Mondo Vino

Egly-Ouriet, il miglior pinot nero prodotto fuori dalla Borgogna è in Champagne

di:
Roberto Mostini
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eglyouriet

La Storia

L’isolamento è fondamentale per pensare e soprattutto per starsene tranquilli ed assaggiare i vini. Però forse l’eremitaggio sarebbe eccessivo, mentre dalla torre del faro bretone, ora ridimensionato per motivi di comodità, si può comunque continuare a mandare qualche messaggio ai naviganti e con quelli meglio sintonizzati anche incontrarsi sulla terra ferma di tanto in tanto per bere un bicchiere insieme. Di roba buona e originale però.


Il Guardiano del Faro ha deciso di vivere piuttosto “borderline”, né fuori né dentro il mondo come lo concepiva in passato, galleggiando sul margine indistinto fra interno ed esterno, su quella linea senza spessore dove il mondo non è più mondo ma comincia a esserlo, luogo indefinito dove la libertà di pensiero, il senso critico e la qualità dei contenuti hanno tutto lo spazio necessario per apparire meno astratti e trovare una definizione finalmente concreta su quella scogliera che si avvicina e si allontana a seconda dell'umore.


Un marchio riconoscibile, un profumo familiare, un dosaggio gradevole, un prezzo adeguato. Il consumatore medio di Champagne sostanzialmente cerca questo. Ma cerca anche la griffe, per giustificare a sé stesso la spesa per un prodotto inteso come bene di lusso effimero ed edonistico. E le grandi maison di Champagne questo hanno realizzato, un vino quanto più inalterato possibile nel tempo con un gusto internazionale costante. Tutti gli anni uguali per i vini senza annata, con poca personalità ma con tanta continuità. Ma come è possibile fare ciò in una regione dove il clima è tra i più imprevedibili d’Europa e le vendemmie migliori (quelle millesimabili) possono anche scendere a 4 o 5 per decennio?


Si, si può fare avendo un grandissimo stock di vini di riserva di diverse annate. Poi lo chef de cave con i suoi collaboratori formeranno la cuvèe miscelando decine di vini, poi doseranno l'insieme come gradisce un certo mercato (perché si può fare diverso per ogni mercato) e alla fine della lavorazione consegneranno un prodotto riconoscibile, che sia il più possibile aderente allo stile in cui la maison ha deciso di specchiarsi. E ne metteranno in commercio milioni bottiglie, tutte uguali.


Saranno quindi produzioni più limitate e con tutti i limiti ed i pregi di un terreno, di un uvaggio, di un monovitigno e di una annata a caratterizzare i veri Champagne d’autore, come lo sono certamente quelli siglati Egly Ouriet. Ad Ambonnay, dove il clima permette una buona maturazione del Pinot Noir, forse il luogo più nordico d’Europa insieme a Irancy, in quel anfiteatro naturale dove Pinot Noir e Cèsar convivono pacificamente e nelle grandi annate danno modo ai viticoltori di creare delle perle rare.


Ad Ambonnay gli stock di vini Egly Ouriet di vecchie annate assumono un carattere diverso, un senso profondo derivato dell’invecchiamento prolungato dei vini sui lieviti. Prendendo in mano una bottiglia millesimata di Egly Ouriet e leggendo attentamente l’etichetta si viene informati di dettagli che quasi nessun produttore di Champagne comunica, e cioè il tempo di invecchiamento del vino sui lieviti e la data nella quale è avvenuta la sboccatura. Ciò è interessante per capire già prima di stappare una bottiglia a cosa si va incontro. L’evoluzione del vino, nel momento in cui si va a interrompere il suo percorso evolutivo per versarlo in un bicchiere. Decidi tu. Te la tieni ancora un po' o te la bevi?


Contraddizione. Tra i mille motivi per cui la produzione di Francis Egly può essere considerata straordinaria c’è proprio anche quella meno probabile in Champagne: la regolarità. Non ricordo nulla di sottotono a partire dal 1996; prima non lo conoscevo. Questo raffinato artigiano del pinot nero ha prodotto sempre ottimi champagne dal naso inconfondibile fatto di piccoli frutti rossi e dalla sapidità che fa salivare la lingua come a un bulldog. Egly si è cimentato con eccellenti risultati anche sul pinot meunier, normalmente aggiunto nelle cuvèe in minima percentuale per dare morbidezza, qui invece entra da monovitigno con un risultato veramente sorprendente. Qui il pinot del mugnaio sa meno di farina del solito.


E siccome qui non è quasi nulla come altrove, ecco addirittura un Coteaux Champenois che nelle buone annate, e lo scrivo senza aspettarmi smentite, è il miglior pinot noir prodotto fuori dalla Borgogna. Sto parlando di un vino rosso fermo, vinificato e affinato con l’aiuto del mitico Dominique Laurent, il negociant haut couture di Borgogna. In annate come il 2002, il 2005 o 1l 2009, alla cieca, questo potrebbe far saltare il banco anche in presenza di presunti mostri sacri della Cote de Nuits. Un vino senza rivali nella Champagne.


Ma non dimentichiamoci dei due ettari di Chardonnay, che contribuiscono a donare acidità, complessità e carattere alle diverse cuvèe, salvo appunto sui due monovitigni di Vrigny e Les Crayeres, oltre ovviamente al Coteaux Champenois. Le dichiarate 100.000 bottiglie messe in vendita ogni anno sono un numero ridicolo per i parametri di quelle zone, ma nonostante la relativa esclusività i prezzi sono più che congrui, anzi, a volte capita di rimanere piacevolmente sorpresi.


"Champagne di razza e di terroir: pianta e terreno si ritrovano in tutto e per tutto nel suo vino, grazie alle vecchie vigne, a qualche segreto del vignaiolo e alla tecnologia moderna. Egly-Ouriet produce solo con l'uva dei suoi 11,5 ettari di vigneti, di cui il più importante si trova ad Ambonnay, patria del Pinot Noir, gli altri a Bouzy, a Verzenay e a Vrigny. La qualità inizia su questo terreno particolare, fatto di strati di gesso che riflettono i raggi del sole e rilasciano calore alla pianta nelle ore notturne, permettendo l'assorbimento dell'acqua in eccesso e donando all'uva un gusto particolarmente minerale. Egly-Ouriet è tra i non molti a produrre anche un Blanc de Noirs, champagne di solo Pinot Noir, esaltando così le caratteristiche dell'uva e del terroir di Ambonnay ed è stato tra i primi a produrre un Pinot Meunier in purezza, proveniente dalla sua proprietà di 2 ettari a Vrigny."


In qualche carta di ristorante, può accadere che qualche vecchio Egly Ouriet sia rimasto abbandonato a se stesso a causa della superficialità di un qualche sommelier che non ha saputo o potuto indirizzare la clientela abitudinaria a provare qualche cosa di diverso. Fortunatamente è successo anche a me, ritrovando a distanza di anni le medesime bottiglie che avevo consigliato per l’acquisto, ma che i sommelier non hanno minimamente considerato e la clientela neppure. E qui ritorniamo all’inizio. Chi beve Champagne si affeziona al suo marchio e vuole essere rassicurato dal suo marchio, come un family feeling riuscito, come quelli che se non c’è il coccodrillo quella maglietta non la comprano. No, chi beve Egly Ouriet non può essere una persona così superficiale.

Wine Reporter

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