L'incidente, lungi dall'essere un caso isolato, ha riacceso un dibattito più ampio sulla professionalità e l'etica nel mondo dell'influencer marketing. Quanto vale davvero un post, una storia, un reel? E fino a che punto la "visibilità" può sostituire il denaro o il rispetto per chi gestisce un'attività?
La notizia
Il dibattito è aperto, e come spesso accade, il dito è puntato sui social media. La domanda brucia: è lecito che un influencer pretenda un pasto gratuito in cambio di una manciata di storie e reel? Un recente episodio, divenuto virale, ha riacceso la fiamma di questa controversia, dimostrando che l'opinione pubblica, per la stragrande maggioranza, pende verso un sonoro "no". Tutto ha preso forma grazie a un illuminante post dell'account X @soycamarero, che ha condiviso uno scambio di messaggi talmente emblematico da fare il giro del web in un battito di ciglia. L'antefatto? Una proposta audace, quasi sfacciata, giunta sul cellulare di un ristoratore spagnolo (di cui non viene riportato il nome a scopo di privacy): "Un giorno possiamo venire a pranzo o a cena in famiglia e, in cambio, realizzerò storie e reel così i miei follower potranno conoscerti. Che ne pensi?". Una “collaborazione” unilaterale, si direbbe. La risposta del ristoratore, piena di ironia e pragmatismo, ha disarmato l'interlocutore e conquistato la rete: "Quindi, devo comunicarle i prezzi del menù?" Un quesito diretto, quasi ingenuo, che ha lasciato l'aspirante influencer spiazzato, portandolo a un laconico "Perché?". Lungi dall'afferrare il velato messaggio, il “comunicatore digitale” ha rincarato la dose, con la pedanteria di chi spiega l'ovvio: "Saremo venuti a pranzo o a cena (gratuitamente) e in cambio avremmo fatto pubblicità per te (gratuitamente), ecco perché si chiama collaborazione". Un’interpretazione del baratto che attira polemiche sul web.

Il post ha generato un vero e proprio uragano digitale, accumulando migliaia di "Mi piace" e una miriade di commenti. La stragrande maggioranza degli utenti ha espresso il proprio plauso per la risposta tagliente del ristoratore, riversando critiche feroci sulle pretese di gratuità in cambio di una visibilità spesso discutibile. "Vorrei davvero capire chi è questo influencer che crede di avere diritto a cibo gratis (e non solo per sé, ma per tutta la famiglia!) solo perché ha dei follower...", ha commentato un utente, riassumendo il sentire comune di chi vede nel "piatto social" un'offesa al lavoro e all'impegno. Non sono mancate, seppur in netta minoranza, voci più accomodanti, che hanno suggerito come in casi specifici – ovvero con influencer di altissimo calibro- l'investimento di un pranzo offerto potrebbe tradursi in un ritorno pubblicitario notevole. Tuttavia, il coro generale ha ribadito un concetto chiave: la richiesta di benefit, specialmente se avanzata con tale sfrontatezza e da profili con un seguito limitato, risulta non solo fuori luogo, ma anche un sintomo di una profonda incomprensione del valore del lavoro altrui.

L'incidente, lungi dall'essere un caso isolato, ha riacceso un dibattito più ampio sulla professionalità e l'etica nel mondo dell'influencer marketing. Quanto vale davvero un post, una storia, un reel? E fino a che punto la "visibilità" può sostituire il denaro o il rispetto per chi gestisce un'attività? La vicenda del “piatto social” ha messo in luce una crescente esasperazione tra i commercianti, stanchi di richieste che, sempre più spesso, si travestono da "collaborazioni" ma hanno il sapore amaro della pretesa.