e brunoise di polpo, il tentacolo in padella e la maionese all’aneto: “volevo cambiare la concezione del polpo, di solito un antipasto o un secondo.” Di grande gola il risotto allo sfincione mantecato al formaggio ragusano con burro all’acciuga salata di Aspra, salsa di pomodoro, cipolla di Giarratana e tartufo di mare crudo, servito in una buffa Apecar di ceramica per ricordare il tipico street food di Palermo.
Molto interessante anche la sogliola in doppia cottura con crema di cozze, crema di ravanelli e bietolina al burro. Birra, broccolo e quaglia è una riuscita interpretazione del volatile, con il filetto crudo marinato, il petto cotto al barbecue con cous cous e cimette di broccolo, la crocchetta di coscia e la sua salsa di cottura.
Si conclude in dolce con la namelaka all’ananas, anice e gelato allo yogurt e poi con “stella gemella”, un’idea che lega insieme sapori d’infanzia, ambizioni da chef e la nascita del secondo figlio: mousse e meringa di limone, gelatine di fragole, cremoso al basilico e gelato alla fava tonka. Completano l’opera un servizio di grande professionalità e cortesia oltre a una carta dei vini con il meglio della Sicilia e un adeguato numero di etichette. Per un’indimenticabile cena con vista sono quattro i menu degustazione tra i quali scegliere (50, 100, 120 e 140 euro per rispettivamente 2, 4, 6 e 8 portate), costo medio al piatto alla carta 35 euro.
Indirizzo
Therasia Resort – Ristorante Il CapperoVulacano – Isole Eolie
Tel. +39 090 9817139
Mail info@therasiaresort.it
Il sito web