“Di oli ne esistono tantissimi tipi diversi: è importante riconoscere le varietà di olive con cui vengono prodotti. Perché non dare loro la stessa importanza delle tipologie d'uva?". La battaglia di Juan Vargas, chef e produttore consapevole, che vende il suo olio ad oltre 40 euro al litro.
Foto di copertina: @Lusa
Il prodotto
Juan Vargas non è uno chef qualsiasi. Dietro l’aria spigolosa da corsaro mediterraneo, la barba da marinaio e un naso che racconta storie più del suo accento andaluso, si cela un uomo che ha scelto la cucina come vocazione, e non come mestiere. Dalla costa almeriense ai banconi del ristorante Muka, nel cuore pulsante di San Sebastián, il suo cammino non è stato lineare: ha abbandonato l’università a Granada per approdare alla scuola Hoffman di Barcellona, ha sgomitato tra i dolci della Pastisseria Baixas quando i soldi non bastavano, ha rifiutato Parigi per l’umiltà contadina di Laguiole, dove lavorare con Michel Bras significava svegliarsi all’alba per scegliere le verdure una ad una. Ora è lui che lo fa, tra il mercato di San Martín e quello di San Juan de Luz, pescando ortaggi come fossero pepite rare.
Ma cucinare non è l’unica forma d’arte che Juan pratica. Accanto al Muka, sorge un progetto parallelo che ha la forza di un atto d’amore e la determinazione di una dichiarazione di guerra contro l’omologazione: si chiama SOLO Aceite, ed è molto più di un marchio di olio extravergine d’oliva, come racconta lo stesso Juan a 7Canibales. È un manifesto, un diario di famiglia imbottigliato, un tributo alla memoria del nonno Juan Antonio, scomparso all’improvviso, e all’uliveto di Baños de la Encina che ne ha raccolto l’eredità come fosse un testamento vegetale. Insieme alla sorella Ana, Juan ha creato un olio che è un inno: intenso, elegante, con una nota amara che accarezza il palato come fanno certe verità taciute, e che si sposa con il pane come solo i grandi amori sanno fare.
Vargas non si è fermato lì. Ha studiato, approfondito, preso un master in olivicoltura. Ha affinato il palato come si affila una lama, e ha dato vita a una collezione di oli che portano nomi evocativi come SOLO Picual, fresco e oleoso come un risveglio di primavera, o il Fugaz, non filtrato, vibrante di un verde che è insieme basco e andaluso (entrambi 21,50 euro per una bottiglietta da 500 ml),. Ma soprattutto, ha scelto di mettere in luce chi sta dietro ogni bottiglia, dando voce e volto a una rete di agricoltori resistenti che recuperano varietà dimenticate, salvano ulivi secolari e restituiscono dignità a un mestiere spesso relegato al silenzio.
Così è nato SOLO Arroniz, grazie all’incontro con Mikel Izaguirre e la sua famiglia a Lantziego, custodi della varietà del nord; o SOLO Arbequina, frutto del lavoro di José Antonio García tra i rilievi galiziani. Ogni olio è un piccolo racconto geologico e umano, che unisce l’Empeltre alla Brava, la Mansa al Frantoio, in una mappa sentimentale fatta di appezzamenti, sudore e bellezza rurale. Alcuni conferiscono le olive, altri l’olio già spremuto. Ma tutti condividono una visione: la difesa di una coltivazione tradizionale e sostenibile, spesso meno redditizia di quella intensiva, ma infinitamente più ricca in termini di sapore, identità e futuro. “Voglio aggiungere valore a ciò che è già speciale” dice Juan, e non si tratta solo di parole. Attraverso SOLO, dà visibilità ai produttori, permette ai loro nomi di uscire dall’anonimato, e al consumatore di riconoscere ciò che ha nel piatto. Perché dietro ogni bottiglia c’è una storia. Come quella dell’ingegnere agronomo Ivan Caelles, che nella valle della Barcedana accudisce ulivi abbandonati, o dei fratelli Jiménez, che trasformano la varietà toscana Frantoio in un inno profumato alla Loma di Jaén.
Eppure, paradossalmente, in un Paese che è il maggior produttore mondiale di olio d’oliva, pochi ne conoscono davvero la varietà. “In Spagna abbiamo più di 220 cultivar”, racconta Vargas, “ma se ne citano sempre e solo due!”. Secondo lui, ogni cucina dovrebbe avere almeno quattro o cinque oli diversi, ciascuno con la propria voce, la propria tonalità, adatta a ogni piatto come un buon vino accompagna la carne o il formaggio. Ma mentre tutti sanno cos’è una Malvasia o un Tempranillo, ben pochi distinguono una Picual da una Cornicabra. Nel suo Muka, Juan non si limita a versare l’olio: lo usa come se fosse una salsa, una firma liquida che sigilla ogni creazione. E non ha paura di osare: il suo Picual finisce nello yogurt naturale, accanto a fichi alla menta, o abbraccia il pompelmo aromatizzato ai fiori di sambuco. Collaborazioni inattese — con Rooftop Smokehouse, con Hola Coffee o con il ristorante Berbena — lo dimostrano: SOLO è ovunque si respiri una cultura gastronomica libera e coraggiosa.
Tutte le bottiglie sono da mezzo litro, e il prezzo si aggira attorno ai 21, 50 euro, come anticipato. Una cifra che, secondo Vargas, riflette non solo la qualità del prodotto, ma anche il rispetto per la filiera, per ogni anello umano che parte dalla terra e arriva fino alla tavola. “Il prezzo deve essere abbastanza alto da garantire una vita dignitosa a chi coltiva”, afferma con decisione, “ma la sua giustezza dipende da come si gestisce l’intero ciclo produttivo”; e ancora: "Di oli ne esistono tantissimi tipi diversi: è importante riconoscere le varietà di olive con cui vengono prodotti. Perché non dare loro la stessa importanza delle tipologie d'uva?" . Intanto, lo zio José Luis, ormai prossimo alla pensione, continua a curare l’uliveto di famiglia. Ma Juan guarda già avanti: l’obiettivo è la varietà lechín dell’Alpujarra, e nuove collaborazioni sono in vista. A dimostrazione che questa non è una moda, ma un percorso. Un modo per dire che l’olio non è solo un condimento, ma un atto culturale, una scelta, una storia. In fondo, come dice lui stesso: “Meno croissant e più olio sul pane”. E non c’è bisogno di aggiungere altro.
