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Il ritorno di un grande talento in Italia dopo 11 anni con Michel Bras: Simone Cantafio e il nuovo corso della Stüa de Michil

di:
Lucia Facchini
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COPERTINE RG CORNICI 5

Un grande ritorno in Italia dopo 11 anni al fianco dei Bras: nel rifugio gourmet dell’Hotel La Perla, Simone Cantafio mette a segno un menu che abbraccia l’Oriente e racconta la montagna, trasformando i punti cardinali in picchi gustativi.

La Stüa de Michil- Hotel La Perla

La storia


È il 1947 quando a Corvara entra in funzione la prima seggiovia d'Italia, nata per collegare il centro abitato all’altura che domina il paese. Tempo di oliare gli ingranaggi e il resto della Penisola inizia ben presto a scoprire questo candido Eden incorniciato dalle vette dolomitiche. Così, a un decennio dal taglio del nastro, Ernesto Costa - fra i pionieri del turismo locale, già impegnato nella costruzione degli impianti- si imbarca in una sfida pazzamente ambiziosa con la sua dolce metà Annì, affittando 6 stanze di casa ai visitatori stagionali di quella che è ormai una meta vacanziera ad alto tasso di frequentazione.

Ernesto Costa con Annì



Ernesto e Annì Costa



Carichi di adrenalina come due sciatori sulla pista nera, i Costa sono in realtà maestri di ospitalità zen. E il desiderio di dare al loro piccolo sogno alberghiero un'impronta personale li premia. Con gli anni la pensione diventa una stube 4 stelle che unisce sotto lo stesso tetto global attitude e spirito ladino, riservando agli ospiti un’accoglienza spontanea- mai rustica o affettata.



Oggi Ernesto e Annì hanno passato il testimone, ma continuano a vegliare sulla Casa (guai a chiamarla "hotel") e su una cantina di quasi 30 000 bottiglie (spia di un tenace collezionismo che li ha portati ad accumulare i tesori più svariati, dalle automobili agli orologi d'epoca). A dirigere l'orchestra, i figli Mathias e Michil, con cui l’offerta ristorativa ha spiccato definitivamente il volo.

Famiglia Costa


L'hotel


L'unico rischio, una volta entrati, è quello di prendere qualche chilo. La Perla racchiude infatti una mini-galassia di locali da scoprire step by step, fra colazioni vista monti e drink strategici contro il gelo corvarese -questi ultimi serviti nel Bistrot Music Club, dove un folto gruppo di viveur locali si riunisce ogni sera gustando l'aperitivo al ritmo di blues. L'ambiente emana il comfort delle tipiche dimore altoatesine, ravvivato dal gioco di contrasti fra legno e lampadari agée, tendaggi porpora e antichi oggetti di recupero.

Bistrot Music Club



Les Stües




Un'eleganza non gridata che lega a doppio filo i ristoranti della struttura. C'è Les Stües, per assaporare le eccellenze del posto condite da un pizzico di inventiva; Ladinia, la vecchia casa di Ernesto ricavata da una stube seicentesca proprio di fronte all'hotel, dove l'ingresso è un tuffo negli anni '80 e il menu un ricettario alpino da acquolina in bocca; il già citato bistrot, con poche proposte sfiziose da consumare in coppia o in famiglia; ultima, ma solo per cronologia, la Stüa de Michil, il fine dining che porta il nome (e incarna il pensiero) dell'eclettico Michil Costa, un guru dell'hospitality capace di innovare l'attività di famiglia mettendo al centro il fattore umano e ambientale.

Michil Costa



La Stüa de Michil



È a lui che si deve l'idea di creare un "rifugio nel rifugio" per palati più esigenti, prima sotto la guida di Nicola Laera e ora dello chef di origini lombardo-calabresi Simone Cantafio, tornato in Italia dopo un lungo periodo all'estero.

Simone Cantafio


Lo chef


Il passaggio di cloche, preludio di un restyling a tutto tondo, si è svolto alla fine dello scorso anno senza dare troppo nell'occhio. Ma chi abbia almeno un'infarinatura d'haute cuisine conosce bene i trascorsi del nuovo arrivato: undici anni alla corte dei Bras -di cui 5 a capo di Toya, il gioiello gastronomico della storica maison francese sull'Isola di Hokkaido- sarebbero più che sufficienti come biglietto da visita, se non fosse che Simone è passato anche per le brigate di Gualtiero Marchesi e Georges Blanc.


"La mia cucina è un compendio di culture", spiega. "Dall'Italia viene la libertà di sperimentare e condensare una visione personale nei piatti, ma anche la tendenza a costruirli secondo la 'regola dei contrasti' marchesiana; la Francia, invece, mi ha dato il rigore e il savoir faire: da un lato la gestione oculata di salse e cotture, scuola Blanc, dall'altro l'attenzione al vegetale ereditata dai Bras; infine, il Giappone: lì ho compreso come la tecnica possa raggiungere livelli altissimi".

Simone Cantafio



A portarlo sulle Dolomiti, un incrocio di circostanze fortuite. "Sono tornato in Calabria con mia moglie e mia figlia per un breve periodo, poco prima del lockdown. Nel frattempo, c'era in ballo il progetto di un'insegna col doppio nome Bras-Cantafio, sempre in Giappone, ma il Covid l'ha paralizzato. L'incontro con i Costa e questo luogo straordinario mi hanno convinto a rimanere".


La filosofia


Prima di accendere i fuochi, Simone ha perlustrato l'Alto Adige per scovare chicche autoctone in ogni dove, dalle vette ai torrenti. "Niente mi dà tanta soddisfazione come sapere che l'80% dei produttori l'ho guardato negli occhi", racconta. "Dopo 14 anni all'estero ero praticamente uno sconosciuto per tutti. Ho scalato il muro di diffidenza costruendo legami con le persone e alla fine ognuno mi ha aperto la porta del suo vicino di casa". Così è arrivato dalla “signora del burro”, Bernadette: "Quando le abbiamo chiesto di acquistare l'intero stock settimanale, credeva fosse uno scherzo: con 4 mucche poteva garantirci al massimo 10 Kg di prodotto. Ora ne ha comprata una quinta che si chiama 'Perla', proprio come l'hotel".



In carta risalta subito l'elemento vegetale, un fil vert che introduce le didascalie dei piatti ribaltando l'architettura del menu. "Significa sposare una filosofia, non rincorrere una moda: i frutti della terra sono l'input primario delle mie creazioni", prosegue lo chef. "Per questo, a breve, realizzeremo due orti dedicati ad erbe e fiori edibili proprio di fronte all'albergo. Le verdure vengono da Brunico, a 30 minuti di distanza, ma stiamo avviando un progetto per creare una coltivazione tutta nostra in Calabria, con spedizione ogni 10 giorni di materie prime che crescono meglio con un clima caldo".


Il ristorante: La Stüa de Michil


La sala si giova del filo diretto con Mahatma Wine, una cantina a dir poco imponente (nonché visitabile, per la gioia degli appassionati) e sempre più orientata alla viticoltura naturale. La presiede il sommelier trentino Silvio Galvan che, prima di approdare a Corvara, ha fatto palestra all'Hotel Holden di Gstaadt e al Molin di Cavalese, con risultati eccezionali stante la giovane età.

Silvio Galvan- maître e sommelier




Due i menu degustazione: Perzeziun (5 portate a 129 euro) e Transformaziun (8 portate a 149 euro). In entrambi i casi percorso avanza a ritmo sostenuto, come un Grand Tour alpino che fonde ratio orientale e animus localetrasformando i punti cardinali in picchi gustativi. Simone fa da guida su sentieri non battuti dove il ricordo incontra il nuovo: ogni sosta è terra tradotta in sapori con il giusto grado di perizia narrativa.

Scorzanera al profumo di colza grigliato, filetto di storione mi-cuit al nivis e tzatziki alpino



Così ci si ritrova a pescare finger nella neve appena raccolta -che "tiene al freddo" i fragranti sandwich di daikon, tartare di cervo e uovo- o ad addentare un negroni solido sotto forma di tartina con papavero, lucioperca e gelatina di bitter. Sembra uno speck il carpaccio di cedro su pane croccante e pomodoro, un bocconcino grintoso che invade la mandibola con lo stesso spigliato vigore del cuscinetto noci, fagioli Lamon e formaggio del maso Pretzhof, mimetizzato in un letto di fogliame a evocare il sottobosco. Non manca il fritto che, gustoso eppur volatile, indora le alici con salsa chimichurri -un pungolo di iodio a tutto pepe- e il pollo con sedano rapa agli aromi di fieno.

Agretti al kalamanzi, triglia cotta dolcemente sui carboni, aioli e patate novelle alla segale



Nell'antipasto il Giappone entra a passo felpato, con i sottili decori a tinte pastello del cetriolo, gelée di sake e battuta di salmerino affumicato al ginepro, dove il pesce fortifica il gusto senza eccessi, mentre il latte di ceci sul fondo stempera dolcemente il crunch vegetale.

Cetriolo croccante con gelée al Saké, battuta di salmerino affumicato al ginepro e latte di ceci



Vive di sfumature anche la patata bianca farcita al coniglio in porchetta, caviale, nage iodata. L'asse portante è uno gnocco chiuso a raviolofelice innesto fra due paste e due culture. "Qui ho voluto puntare su contrasti tenui. Lo faccio nel ripieno, applicando a una carne delicata come quella del coniglio le stesse modalità di marinatura, cottura e speziatura della porchetta, ma anche nel condimento, realizzando la giardiniera di finocchi con gli agrumi del lago di Garda al posto dell’aceto di vino bianco, per un'asprezza meno aggressiva". L'equilibrio lo crea una nage di finocchi e poche ostriche che, insieme al caviale Beluga, frena la dolcezza del tubero col suo ingresso salmastro.

Patata bianca farcita al coniglio in porchetta, caviale, nage iodata



Segue il miglior assaggio della degustazione: sedano rapa a mantecare il risotto, scaglie di tartufo nero pregiato, ristretto al crudo d'Osvaldo e rafano, un primo di grande impatto palatale che stratifica tecniche, memorie e texture solo apparentemente disgiunte. La genesi è curiosa: “Avevo ideato la ricetta per un rifugio di zona reinterpretando la lasagna di mia madre, l'evergreen della domenica che mette d'accordo tutti. Visto il riscontro dei clienti, abbiamo deciso di elaborarla ulteriormente per il menu de La Stüa".

Sedano rapa a mantecare il risotto, scaglie di tartufo nero pregiato, ristrotto al crudo D'Osvaldo e rafano



L’esito è un piatto multilevel: sotto la salsa di maialino, il rafano e il risotto al tartufo nero; a salire, tuorlo d'uovo marinato ("un omaggio a Cracco, il mio primo maestro: lo facevo già a 17 anni in via Victor Hugo"), scaglie di sedano rapa (affini, nel gusto, alla crosticina della lasagna) ed erba cipollina, virgola acidula su cui poggia nuovamente il tartufo nero a comporre una ghiotta Babele di reminescenze culinarie.


Poi un coup de théâtre: il cavolo cuore di bue poché rosolato dolcemente con pelle di latte, succo ristretto di galletto alla diavola, olive e muscovado, piccola provocazione che inverte all'improvviso le regole del gioco. L'ortaggio, scottato al vapore e cotto nel burro come fosse pollo, da comparsa diventa star attorno a cui gravitano pesce e carne, rispettivamente acciughe e ristretto di galletti marinati nella nduja. Una full immersion di clorofilla bilanciata dalla sapidità naturale della salsa, più l'avvolgenza della pelle da affioramento, "che in Giappone si chiama 'yuba' e viene preparata con la bevanda alla soia, mentre noi usiamo il latte di mucca di una fattoria di San Cassiano: metodo asiatico, prodotto altoatesino".

Cavolo cuore di bue soffice di coregone, salsa al caffè di cicoria perle di tapioca ai funghi di montagna




Il concetto è approfondito nelle portate successive. Prima fra tutte, Shitake trentini allo spiedo, in cui l'oca della val di Funes, infilzata su rametti di pino, veste i panni del tipico spiedino di pollo yakitori, mentre il jus di fegato alla veneziana sfrutta l'unione di cipolla agra e dolce per esaltare al meglio la nota ferrosa. Una cordata nipponica al profumo di brace che abbraccia l'Oriente e racconta la montagna, grazie anche alla scelta di funghi coltivati da produttori locali.

Shitake trentini allo spiedo, oca della Val di Funes, jus fegato alla veneziana



Viaggia sulla stessa frequenza il pollo (utilizzato, come l'oca, nella sua interezza) con riso croccante e broccolo fiolaro. Qui la carne si lascia contaminare dalla piacevole intensità del kimchi (cavolo fermentato alla coreana), in sintonia con il mix di coriandolo e zenzero, che arricchisce di note piccanti la marinatura del broccolo.

Broccolo fiolaro marinato al coriandolo fresco, pollo ruspante di Caerna, condimento della nonna alle frattaglie, jus ristretto al kimchi e riso croccante



L'happy end è affidato alla frutta essiccata croccante, gelato al fiordilatte del mattino, miele di fichi e infuso di pere antiche: sopra, una tegola da rompere a colpi di cucchiaio; sotto, una nuvola fruttata super creamy. Nella goduria istantanea di una manciata di bocconi, Simone cattura l'essenza di un territorio che chiede di essere ascoltato. E questa è davvero la volta buona per restare.

Pre-dessert: Capperi di Salina, scirubetta al miele di edera e limone



Zenzero e pera croccante, biscotto ai cereali soffiati, gelato al fiordilatte e miele di fichi


Indirizzo


La Stüa de Michil - Hotel La Perla

Str. Col Alt, 105, 39033 Corvara in Badia BZ

Tel: 0471 831000

Sito Web













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