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Com’è la nuova cucina borghese di Eugenio Boer, chef patron di Bu:R

di:
Alessandra Meldolesi
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Eugenio Boer

Nel suo nuovo Bu:r in centro a Milano, l’olandese volante è finalmente patron. La sua è una nuova cucina borghese che centra l’agio nella contemporaneità e il comfort nel viaggio.

La Storia

Bu:r come la scrittura fonetica del suo gentilizio olandese; ma anche per boer, in patria “contadino”, e per un feticcio culinario: il burro, trait-d’union con Milano. Ci sono voluti sette mesi, affinché Eugenio Boer ripartisse da questa nuova insegna dopo la chiusura repentina di Essenza, dove aveva appena staccato la prima stella Michelin. Sette mesi per vestire i nuovi panni dello chef patron e cucirsi addosso un ristorante su misura. “Ma non ho avvertito discontinuità: chi fa lo chef come dovrebbe, ha già parecchie responsabilità su di sé”.

Chef Eugenio Boer
Nel frattempo, tra quel 30 novembre e lo scorso 9 luglio, c’è stato modo di svolgere il primo stage di una carriera atipica, che si è dipanata fra l’Olanda e la Sicilia, la Liguria e la Toscana, toccando i magisteri di Alberto Rizzo, Gaetano Trovato e Norbert Niederkofler. “E ho scelto il Plaza Athénée di Alain Ducasse, dove ho trovato una cucina francese affatto statica, piuttosto al passo con i tempi. Mi ha colpito la concentrazione dei sapori all’ennesima potenza, con un utilizzo quasi nullo di zucchero e sale. La modernità di piatti fatti al passe, dove un semplice dettaglio può celare un lunghissimo studio. Sembra una patata bollita, invece… Ci tornerei mille volte, anche se non credo mi stia influenzando. Tutto mi tocca e tutto scivola via, perché seguo il mio pensiero. Quello di offrire la massima piacevolezza, cercando di non far mancare il gusto e la semplice complessità nel piatto”.

Il Ristorante

sala ristorante Bur sala ristorante Bur
Il contesto del locale è caldo, dalle linee vintage, fra moquette e boiserie vecchia Milano, scelte insieme all’architetto Mario Abruzzese. “C’è chi vi avverte atmosfere nordeuropee, ma rappresenta semplicemente ciò che sono. Il locale era già stato un ristorante, piuttosto conosciuto tra l’altro; ma ho rifatto anche tutta la cucina, con l’isola centrale e le due linee sui lati”. Per il Fliegende Holländer della cucina italiana, finalmente i bauli scaricati in una casa: quella di Milano città aperta, la base di un viaggio che prosegue. “Perché la contaminazione è il vero leitmotiv dei miei piatti, che sono il frutto di un’identità in divenire. Sono innamorato del mondo e non ho radici salde. Aggiungerei: per fortuna!


Casa anche perché in tavola finisce una nuova cucina borghese, generosa, corroborante e infestata di fantasmi. Per esempio Nino Bergese, citato da un risotto immortale; ma anche le Mères de Lyon e tutta la loro progenie di grands chefs: Eugenio Boer è un giovin borghese, pariniano nella sua petizione se non all’ozio, al massimo agio. Il menu è originale: si possono scegliere 3 o 5 suggestioni delle 6 presenti in carta (attualmente Hommage à Lyon, Il Bosco, Il Viaggio, Selvaggina, Think Green e I Miei Classici, come risotto al salmerino, piccione e cervo crudo) al prezzo di 100 o 130 euro, più 50 o 70 euro per l’abbinamento. Si ricevono così circa 7 o 10 piatti a sorpresa, che intrecciano i temi in sequenze sempre nuove. “Menu sincopati, in crescendo, armonici”, dove i carboidrati si collocano alla fine per ragioni nutrizionali e di piacevolezza, ma anche per una maggiore valorizzazione del pane.


La sala è di gran classe: la dirige Simone Dimitri, ex Bistrot Mandarin e Trussardi alla Scala; mentre in cantina officia Yoel Abarbanel, sommelier di temperamento allievo di Giuseppe Vaccarini, già in forze presso Le Gavroche, Michel Bras e Taillevent. Descrive con un linguaggio tutto suo i vini naturali, che predilige per diversi motivi. “Perché la filiera è corta, e anche perché sono più espressivi, intensi e complessi, meno tarpati, prevedibili e banali. Variano tantissimo da una vendemmia all’altra e anche in bottiglia, cosicché il degustatore è costretto a mettersi in discussione. Inoltre rappresentano per me l’abbinamento ideale della cucina di Eugenio, contraddistinta da forte personalità e gusti decisi, che necessitano di altrettanta pienezza, verticalità e persistenza”. La sua carta conta circa 300 etichette, con Champagne, Borgogna e Mosella in evidenza.

I Piatti


I piatti sono sempre centripeti e ricchi, spesso agrodolci alla moda nordeuropea, improntati alla semplicità compositiva di gusti diretti, senza lambiccature di troppo. Si comincia con gli appetizer, aciduli per stimolare l’appetito: il wafer di barbabietola con ravanello all’aceto di lamponi, la tartelletta di caprino al polline dal gusto cangiante, l’indivia con acciughe e noci. Gli stessi elementi ripresi nella piccola pasticceria, come a chiudere il palindromo: quindi il wafer sempre di barbabietola con ravanello confettato all’aceto di lamponi, la tartelletta con crema pasticciera ai frutti di bosco, l’indivia con cioccolato bianco e noci. Poi, ristoratore, il brodo di pollo e rapa bianca. Per benvenuto un ricordo di Sicilia: l’arancino di polpo con emulsione di aglio e basilico.


È poi il momento della focaccia ai 7 cereali, crasi fra l’icona ligure e la materia fiamminga, in questo caso i grani, dal saraceno all’avena. La palamita riprende invece una ricetta sarda: la burrida, nel filone del Viaggio. “Perché sono affascinato dalle tecniche tradizionali di conservazione”. La preparazione tuttavia è espressa, con il pesce scottato tipo tataki e glassato di un’emulsione delle sue interiora con noci e aceto, salsa più fine, precisa e smussata del passato; più il succo di prezzemolo per la freschezza. Yoel abbina un Sancerre Les Quarterons Sébastien Riffault, perché – dice – la sua traiettoria imita il piatto, con una partenza ricca e un’evoluzione nel senso dell’acidità e della mineralità.

Palamita



Arriva poi dal Bosco il cardoncello con crema di verdure di stagione, crumble di porcini e giardiniera (o meglio “boschiera”) di sedano rapa, zucca e radici sottaceto. Dove Eugenio si diverte a esaltare la carnosità del fungo, attraverso la glassatura con sugo di carne.


Compare a questo punto, non prima come ci si aspetterebbe, il burro salato di Isigny, servito a temperatura ambiente in quenelle con pane da grano tumminia, nel matrimonio fra nord e sud, mediterraneo e Normandia. Dopo il pane portata di Romito, il burro portata di Boer.


Dalla suggestione lionese strisciano quindi le lumache (ma ci sono anche il gratin di maccheroni con animelle e gremolada in stile ossobuco, le quenelle di gamberi di fiume con bisque alla Chartreuse, la poularde de Bresse con salsa bocusiana alle spugnole). Dove i molluschi appena scottate al court-bouillon vengono glassati con una salsa firmata Thomas Keller a base di Porto, acciughe e fondo di vitello; poi inondati di una sorta di vichyssoise che insieme alla lattuga e alle mandorle esalta la terrosità. Nel bicchiere trovano il Costa Toscana Bianco Fabbrica di San Martino, abbinato da Yoel per “il senso di casa e di camino, il calore innato e la forza interiore, grazie al naso in stile whisky, alla leggera affumicatura e ossidazione (voluta), più l’indispensabile acidità per ripulire”.


Ma Boer è un cultore del risotto: in questo caso lo verticalizza con la salsa di bagna cauda, stile Colagreco, alla base, una mantecatura alle nocciole frullate e congelate, alla moda di Romito, sopra polveri amaricanti di ortaggi multicolori. Se la vedono con un Campiani 2014, rosso  Cà del Vent dalla sapienza contadina, pulito e balsamico sulle sapidità.


Al predessert composto di sorbetto di limone, arancia, cioccolato modicano al peperoncino, pistacchi, mandorle e capperi fritti, vivida epitome della Sicilia, segue un dolce classico: il Mont Blanc, con il guscio di meringa alla francese farcito di “ganache” di marroni al rum e chantilly al mascarpone, su un coulis di ribes che sbalza la dolcezza. Il rischio stucchevolezza è scongiurato dall’Anforghettabol di Cantina San Biagio Vecchio, albana in anfora dal naso dolce e dal corpo secco e fresco.

Indirizzo

Ristorante Bur, Eugenio Boer

Via Mercalli ang. Via S. F. D’Assisi - 20122 Milano

Tel +39 02 62 06 53 83

Mail info@restaurantboer.com

Il sito web 

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