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Il sushi come non l’avete mai mangiato: Moreno Cedroni incanta al Clandestino con tecnica e divertimento attraverso la preistoria

di:
Alessandra Meldolesi
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clandestino moreno cedroni copertina

Pare proprio che il lockdown abbia lasciato allo chef un tesoretto di tempo e di idee: quest’anno il Clandestino propone una ricostruzione giocosa e gioiosa della preistoria, che danza sul filo delle “prime volte” del Mugaritz.

La Notizia

Il nuovo corso di Moreno Cedroni è a senso unico e con un’unica corsia. Basta disperdere le energie fra i locali e le avventure imprenditoriali. Appena premiato con un meritatissimo quinto cappello de L'Espresso, che l’ha ammesso nel gotha della ristorazione italiana, lo chef marchigiano punta ancora più in alto. Un autentico vulcano di idee e iniziative, che però non si disperdono, ma si concentrano attorno al cratere dell’obiettivo. “Voglio dare il 100% di me a me, perché in epoche passate con progetti, consulenze e aperture a volte l’ho condiviso. Adesso mi rendo conto che ogni posto richiede energia. Madonnina, Clandestino, Laboratorio e Anikò devono essere il mio 100%”.

Clandestino Susci Bar- Crediti Francesco Scipioni



Sono realtà che non a caso si incastrano perfettamente: le ferie del team Cedroni vanno da novembre a metà febbraio, poi nel corso della primavera si succedono le riaperture. Il Clandestino ha il suo momento di creatività a febbraio e marzo, con qualche ritocchino in corso d’opera. Allora con il fido Luca Abbadir Cedroni sceglie un tema, elabora le informazioni e parte con le prove. Segue la creatività della Madonnina, dedicata quest’anno alle maturazioni del pesce. Mentre il menu del Clandestino è ancora fresco, un gruppo ristretto di collaboratori concentra le sue energie creative in vista della riapertura. Stretching e riscaldamento prima della maratona estiva.

Crediti Danilo Scarpati



Clandestino Susci Bar- Crediti Francesco Scipioni



Le sinergie non mancano, a cominciare da una specie di trickle down creativo. “Di fatto più cresce la maturità della Madonnina, più cresce la qualità del Clandestino”, sintetizza Cedroni. “Vedi la ricerca sulle fermentazioni, cominciata quattro anni fa, che oggi si è riversata a Portonovo. Poi ogni anno cerco un ingrediente nuovo, quest’anno la pastinaca. Quando abbiamo aperto nel 2000, siamo partiti dal crudo in chiave creativa, compresi i classici marchigiani come il brodetto e il potacchio, la capasanta bruciacchiata, la polentina ai frutti di mare. Poi dal 2006 ho cercato lo stimolo creativo di un tema per interpretare il crudo, allestendo un degustazione che affiancasse la carta dei migliori piatti degli anni precedenti”.

Clandestino Susci Bar- Crediti Francesco Scipioni



Crediti Danilo Scarpati



La cucina è piccola ma organizzata, con l’induzione e l’aria condizionata, l’abbattitore, le lampade riscaldanti e il sottovuoto. Molte preparazioni si svolgono comunque nel laboratorio di conserve, con un autista che ogni giorno si fa carico del trasporto. A sovrintendere alla stagione sono poi Massimo Franzin, mente storica della sala, e il sous-chef Alessandro Mandrioli.
Come spesso accade, il lockdown ha lasciato allo chef un tesoretto di tempo e di idee. “Ho lavorato in officina alla produzione di conserve e in generale la mia mente è stata sempre in movimento. Il primo lockdown mi ha colto un po’ di sorpresa, con il tentativo del delivery; quest’anno invece ho cercato di ottimizzarlo a fini creativi, raccogliendo idee. E ho finalmente trovato il laureato in chimica da impiegare nel tunnel per le analisi, in modo da sapere sempre con certezza ciò che accade”. Il tema del Clandestino non a caso è una ricostruzione giocosa e gioiosa della preistoria, che danza sul filo delle “prime volte” del Mugaritz. Perché quello cui ci troviamo confrontati è un ricominciamento in cui tutto sembra accadere ex novo.



I Piatti

La traiettoria, ricostruita non senza puntelli storici, passa dall’alimentazione dei raccoglitori a quella dei primi cacciatori, muniti di punte lapidee ma non del fuoco; quindi la cotture e un’ironica Età del ramen, i pesci da sgranocchiare interi, le suggestioni del disgelo… Sono 8 portate di tecnica e divertimento, spesso interattive e naïvement figurative, in cui si manifesta la padronanza del gusto di uno chef al suo zenit, anzi nella sua età dell’oro, capace di dipingere l’estate attraverso l’irradiazione studiata di mille pennellate, tutte indispensabili, nessuna scontata. Una cucina forse d’assemblaggio, dati i mezzi di fortuna alla Robinson Crusoe, che mostra tuttavia dove è possibile arrivare con la tecnologia avanzata della riflessione. In accompagnamento la carta dei vini predilige vignaioli e artigiani che valorizzino i rispettivi territori.

Era glaciale- Crediti Brambilla-Serrani



Il Clandestino vuole essere diverso, ma non voglio neppure disorientare”, puntualizza lo chef. L’articolazione del menu si attiene quindi allo schema classico antipasti-primi-secondi-dessert e alla successione crudo-cotto, che accomuna l’antipasto all’italiana al kaiseki. Si parte dall’Era glaciale: un ghiacciolo della prima bevanda alcolica della storia, l’idromele, vestita di sapori erbacei dalla Chartreuse, con le more fermentate che fanno virare il cromatismo verso il vermouth. Un cocktail commestibile, racchiuso per così dire nel suo cubetto, e una testura fredda ideale, quasi da granita compatta. “Siamo al dodicesimo ghiacciolo, sappiamo come calibrare alcol e zuccheri”. E la Chartreuse è destinata a ricorrere alla fine, chiudendo il cerchio del menu, secondo un altro stilema dello chef.

Fossile- Crediti Brambilla-Serrani



La prima portata è vegetale: una radice di pastinaca cotta in un impasto di acqua e farina, dentro foglie di lattuga di mare, nelle sembianze di un fossile da dissezionare al tavolo. Ma protagonisti sono salse e condimenti: la maionese di moscioli in omaggio a Portonovo, le polveri di verdure fermentate, che virano dall’acido al piccante, le capesante fermentate con scorza di limone e peperoncino, sorta di sottaceti di pesce croccantati in forno, l’olio di dragoncello per le tonalità balsamiche. Tonalità da raccogliere scorrendo il boccone di vegetale sul piatto in un mix caleidoscopico perfetto.

Età della pietra- Crediti Brambilla- Serrani



L’Età della pietra segna il passaggio alla pesca. Quindi un pesce mai utilizzato in precedenza, il pagro, marinato nel sale per una testura leggermente chewy, unito a grani spezzati di farro e orzo agrodolce, centrifugato di pomodoro, zucca a dadini, ananas. Per un esito quasi da poke hawaiano. Ci si beve un Verdicchio di Matelica “Villa Marilla” Marco Gatti 2019.

Homo Erectus- Crediti Brambilla-Serrani



La scoperta del fuoco è opera dell’Homo Erectus. Quindi un vitel tonné sui generis, con il filetto di tonno e di fassona da cucinare al tavolo sulla brace alle erbe aromatiche per 2 minuti in una pentola di ghisa, il purè di patate affumicate per esaltare la sensazione, le more fermentate, un provvidenziale tocco di zenzero imbibito di soia, cipolla in agrodolce per lo stacco acido e olio al plancton di nuovo per l’umami.

Età del Ramen- Crediti brambilla-Serrani



Fa sorridere l’Età del ramen, gioco di revisionismo gastronomico intorno a un tormentone tutto contemporaneo. Il punto di partenza è stato un brodo di granchietti di sabbia all’anice stellato, con la ricciola marinata in soia e miele e affumicata, l’uovo di quaglia cotto nel brodo di soia e mirin, lo spinosino per il territorio e non solo. “Mi ha permesso di servire la pasta non espressa: è talmente poroso che basta cuocerlo a metà, riporlo in frigorifero dentro il sugo a freddo e scaldarlo”. In questo caso un brodo di soia e mirin, che lo lascia ben calloso.

Lophius- Crediti Brambilla-Serrani



Più comfort la rana pescatrice, pesce tipicamente marchigiano, rivisto nelle modalità di fruizione. Anziché essere decapitata e tagliata a tranci, viene divisa a metà per il lungo, dalla testa alla co-da, una parte con la coda, l’altra con la spina. Dove il gioco è quello di districarsi fra cartilagini e ossicini, succhiando i fondi della mugnaia con funghi fermentati. Per guarnizione la melanzana, di cui Cedroni è “cintura nera”, che risalta per il pregevole dettaglio della buccia morbida quanto la polpa grazie alla cottura studiata in forno. Nel bicchiere un Sancerre “Silex” Domaine Delaporte 2018.

Selvatico- Crediti Brambilla-Serrani



Selvatico è quasi la cadenza d’inganno di un caffè, con il suo latte di nocciole, di nuovo la Chartreuse, la panna acida e la polvere di kafa.

Il Disgelo-Crediti Brambilla-Serrani



Chiude (e chiudere è un peccato) il Disgelo, ispirato alla visione della terra che riemerge dalle glaciazioni. Quindi l’orma rosa sullo streusel di topinambur, il gelato di kefir, primo latte fermentato, i frutti rossi e la granita di Cedronic, gin tonic all’assenzio dagli ultimativi toni amaricanti.

Foto di copertina (chef) : crediti Danilo Scarpati

Foto di copertina (Fossile): crediti Brambilla-Serrani

Indirizzo

Clandestino Susci bar

Indirizzo: Località Portonovo, 60020 Ancona (AN)

Tel: 071801422

morenocedroni.it/clandestino/

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