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Peck, a Milano c’è una gastronomia del 1883 che fa gelato 2.0: meno zuccheri e più anima

di:
Elisa Erriu
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Il gelato secondo Peck: meno zuccheri, più anima. A Milano la novità si gusta sul cono e parte da un’insegna storica che non smette di reinventarsi.

Chi ha detto che il gelato è solo un vezzo estivo, un peccato di gola buono per un pomeriggio d’agosto? A Milano anche la crema fredda prende la forma dell’alta gastronomia. Succede da Peck, storico tempio del gusto, dove il gelato diventa racconto, esperimento e cultura. A orchestrare questa dolce rivoluzione è Alessandro Masia, consulente pasticciere e gelatiere, che non si limita a mescolare ingredienti, ma li studia, li scolpisce e li lascia parlare.

La filosofia

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Masia ha un’idea chiara e affilata: meno dolcezza artificiale, più verità nel gusto. Non è un inno alla dieta, ma alla purezza. Per questo, nella sua visione, il gelato di Peck non ha bisogno di maschere zuccherine. La dolcezza si affina, scende da un POD di 180 a 160, per lasciare spazio a quello che davvero conta: la materia prima. “La sfida non è addolcire – spiega – ma esaltare”. Ecco allora che nei sorbetti la frutta, regina indiscussa, non fa da comparsa: arriva al 70%, per esplodere in bocca con una presenza che non ha bisogno di introduzioni. Questa filosofia si traduce in gusti che parlano la lingua di Milano, ma con accenti contemporanei.

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L’abbraccio tra panettone e mascarpone, ad esempio, diventa gelato, e non è solo un omaggio nostalgico alle tavole natalizie. È piuttosto un'operazione di riscrittura, un modo per sottrarre questi simboli alla stagionalità e restituirli al piacere quotidiano. “Utilizziamo il vero panettone – racconta Masia – non un aroma, ma l’impasto originale, per dare sostanza e identità al gusto”. È una reinterpretazione affettuosa e rispettosa, che valorizza l'icona milanese senza snaturarla. Ma la tradizione, qui, non è una gabbia: è trampolino. Così accanto ai gusti storici, si aprono spiragli verso nuove frontiere.

Il gelato innovativo di Peck

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Il cioccolato, ad esempio, viene scomposto e ricomposto con metodo. Fondente su base acqua, per chi cerca intensità e leggerezza insieme, oppure al latte, più morbido e familiare. E poi arriva lui, il “ruffiano”, come lo chiama Masia con un sorriso: cioccolato caramello, un gusto pensato per conquistare al primo assaggio, senza passare dal via. Nel laboratorio di Peck si lavora con la precisione di un alchimista e la sensibilità di un artigiano. Ogni ingrediente viene scelto con cura quasi ossessiva: latte, uova, frutta e panettone sono tutti selezionati secondo standard altissimi.

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Anche la tecnica è fondamentale. L’aria, ad esempio, viene dosata come una spezia invisibile, indispensabile per dare cremosità senza sacrificare la struttura. Le fibre, quelle della frutta secca o della polpa, diventano alleate nella costruzione di una texture piena ma naturale. Il risultato? Un gelato compatto, vellutato, che scioglie in bocca solo quello che serve. Dietro questa apparente semplicità si cela però una complessa intelaiatura scientifica. Il gelato, oggi, è anche fisica e chimica. Non si improvvisa. “C’è stata una vera evoluzione – sottolinea Masia – oggi non basta saper fare, bisogna capire cosa accade nella miscela”. Lo dimostra anche l’ambiziosa incursione nel mondo dei gelati alcolici.

Gelato alcolico? Si può!

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Qui entra in gioco la “cottura” dell’alcool, tecnica indispensabile per evitare che destabilizzi la struttura del prodotto. Un dosaggio attento – tra il 2,5 e il 3% nei gelati, fino al 6% nei sorbetti – permette di mantenere la consistenza perfetta e un gusto equilibrato. Ispirati alla mixology milanese, e pensati per intercettare anche il momento dell’aperitivo, questi gusti alcolici sono un invito alla sperimentazione. Rossini, Bellini, Campari con pompelmo rosa: cocktail che diventano gelato, mantenendo il brio del bicchiere e la morbidezza del cono. È un modo elegante per ampliare la fascia oraria del consumo, spezzando le convenzioni della classica merenda.

I sorbetti e le loro peculiarità

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La distinzione tra gelati e sorbetti non è solo semantica: è una questione di struttura. Nei sorbetti Peck, la frutta è protagonista assoluta, e non solo per il gusto. La sua funzione anticongelante permette di ridurre zuccheri e acqua, dando vita a una consistenza più densa e soddisfacente. Nel gelato, invece, è il lattosio ad aiutare a contenere lo zucchero, sfruttando la sua dolcezza più delicata e il suo ruolo tecnico.

I gusti di Peck

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La proposta rimane contenuta: 12 gusti, per ora, con la possibilità di arrivare a 24 grazie all’uso delle carapine, scelta che privilegia eleganza e qualità. Non si punta sulla quantità, ma sulla selezione. E il pubblico sembra premiare questa scelta: la richiesta è in crescita, e il feedback è parte attiva del processo creativo. Il gelato, da Peck, è più di una coccola: è l’espressione di una nuova idea di artigianalità, dove la tecnica incontra la memoria e la curiosità si fa gusto. È un racconto milanese fatto cucchiaio dopo cucchiaio, che non teme di guardare al futuro ma non dimentica mai da dove viene. Con meno zucchero, ma più sapore.

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