Prodotti

MADE, Malga and Alm Desired Experience: come le malghe incontrano l’alta cucina.

di:
Marco Colognese
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Da Ana Roš ad Antonia Klugmann a Fabrizia Meroi, ad Alessio Devidè: grandi chef per il territorio

Il Prodotto

Si chiama MADE


ed è un acronimo che sa e saprà far parlare di sé. Innanzitutto, perché dietro Malga and Alm Desired Experience c’è un progetto serio, ben ponderato e finanziato dal programma di cooperazione transfrontaliera Interreg che coinvolge Italia e Austria per mezzo di tre enti importanti come il Consorzio di Promozione Turistica del Tarvisiano, il comune di Hermagor-Pressegger See ed Ersa, l’agenzia per lo sviluppo rurale. Nella sua realizzazione vengono coinvolte una cinquantina di malghe dei due paesi, selezionate nell’ottica di un’offerta turistica davvero integrata e sostenibile che guarda ad ambiente naturale e biodiversità come concetti cardine legati a un patrimonio inestimabile fatto di natura, cultura e paesaggi. Il filo rosso indispensabile per connettere in modo efficiente la rete passa tanto attraverso attività come trekking, cicloturismo e benessere quanto a una valorizzazione delle produzioni casearie di alta qualità e di un’offerta enogastronomica originale.

panorama

pascolo

Di grande interesse il tema della formazione che ha coinvolto tra gli altri cuoche e cuochi del calibro di Antonia Klugmann, Fabrizia Meroi, Ana Roš, Emanuele Scarello e Alessio Devidè e abbiamo avuto modo di testare con mano (e palato) prima nel corso di una serata ai piedi del Monte Canin, al Rifugio Celso Gilberti e poi a Malga Montasio, nota per essere un luogo gourmet d’altura. In che cosa consiste quest’attività, strategica al progetto? Paolo Vizzari, partner dell’iniziativa, spiega “si tratta di una formazione reciproca, non è solo la malga infatti a dover apprendere dai grandi chef o dai grandi affinatori, perché anche loro hanno da imparare dai ritmi e dalla conoscenza della vita che si fa lassù, di chi la malga la abita davvero.

insegna

esterni

È vero che qui si ha il diritto di badare più alla sostanza che alla forma o qualche idea evolutiva: MADE si propone però di smuovere queste acque, con un lavoro che si può fare senza distruggere i valori della malga, semplicemente facendoli camminare nel tempo.” E poi cita una frase di Antonia Klugmann: “è vero, bisogna preservare le tradizioni, anzi bisogna cercare di farle valere sempre di più, ma non possiamo pensare di far arrivare ai nostri nipoti tutte le tecniche o tutto ciò che è stato scritto dai nostri nonni. Perché in effetti nel preservare un valore e non stravolgere quella che è la dignità e il senso di un luogo come la malga si può comunque attivare un meccanismo che consiste nel porsi delle domande.

tagliere

Serve chiedersi quindi come si può fare in modo contemporaneo o semplicemente più al passo con i tempi quello che già si faceva. Questo non vuol dire, appunto, andare a buttare via tutto ciò che era stato realizzato prima.” Così, grazie a MADE e all’intervento di questi grandi nomi della cucina in Friuli Venezia Giulia sarà possibile trovare nei piatti di malghe e rifugi qualcosa di differente, non per forza espressione di complessità ma di sicuro qualitativamente superiore alla media. Da non perdere a questo punto l’evento pilota dedicato a MADE che avrà luogo in occasione di Ein Prosit 2018 a Tarvisio e Malborghetto dal 18 al 21 di ottobre, con un’area a ingresso gratuito tutta dedicata alle malghe e alle loro produzione, incontri tematici e show cooking.

piatto

piatto montasio

Abbiamo avuto l’occasione di assaggiare un paio di suggestioni formative dalla mano di Emanuele Scarello de Agli Amici di Godia, il quale ha spiegato nel corso del suo intervento quanto due contesti come alta cucina e cibo in malga, in apparenza totalmente distanti, possono essere molto più prossimi di quel che appare. Introducendo l’esecuzione del suo piatto a base di Montasio Dop. “Una volta si parlava di vino bianco e vino nero, ora invece si parla di vitigni e territori. Anche per il latte vale la stessa cosa, perché anche questo prodotto si può ottenere da animali che vivono in pianura e collina. E poi c’è l’alpeggio. Da lì partiamo, da un formaggio che ha biodiversità incredibili, unico, che trasmette al palato sensazioni sempre diverse, perché la qualità non potrà mai essere standardizzata.

piatto

Possiamo standardizzare un processo, ma il latte è il risultato di quello che mangia la mucca. Così siamo in grado di fare grande cucina soltanto se abbiamo grandi prodotti. E qui con il Montasio hai sensazioni importanti anche dal prodotto più fresco: mi è capitato di recente di fare venti assaggi e di capire quante siano le sfumature, la differenza tra un pascolo e l’altro.” Che cosa si è inventato quindi Emanuele Scarello? “Ho scelto un Montasio con 3 mesi di stagionatura, l’ho tagliato sottile e lavorato tra due fogli di carta da forno, ammorbidito per qualche secondo in microonde per poi trasformarlo in una sfoglia sottile e ottenere un raviolo di formaggio. Ho poi ottenuto un olio aromatizzato con pigne e rosmarino bruciate, con lo stesso effetto della goccia di grasso che cade sulla brace, utilizzandolo per insaporire un ripieno di purea di patate (di Godia, va da sé). E poi che cos’è che ci permette di mantenere la biodiversità? Sono le api, così ho utilizzato il loro miele per creare una zuppa tiepida con il burro di malga e dare la parte dolce. “Sul burro di malga Emanuele ha un’opinione precisa:” ha sempre una punta delicata che sfuma quasi sull’acido, ho capito che ha sfaccettature diverse perché è vivo!”. In effetti si tratta di un burro ben differente da quello che troviamo abitualmente. Deriva dalla panna di affioramento della mungitura della sera il cui latte viene scremato per poi essere aggiunto a quello intero della mattina per fare il formaggio. Durante la notte il grasso arriva in superficie e forma un velo di panna: raccolto crudo, viene posto nella zangola dove per scuotimento viene separata la parte grassa da quella acquosa, così si forma il burro il cui colore è giallo intenso a causa dei carotenoidi assimilati dalle bovine con l’alimentazione al pascolo, la consistenza è particolarmente cremosa. Dovremmo quindi sempre diffidare da chi ci propone come burro di malga un prodotto di colore pallido.

produzione dettagli

Malga Montasio è il luogo in cui l’omonimo formaggio, appartenente alla grande categoria dei formaggi alpini, è nato. Il nome arriva dal gruppo Jof di Montasio, massiccio montuoso dell’Alto Friuli tra le valli di Resia e il Canale del Ferro. Esistono testimonianze che datano al 1200, quando i monaci dell’abbazia di Moggio Udinese, proprietari all’epoca dell’intero territorio delle malghe, ne affinarono le tecniche di produzione. In un prezziario della città di San Daniele del 1775 si trovano insieme Montasio e Prosciutto di San Daniele: da allora questo formaggio sarà presente nei documenti mercantili del nord est dell’Italia. È un prodotto a latte crudo e per realizzarlo vengono utilizzate tecniche “morbide” per non causare alterazioni particolari alla flora microbica e batterica originale. Per la fermentazione viene usato un innesto a bassa acidità allo scopo di favorire la moltiplicazione dei fermenti naturali, propri della zona di produzione, delle razze bovine e dei fieni con cui le stesse si nutrono.

produzione

Si lavora utilizzando due mungiture, sera e mattina, scremando la prima. Il latte viene messo in caldaie generalmente di rame e quindi viene addizionato del “lattoinnesto”. Portato a una temperatura di 32/34°C, si aggiunge un caglio ottenuto da stomaci essiccati di vitelli che non abbiano succhiato altro che colostro. Dopo 20/25 minuti durante i quali avviene la coagulazione, si procede al taglio della massa con uno strumento, la lira, che prende nome e forma dall’antico strumento musicale. Si passa quindi al successivo riscaldamento fino a 44/46°C e rimestando poi fuori dal fuoco alla fase di spinatura, fondamentale per il rassodamento e l’espulsione del siero dal chicco di cagliata. Trascorsi tra i 20 e i 30 minuti, le forme si estraggono utilizzando tele di lino. A questo punto le forme vengono poste nelle fascere che riportano il marchio di origine, la data di produzione e il nome della latteria e poi vengono pressate per fare in modo che il siero sgrondi. Passato un giorno il formaggio viene messo in salamoia per circa altre 48 ore e tolto da quest’ultima subisce una salatura a secco prima di iniziare a stagionare.

montasio

La stagionatura minima è di due mesi e fino a 120 giorni il formaggio è considerato fresco: a pasta color giallo paglierino con occhiatura a occhio di pernice, è delicato e morbido e il sapore riporta al latte da cui proviene con una lieve nota di nocciola, con crosta liscia, elastica e compatta. Dai cinque ai 10 mesi prende il nome di mezzano o semistagionato, la pasta si asciuga e si carica di sapore più pieno e la crosta diventa più secca. Da vecchio e stagionato gli aromi crescono insieme a una piccantezza che da leggera si fa più accentuata, con la presenza di granuli di tirosina; le forme più mature danno anche un ottimo formaggio da grattugiare.

Arrivederci a Ein Prosit!

Fotografie di Daniele Mari

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