Uno dei prodotti più pregiati del mondo in uno dei migliori ristoranti italiani: la verticale di tartufo dei fratelli Cerea ci ha regalato grandi emozioni. Qui i piatti assaggiati!
La prima verticale di tartufi al mondo va in scena Da Vittorio
L'evento
Un solo mese all’anno per scovarli tutti insieme - dicembre – e il miglior posto al mondo dove celebrarli. La modalità epica scatta in automatico solo a sentirne i nomi: Macrosporum, Uncinato, Melanosporum, Bianco Pregiato, Brumale. Non sono i draghi di Harry Potter, non abitanti del metaverso, ma i fantastici cinque tartufi che abbiamo potuto assaggiare durante la puntata zero di una memorabile cena in una delle sale del Ristorante Da Vittorio.
Dal più superficiale al più ipogeo, questi tartufi sono stati sublimati dai piatti della brigata Cerea, lungo un menù che ha anticipato il Natale, che è riuscito a creare una nuova attesa. Credo serva un calendario dell’avvento parallelo, attraverso cui, casellina dopo casellina, aspettare questa festività tuberalizia.
L’idea nasce dall’intesa tra Luigi Dattilo e Chicco Cerea. Il primo è l’uomo che sussurra ai tartufi da quando è un ragazzino, il secondo è il cuoco che li esalta, riuscendo a farli sussurrare, parlare e cantare una volta colti.
Luigi ha fondato e dirige Appennino Food, realtà che oggi conta 60 dipendenti e che nasce nel 1994 per la selezione di funghi e tartufi. Non occorre fare il resoconto dell’azienda di successo, di come la tecnologia sia stata integrata ad un’antica tradizione. Ascoltare Luigi basta e avanza. Per una volta una cena che si mette a bilancio per il blasone del ristorante e per la qualità del cibo, sarà ricordata anche per i racconti, le risate e il fascino di persone che riescono a generare stupore e conoscenza.
Chicco e Luigi in qualche modo si somigliano. Non hanno mai vivacchiato, non si sono mai accontentati di una strada già indirizzata: hanno voluto dare il loro nome ad una svolta, proprio sulla strada maestra. Chicco parla di suo padre Vittorio, del suo amore per la materia prima, per l’attenzione al prodotto. Di che cosa arrivasse a fare per assicurarsi le scelte migliori da cucinare per i suoi clienti. Come quella volta in cui “rapì” una guardia giurata per farsi portare in Valtellina - Vittorio ha preso la patente a 40 anni - perché erano spuntati i primi funghi. Oppure di quando forarono mentre tornavano dalla Liguria. Peccato che il ruotino di scorta era sotto una decina di casse di polistirolo colme di pesce sotto ghiaccio. Vittorio infatti, piuttosto che stare in spiaggia, preferiva andarsene in giro per mercati e pescatori.
Anche Luigi parla di suo padre e di quel “sei scemo” che si prese a 18 anni. Di fronte al padre ben disposto a comprargli un’auto, gli disse di preferire un cane da tartufo. Il cane arrivò e costò sei milioni e mezzo di lire, quanto un’auto, e fu chiamato Geo. I suoi coetanei lo prendevano in giro, chiedendogli “E le ragazze, le porti in giro in groppa al cane?”. Quando Luigi trovò il suo primo bianco, corse più veloce del cane per dirlo a suo padre. Lo trovò a conversare con un amico. Quando il figlio glielo mostrò, con una soddisfazione proporzionale al fiatone, il padre gli disse “Bene, lo regaliamo a Giuseppe”. Immagino il sorriso di Giuseppe, mentre Luca sprofonda nel terreno a quota tartufo.
I piatti
Intanto i piatti di Chicco Cerea fanno il loro ingresso. I ragazzi di sala, un lato del tavolo alla volta, si posizionano alle spalle degli ospiti e poi, in sincrono, appoggiano i piatti davanti a loro. La Tartare di Fassona con salsa Beaufort e Marsala abbinata al Tartufo Macrosporum grattugiato alla microplane è un disco che suona un soave riarrangiamento. Avete presente quando la cover è meglio del pezzo originale? Ecco, qui la solita tartare parla una lingua nuova, grazie alla lipidine del beaufort che incontra le microscaglie del nero liscio.
“Il tartufo è il supradyn della pianta”. Per parlarci della relazione simbiotica tra tartufo e alberi, Luigi usa questa metafora, svelando che i tartufi nascono quando la pianta vive un momento di sofferenza, di down. Il tartufo cede sali minerali alla pianta e in cambio si prende gli zuccheri. “Quando cercate i tartufi non li troverete mai sotto una bellissima quercia secolare, piuttosto sotto piante giovani, un po’ storte. Quando feci la tartufaia, dopo cinque anni trovai il primo tartufo bianco sotto il nocciolo più brutto di tutta la piantagione”. La sofferenza della pianta per farci provare un senso di benessere a tavola. Una contraddizione della natura di cui bearsi.
Un’altra piccola contraddizione ci si palesa davanti: Nasello con crema inglese alla nocciola e ricotta in salvietta. Il pesce dei bambini nobilitato dal Tartufo Aestivum var. Uncinato, dall’intenso profumo di nocciola in continuità con il piatto. Pesce e tartufo? Eh già. “Quest’anno è stato particolare. Voi non ci fate caso ma io sì...quest’estate non passavano per l’erba secca lungo i cigli delle strade. Le piante hanno continuato a vegetare a lungo, non hanno quasi sentito l’autunno. E infatti quest’anno ci sono pochi tartufi, in tutto il mondo. Ormai da 30 anni osservo una ciclicità, in cui la stagione rallenta. Nel 2001 pensate, sono andato a raccogliere i funghi in Finlandia. 2011 uguale, 2021 stesso fenomeno. Facile parlare di global warming”.
La scienza arriva sempre dopo l’esperienza. Parlando con Luigi aumenta la mia certezza di questo assunto, senza pretese assolutistiche, sia chiaro. Quando gli chiedo della biodinamica si apre un altro vasetto di pandora. Luigi mi dice questa metodologia agricola è quello che la natura fa da secoli. Tornare a un’età pre-chimica, è così sbagliato, è così poco progressista? Il premio Nobel Giorgio Parisi, applausi solo applausi, forse poteva risparmiarsi di definirla “pratica stregonesca” durante la sua Lectio Magistralis alla Sapienza di Roma. Ci saranno generazioni di agricoltori che dall’aldilà o meglio da sottoterra lo avranno mandato a quel paese o magari a raccogliere le unghie degli animali al loro posto. Proprio così, prima della biodinamica, prima del cornoletame, gli agricoltori raccoglievano o conservavano le unghie degli animali per dare nutrimento ai loro terreni. La chimica organica è sempre chimica, no?
Per farmi perdonare della digressione arriva il piatto che ci ha fatto cappottare. Anticipato da un croissant salato, la colazione serale dei Cerea è quella a cui abbonarsi per la vita, senza il link “disdici quando vuoi”. Il Cappuccino con funghi e spuma di patate, sulla cui schiuma sonnecchia il Tartufo Melanosporum è un abbraccio di dolce e amaro. Di terra e cielo. Il melanosporum “corregge” leggermente con note tostate e di brandy.
La doppietta di primi glorifica il più pregiato, quel bianco che è leggenda, brand, oggetto di dispute e che Alba sembra che l’abbia solo lei. Sull’appennino cresce in ogni caso, infischiandosene delle aste e delle esclusive. I Tagliolini all’uovo si sciolgono in bocca, qualcuno riesce a fare il bis - io no mannaggia. La Crespella viene servita aperta. Noi, come umarell di fronte ai cantieri, osserviamo i passaggi prima dell’assaggio: passa Chicco con la fonduta, passa un ragazzo di brigata che fa la grattata - copiosa - conclude il responsabile di sala facendo due pieghe al disco d’oro. Chicco ha detto “mi raccomando in due morsi” e noi obbedienti e con le mani, i due morsi abbiamo dato, chiudendo gli occhi e spalancando il palato.
Mentre leggo la prefazione di Juan Roca al libro Da Vittorio, Storie e ricette della famiglia Cerea, sorrido alle incredibili analogie delle due famiglie e annuisco quando il grande chef spagnolo scrive “In cucina avete creato un equilibrio perfetto tra tradizione e modernità, con una ricerca di prodotti straordinari provenienti da un territorio priviligiato…”. Potrei dire che mi ha tolto le parole di bocca. Il tartufo è uno di quei prodotti straordinari. Per conservarlo Appennino Food ha fornito al ristorante una teca speciale, progettata da Luigi e dal suo staff, che alimenta i tuberi ricreando l’umidità perfetta. Oltre alla teca, c’è lo scrigno ereditato dal padre Vittorio. Un forziere che quando è stato aperto, tutti a fare ohhhh.
Il libro che celebra i 50 anni della famiglia Cerea alla guida di Da Vittorio, l’ho ricevuto quella sera stessa come premio alla sfida che lo chef ha lanciato a tutto il tavolo, mentre serviva il Truffle Burger, fatto con hamburger ripieno di robiola di Roccaverano, porri, salsa all’aglio nero e un carosello di tutti i tartufi assaggiati fino a quel momento. Bisognava indovinare i due ingredienti più difficili. Io e un altro ospite ne abbiamo indovinato uno a testa. La generosità di Chicco Cerea ha fatto il resto.
In fondo, e che tristezza che la fine sia arrivata, un Bianco Latte con tartufo Brumale var. Moscato. Dovevate sentire che profumo di lavanda, di muschio, di bosco alle prime ore della mattina. Se il latte materno è uno dei sapori catalogati come umami, questo connubio riusciva a rievocarlo. Yogurt, meringhe e tartufo davano vita a qualcosa di candido e primordiale.
Non sono poi mancate le specialità della casa. Una batteria di cannoncini riempiti al momento in cui trincerarsi, e alberi di natale fatti di zucchero filato da cui spuntavano cioccolatini che ti chiamavano per nome. Luigi Dattilo ha confermato che il prossimo 2 dicembre la cena verrà replicata e che quel giorno sarà ufficialmente il #truffleday, come dall’idea emersa durante la serata, che in coro tutti abbiamo suffragato con impeto quasi vichingo.
Una cena di questa caratura riequilibra l’attenzione su tutte e cinque le varietà commestibili, sulle cento censite finora, scardinando il pensiero che il tartufo ci sia solo da ottobre a dicembre, periodo del tartufo bianco. “Il tartufo c’è tutto l’anno e tutto l’anno può regalarci un’intensa emozione cerebrale”, per usare le parole dell’uomo che più di ogni altro lo venera e lo rispetta.
Sito Web Appennino Food
Indirizzo
Ristorante Da Vittorio
Via Cantalupa 17 – 24060 Brusaporto (BG)
Tel.+39 035 681024
Mail: info@davittorio.com
Sito web