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Il San Domenico di Imola entra nella leggenda: 40 anni di attività con 2 stelle Michelin

di:
Alessandra Meldolesi
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Cade nel 2017 un festeggiamento epocale per la cucina italiana: i 40 anni di doppia stella Michelin del San Domenico di Imola.

La Notizia

Il San Domenico di Imola entra nella leggenda: 40 anni di attività con 2 stelle Michelin


“Istituzione [i-sti-tu-zio-ne] ant. Instituzione s.f. […] fig. è un’i.!, espressione riferita a persone che da lungo tempo occupano un dato posto e quindi costituiscono un elemento stabile, di continuità.” Sono ormai 46 anni che il San Domenico di Imola imbandisce proprio questo: un sentimento di stabilità, un comfort fuori dal tempo. Da quando il gourmet Gianluigi Morini il 7 marzo 1970 aprì i battenti del suo circolo, segnalato per la prima volta dalla Michelin nel 1973, poi insignito di una stella nel 1975 e della seconda nel 1977. Sono giunte fino a oggi, tanto da guadagnare al ristorante il premio Qualità nel tempo, conferito in occasione della presentazione della guida 2017 al Teatro Regio di Parma.

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“Chi non conosce l’ordine delle stelle vedrà solo una confusione, là dove un astronomo avrà una visione molto chiara”, scriveva Alighiero Boetti. E nella piccola costellazione di Imola si lasciano leggere parecchie cose: l’attualità di una cucina borghese, per cominciare, che metta sotto i denti di tutti i piatti concepiti per le tavole upper class. Una formula congeniale al leggendario Nino Bergese, cuoco dei re e re dei cuochi, che proprio dalle cucine di nobili e facoltosi industriali arrivava. Fu lui a gettare le fondamenta dello stile San Domenico, addestrando a succedergli il giovanissimo Valentino Marcattilii. Ma l’idea era rivoluzionaria, come testimonia la voga corrente di “alta cucina di casa”, interpretata non a caso da un allievo del San Domenico come Giancarlo Perbellini.

2 Uovo in Raviolo San Domenico ai tartufi bianchi
2-1 filetto rossini
E poi l’attualità del classico, oggetto di un ritorno struggente, mai abbandonato a Imola mentre tutt’intorno dai grilletti dei sifoni esplodevano le provocazioni avanguardiste. L’uovo in raviolo, il filetto Rossini sono capisaldi rimasti invariati nel tempo, dentro l’atmosfera magica delle tappezzerie preraffaellite originali. Nella consapevolezza che classico non è quanto ha bisogno di essere difeso, ma ciò cui ci si aggrappa con tutte le forze per sopravvivere, come un salvagente nel tempo burrascoso.

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Oggi Valentino è stabilmente affiancato dal nipote Massimiliano Mascia, che lungi dallo scartare il pacco dono di un ristorante fatto e finito, se lo è conquistato compiendo estenuanti esperienze lavorative in Francia, anche alla corte di Ducasse. “Non sapevamo nulla del premio, conferito nel dettaglio per i 45 anni in guida: Valentino e Natale erano presenti in quanto invitati, ma sono stati chiamati sul palco mentre si trovavano tranquillamente al buffet. E per me è stata un’enorme soddisfazione, vedere riconosciuto quello che fanno ogni giorno da 50 anni: non è ancora tempo di premio alla carriera. Per festeggiare probabilmente proporremo alcuni piatti storici, ma è tutto ancora in progress.

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Abbiamo tutte le guide e per curiosità siamo andati a spulciarle, per verificare se siano attivi altri ristoranti come il nostro. Ma i due stelle dell’epoca sono tutti chiusi da oltre 10 anni. In questo lasso di tempo abbiamo cercato di mantenere la nostra cifra, perché è importante che i giovani sappiano da dove arrivano: solo di tecnica non si vive. Per quanto la sella di vitello Bergese non sia più preparata intera ma a medaglioni e a bassa temperatura. Personalmente ho cercato di innovare nell’immagine e nel marketing, proponendo anche piatti leggermente contaminati da altri territori. C’è chi lo interpreta come un premio all’anticonformismo, perché i fondi non li faceva più nessuno. Noi invece li abbiamo sempre preparati, come le salse, per non perdere l’emozione del piatto”.

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