Dormire negli antichi rifugi spirituali dei Frati Cappuccini, meditare un bis di cannelloni centenari e assaporare un gin che fonde la sapienza monastica con la mixology moderna: accade in un ex convento del tredicesimo secolo trasformato in 5 stelle, dove lo chef Claudio Lanuto ricompone il mosaico costiero su due tavole in simbiosi.
La storia
"Questa, all'inizio, era nient'altro che un'impervia grotta completamente ignara del suo destino. E anche dopo la costruzione di un convento scolpito nella roccia a 80 metri sul livello del mare amalfitano, la presenza umana rimase letteralmente aggrappata all'ecosistema, tanto che -si racconta- dalla porta passavano prima gli asinelli e poi le persone. Erano loro a trasportare viveri, attrezzi e visitatori lungo una salita scottata dal sole. In seguito, molte cose sono cambiate, ma quello che stai ammirando è lo stesso affresco naturale di secoli e secoli fa: un paesaggio pronto ad inondarti gli occhi con un getto misto d'intensità e di quiete. Non puoi paragonarlo a niente che tu abbia visto in precedenza". A sentirlo parlare, Fra' Marcus pare quasi metter pace ai pensieri, abbattendo a suon di frasi il muro divisorio fra le epoche. E con pari abilità apre un varco gastronomico nel flusso narrativo.


"Era il 1924 quando il suono sacrale delle campane annunciò qualcosa di ben diverso dall'orario della messa: il cuoco della struttura religiosa -già allora adibita ad albergo sotto l'egida della famiglia Vozzi- aveva appena brevettato la ricetta dei cannelloni, sfidando a colpi di sfoglia fresca e sugo di pomodoro un collega in forze presso il vicino Hotel Luna". Pare non sia solo un ghiotto aneddoto, ma una pagina essenziale della cultura nostrana: duello vinto e ricetta acquisita, il cilindretto farcito guadagnò subito una folta schiera di proseliti. Oggi che quell'ex monastero del XIII secolo è un 5 stelle su cui ammicca il nome Anantara, il piatto originario viene eseguito col medesimo zelo applicativo "da amanuense" -ed ogni volta che il rituale si ripete, s'attiva automaticamente la macchina del tempo per chiunque lo assaggi guardando i giganti sassosi della scogliera.

Senonché, la roccaforte scavata nella pietra 800 anni orsono non è rimasta a dormire sugli allori del suo fascino ascetico. Si dà il caso, infatti, che l'attuale executive chef Claudio Lanuto proponga un cannellone "piacevolmente eretico" a base di patate, scampi e provola, capace di rifare il look al modello base "in abito rosso". Di più: i ristoranti sono due, con un portfolio di esperienze che viaggia in linea aerea dal pizza tasting alla grigliata live, per planare dritto sul fine dining.



E se alla fine avrete voglia di gin, ne assaggerete uno che ricalca lo schema botanico dei Frati Cappuccini col metodo evoluto della mixology moderna: sarà proprio Marcus a guidarvi nella degustazione durante una peculiare "Amaro Experience". Per il resto, la storia continua a scorrere a nastro continuo in ciascuna delle 52 camere e suite ricavate dalle celle-dormitori, che veglino dall'alto il chiostro oppure il tratto di porto sfumato dalla trasparenza delle acque; una cartolina animata volta a smussare le creste degli speroni con un comfort sospeso delicatamente sul passato.

Anantara Convento Amalfi: da una grotta a un 5 stelle internazionale
Varcata la soglia di Anantara Convento Amalfi, lo staff saprà spiegarvi molto meglio di noi quali e quante fasi attraversò agli albori l'edificio, traghettando il preesistente bagaglio artistico nel presente dell'hotellerie di lusso. Anyway, una piccola premessa è necessaria: l'insegna nacque dalla sopracitata grotta con Chiesetta di San Pietro annessa, denominata "terra vacua" in allusione ad un futuro tutto ancora da costruire. I Cappuccini vi misero radici a partire dal 1583 e vi risiedettero a cicli alterni, sino alla trasformazione in dimora di accoglienza da parte dei Vozzi.

All'inizio gli avventori raggiungevano la meta percorrendo una mulattiera serpeggiante tra la macchia che ammanta i saliscendi del promontorio (spoiler per gli intrepidi: eccetto il periodo in cui scriviamo -causa rifacimento- la strada è rimasta agibile e potrete esplorarla durante il soggiorno). Facile, però, intuire come sia stata rimpiazzata da un sistema speedy di ascensori in sequenza, che vi condurrà velocemente alla hall e alla terrazza col miglior camminamento del borgo a strapiombo sui flutti.

Sì, perché l'ex belvedere dei confratelli-lungi dal perdere la sua eterea suggestione meditativa- va attraversato dimenticando le valigie all'ingresso e lo stress metropolitano dietro i passi: davanti a voi una cascata di orti (ritroverete le primizie nelle creazioni dello chef), pergolati, erbe spontanee ed alberi centenari con tanto di targhetta per individuare al volo la specie di riferimento.

Arduo il proposito di riconciliare il divino col terreno, eppure le soste disseminate fra balconata e vegetazione s'integrano nel set sullo sfondo senza salti temporali: c'è la piscina collocata in un angolo raccolto che moltiplica i riflessi dello screensaver marino; la palestra aperta 24 ore su 24, in posizione sopraelevata per isolare sia il ginnasta di turno che i cultori del relax quale unico sport estivo; il cocktail bar, laddove i drink replicano il mosaico biologico costiero grazie ad inserti di limone sfusato e pomodoro.

All'interno, la sobrietà spaziale trascende nell'eleganza di una linea avvolgente, dal portale recentemente ristrutturato con acciaio corten all'impiego di pelli, legno e fibre in una chiara mimesi col paesaggio, passando per le ampie arcate e le rassicuranti nuance "di Sud". Tappa obbligata dopo il check-in, la Chiesa d'epoca barocca in cui ammirare l'altare e le maioliche gelosamente preservate dall'usura, preparandosi al "ritiro" nel chiostro arabo-normanno del 1223. Un vero crogiuolo architettonico, quest'ultimo, ospitante l'affresco più antico di Amalfi, al punto da impressionare personaggi del calibro di Richard Wagner e Salvatore Quasimodo. A legare luoghi della memoria e boulevard mediterranei, l'indole di un cuoco che forgia classici di nuovo conio plasmando l'intera ristorazione maison.

Lo chef e la proposta al Ristorante Dei Cappuccini
Primo impiego a soli 14 anni, incursioni decisive nelle scuderie di Anthony Genovese e Antonio Mellino e un rito di iniziazione alla gastronomia internazionale presso Heston Blumenthal: il succo del curriculum di Claudio Lanuto è un distillato sincero di background e identità, che all'Anantara significa sapere esattamente quando premere il "tasto inventiva".


Lo dimostra un menu lineare, eppure incline ad addentrarsi con facilità nella corrente del monoingrediente, a costo di passare al setaccio lo stesso prodotto per diverse portate di fila. Prendiamo, ad esempio, il pomodoro, che dai Cappuccini (l'insegna gourmet dell'hotel, ndr) ruzzola lungo i terrazzamenti circostanti inglobando gran parte della biodiversità campana. Appena seduti, ne avvertirete il calore "solare" addentando il Panino con pesto di pomodori secchi e passata classica, un benvenuto small size "effetto marinara" da spalmare di voluttuoso burro di bufala montato con l'aneto essiccato del giardino.

Attacco verace seguito a ruota da un cenno di nobiltà, perché d'un tratto la polpa si trasforma in un fine caviale di pomodoro compattato dall'agar agar, ingioiellando la Tartare di dentice affumicato servita fra gli starter. Ed ecco che l'oro rosso partenopeo ricorre ovunque -nel letto di cubetti alla base, in forma di maionese e nella sagoma di un biscotto croccante per rilanciare a dovere la masticazione.

Ma la materia sfiora l'apice in un "primo-firma" dell'albergo al pari dei cannelloni: lo Spaghetto dedicato al Re Umberto Fiascone. "Si tratta di una varietà rarissima coltivata a Tramonti, di cui risalta la rotondità di fondo e l'acidità gentile", spiega l'ottimo F&B Manager Angelo Cirella, artefice di un servizio attento a saziare la curiosità oltre l'appetito. "Ne è nata una pasta cromaticamente 'nature', cotta nell'acqua di pomodoro per assorbirne in prevalenza i profumi e non le tinte". Dunque, si impiegano polvere di pomodoro e semi di basilico per la rifinitura, insieme ad una coulis rafforzativa del picco vegetale. Accanto, il side recupera l'uso toscano della consueta "pappa al pomodoro", né manca una spugna lievitata anch'essa vermiglia, con la quale fare scarpetta a tutta gola e spreco zero. "Il nostro modo di dire che un semplice spaghetto può innescare un crossover regionale", chiosa lo chef Lanuto -e il pungolo delle papille giunge a confermarlo!


È screziato di inserti tricolori e punteggiato dal gambero rosso crudo il Risotto al pesto di basilico, emulsione di salsa pizzaiola e kefir di bufala, "da due anni fisso in carta per l'en plein di richieste". Un primo puntuale nella scansione di grassezza, asprezza e freschezza, che s'alternano man mano invogliando a concludere una porzione di per sé generosa. Pausa distensiva con i secondi, complice una rassicurante Spigola, tartufo nero grattugiato d'Irpinia, millefoglie di patate, chips di patate viola e ricotta di bufala.


All'estremo opposto, il dessert scompagina le carte in tavola dissipando magicamente il senso di pienezza: gradevole e bilanciato Carota e limone, nel quale la bavarese, il gel e la torta di carote incontrano un gelato al sale che sventa il rischio del tipico epilogo zuccherino. Aggiunge punti l'opzione beverina della "Limoncello Experience", una verticale di digestivi realizzati in loco conservando la preziosa sapienza conventuale.

La Locanda della Canonica
Della stessa "pasta", sebbene con un'offerta maggiormente smart, è la Locanda della Canonica, dove il pescato sguazza nel menu passando in una manciata di righe dal Polpo e patate e l'Insalata di astice alle mazzancolle e il tonno arrostito sulla griglia. Il "core" del ristorante, va da sé, sta proprio nelle preparazioni espresse eseguite sotto gli occhi dei commensali, fra le quali merita una menzione d'onore la pizza napoletana di Domenico Trotta. "L'impasto nasce da un prefermento di biga gestito per 24 ore, cui si sommano 16 ore aggiuntive di lievitazione controllata".



L'obiettivo? "Bordi velati di croccantezza e ariosi all'interno, sicché lavoriamo su uno spessore amabile (mai estremo, ndr), tale comunque da contrastare il centro scioglievole del disco". Per tirar fuori il carattere del cereale, Domenico raduna inoltre numerose tipologie di grani antichi (in primis farro spelta e monococco), particolarmente fragranti nella "Pizza del Convento" di impronta ancestrale. Immaginatevi uno spicchio dalle note vivaci di grano tostato, su cui s'intrecciano a doppio nodo la carnosità del tonno fresco e il guizzo citrico del Limone Sfusato di Amalfi. Addentratevi nella scia persistente della polvere di olive e di colpo starete letteralmente mordendo un pezzo di Costiera. Immancabile, infine, il Re Fiascone nell'interpretazione della Margherita con bufala e crema di basilico napoletano. Per i pasta addicted c'è sempre uno Spaghetto alle vongole dal condimento ben sugoso, oppure il gagliardo Pacchero all'astice.


Le suite e le esperienze
Sul soffitto una volta di affreschi restaurati, alla finestra le colonne del chiostro e subito accanto un salotto saturo di tele, riviste di design e divanetti bonton: la Suite del Priore non potrebbe fondere in maniera più armoniosa la sua vocazione di alloggio monastico col lusso pacato dell'hotellerie di lungo corso. Così, lo "stile Anantara" viaggia da una stanza all'altra rimodellando talvolta gli spazi dell'ex refettorio, talaltra i rifugi silenziosi degli eremiti affacciati sul Mar Tirreno, in un flashback ininterrotto che continua a scrivere la storia.



Usciti dal bozzolo del riposo, concedetevi pure mezza giornata da dedicare alla Spa, fra trattamenti di oli agli agrumi e sedute di yoga, ma non dimenticate di indugiare al cocktail bar per una sessione (altrettanto) intensiva di Gin Tasting. Il distillato riprodotto da Fra' Marcus e il bar manager Luigi Gallo -dicevamo in apertura- sarà una vera epifania per gli appassionati del fine drinking, vista la presenza di pochissimi elementi a comporre un bouquet cangiante, che muta in modo inatteso al variar della temperatura. "Terminata l'estate lo beviamo persino caldo, davanti ad un braciere nel chiostro, e non smette di stupirci con un sottofondo espressivo fuori dal coro". Una valida scusa per tornare anche d'inverno!

Contatti
Anantara Convento Amalfi
Via Annunziatella, 46, 84011 Amalfi SA
Telefono: 089 873 6711