“Cosa porto” è la domanda che ci facciamo quando riceviamo un invito a cena o una festa. Subito cerchiamo di individuare un regalo, un segno che esprima la nostra gratitudine. Il ruolo di selezionatore e di suggeritore, di advisor per le occasioni speciali è ciò che differenzia Cosaporto dalle altre piattaforme che fanno delivery.
Cosaporto, dall'idea al progetto
Avevamo già parlato dello startupper seriale Marco Magnocavallo, fondatore di Tannico, venduto un paio d’anni fa alla cordata Campari-Moet Hennessy. Oggi invece tocca allo startupper tardivo Stefano Manili, fondatore di Cosaporto, la piattaforma in cui trovare e ordinare i regali migliori per le occasioni speciali. Siamo sempre nell’ambito della foodtech, in questo caso di un’azienda che non produce alcun bene alimentare, ma che questi beni li seleziona e li recapita a casa delle persone attraverso un sistema tecnologico d’avanguardia che gestisce tutti i processi. A dirla tutta, su Cosaporto si possono ordinare anche fiori e oggetti lifestyle. Il food tuttavia è la categoria che la fa da padrone.
Stefano Manili si è svegliato tardi. Gli ci sono voluti parecchi anni di consulenza in Accenture prima di capire che poteva lanciare qualcosa di suo. Questo ritardo in realtà si è rivelato un fattore molto positivo. “Io e i miei soci siamo fissati sui processi e sulla tecnologia. Questo ci deriva da quasi quindici anni di lavoro nelle società di consulenza. Avevamo progettato e costruito una macchina di processi e una piattaforma tech che è riuscita a gestire la “botta” di ordini arrivati durante il covid. Fin dall’inizio l’avevamo pensata un po’ in grande e questo ci ha consentito di reggere l’urto”.
Il covid per una start-up è stato peggio di un virus, ti fa alzare talmente la temperatura che il rischio è quello di esplodere e quindi di bruciarsi totalmente. Cosaporto non è stato esente da scottature e ammaccature, tuttavia ha retto la pazzia di un periodo che molti hanno considerato una svolta epocale per il business, non sempre a ragione. “Avevamo appena due anni. Non ci abbiamo capito più niente e (il covid) ha interrotto la fase di comprensione, misurazione e di test del nostro business. In un mese abbiamo fatto per cinquanta, rispetto al mese precedente. Da impazzire. Il rischio di dare un servizio inaccettabile era dietro l’angolo. Non capivamo quanto costava il marketing, quanto ci costava la consegna.
Durante il covid i clienti non volevano Cosaporto, volevano una delivery per le prime necessità. Esselunga consegnava in una settimana e quindi arrivano da noi per chiedere frutta e pane. Il covid non è servito per fidelizzare, tanto meno ha significato alzare l’asticella dell’utilizzo dei canali digitali per questi servizi, un’illusione che ha coinvolto il mondo dei capitali e dei fondi. Chi si è strutturato per i volumi del covid ha dovuto smontare parecchie cose quando c’è stato un calo repentino dal 2022. E questo gli è costato un bel po’. Non da ultimo, il covid ha portato ad abbassare tantissimo il costo delle consegne e quindi il mercato fuori si è come abituato a pensare che le consegne costassero 1,90 euro, una follia. Come andare al ristorante e pagare un piatto 1 euro, manco il foodcost. Il covid non è stato una manna dal cielo per le delivery company. Sfatiamo questo mito”.
Delivery company è la definizione corretta se si considera quel “porto” presente nel nome. Tuttavia “cosa porto” è la domanda che ci facciamo quando riceviamo un invito a cena o una festa. Subito cerchiamo di individuare un regalo, un segno che esprima la nostra gratitudine. Il ruolo di selezionatore e di suggeritore, di advisor per le occasioni speciali è ciò che differenzia Cosaporto dalle altre piattaforme che fanno delivery.
Vivere di occasioni speciali sembra in contraddizione con l’esigenza di fare volumi. Per una start-up è ancora più rilevante contenere i costi di acquisizione di un cliente e contemporaneamente assicurarsi il lifetime value. In parole povere ciò che l’azienda nei suoi primi anni di vita spende per acquisire e mantenere un cliente è ciò che determina il margine del suo business e la sua sopravvivenza.
“Se mi lasci dire, il costo della delivery è anche un costo “culturale e sociologico”: è la parte che determina successo o fallimento delle società che fanno delivery. Quando si vedono costi di consegna bassissimi quello è solo marketing, perché tutte quelle che fanno delivery non guadagnano sulla consegna, devono ricavare soldi da un’altra parte oppure devono avere così tanti volumi da rendere i costi di consegna bassi. Se hai pochi volumi, i costi di consegna sono più alti. Per avere tanti volumi, devi fare tanto marketing e pertanto il periodo perché quei soldi tornino si allunga. Noi siamo partiti con questa idea: andiamo a prendere un’occasione d’uso che aumenta lo scontrino medio, che non è da venti euro, ma da sessanta in sù. Ed è un regalo, quindi la sensibilità del cliente sul prezzo e sul costo di consegna è più bassa. Ho trovato la cosa giusta per un regalo speciale e quindi lo acquisto senza farmi troppi problemi. Inoltre abbiamo l’esclusiva con l’80% dei nostri partner”.
Il sistema Cosaporto
Cosaporto vive dell’esclusività del marketplace che ha costruito, vive di un posizionamento alto che solo certi brand si possono permettere. Se non hai un brand rinomato, un prodotto di qualità, un bel packaging non puoi essere incluso. “Il 90% delle volte dobbiamo rifuitare le richieste di adesione al nostro portale. Succede quando quel brand non risponde al posizionamento che cerchiamo. Anche in Rinascente non trovi tutti i brand. Il nostro spazio, pur essendo illimitato, deve essere limitato. Se inserisco un panettone di una marca molto industriale, ammazza tutti gli altri e soprattutto li allontana, li fa andare via. Siamo una selezione. Il cliente ci vede come una sorta di loro guida, perché ogni anno, ogni tot mesi lanciamo prodotti o negozi nuovi. Io sono un drogato di guide, mi compro tutte le guide, tipicamente food. E poi faccio le mie sottoguide. Il cliente apprezza il vantaggio di tempo, ci cerca nella fase iniziale, nell’idea. Questo ci permette poi di avere acquisti anche su più città”.
Per i negozi e gli artigiani è un’opportunità unica: Il proprio brand amplificato in una luogo digitale in cui coesistere con brand con un pedigree simile. Per il cliente il vantaggio è esattamente il riflesso di questo, vale a dire la disponibilità di un parco di brand ad alta reputation tra cui scegliere. Se siete curiosi di sapere qual è il prodotto più venduto su Cosaporto è presto detto: la torta. Perché è bella, è sexy e sta bene sui social. Oltre ad essere un prodotto che richiede grande maestria e per questo risulta molto meno replicabile a casa rispetto, ad esempio, ad una pizza di un mastro pizzaiolo.
“Ogni torta è consegnata a mano con un’auto elettrica. Il driver arriva, suona, consegna e chiede, a distanza, di aprire la scatola per verificarne l’integrità. Più di una volta ci è capitato di riprendere la torta e riconsegnarla. La torta non è solo qualcosa che mangi, è il momento topico di una festa, della foto con le candeline. Il costo di questo servizio non è banale, perché per una torta che costa trentacinque/quaranta euro il costo di consegna e circa il 40%. Può sembrare tanto, ma è un momento di education. La torta ti arriva a casa perfettamente integra, con biglietto scritto a mano e le candeline. Magari hai ordinato anche i fiori o una bottiglia di vino e le cose ti arrivano insieme come celebration kit. La torta va bene in ogni occasione, dalla festa della mamma a San Valentino. Mi ricordo la volta in cui una mamma, durante il lockdown, ha scelto di festeggiare il compleanno del figlio ordinando una torta e facendo arrivare a dieci amichetti collegati in videocall, una fetta della stessa torta ordinata per il figlio. Così tutti, nonostante la distanza forzata, si sono sentiti parte della festa”.
In questo momento Cosaporto sta sviluppando la sua seconda fase. Quella che lo sta portando a servire maggiormente il settore del BtoB, sfruttando i clienti che, in modo quasi del tutto organico, li hanno traghettati nelle loro aziende. Stefano Manili lo aveva previsto. Il suo planning portava esattamente in questa direzione, verso l’essere un partner che fosse una facility e un reward aziendale. Verso quelle aziende, fatte di persone sensibili ai momenti speciali, al di là delle stagionalità.
Clienti e dipendenti
“Il cliente che avevamo era tipicamente alto spendente, con una posizione mediamente influente. Che sia riuscito a farci entrare nella sua azienda è venuto abbastanza naturale, facendoci pivotare su un nuovo canale di business. Adesso il 70% del fatturato lo facciamo con il cliente azienda, che compra in sostanza due tipi di servizi macro: catering ed eventi e la regalistica che al 90% è sul Natale. Stiamo avendo diverse commesse anche sul corporate gifting, uno strumento di rewarding ed engagement dei dipendenti. Una banca molto conosciuta, ad esempio, attraverso di noi, manda una torta per il compleanno di ciascun dipendente. Con trenta/trentacinque euro l’azienda regala un momento fantastico che nemmeno un buono Amazon da trecento euro porterebbe a livello di appartenenza e di socialità. L’azienda ci sceglie per il posizionamento, per i brand presenti, per il fatto che possiamo fare la box coffee break con quella specifica pasticceria top. Quindi facciamo delle cose ad hoc.
La pasticceria in cui vado a fare colazione il sabato mattina, me la porto in sala riunioni, così i clienti o i dipendenti sono felici quanto me. Vuoi fare vegano, tradizionale milanese o healthy. Non siamo il bar sotto casa pertanto puoi chiedere le cose più specifiche, sfruttando una piattaforma digitale veloce e responsiva. Per gli eventi grandi, abbiamo un network che soddisfa tutte le esigenze, dalla location al servizio al dj. Noi non realizziamo l’evento, lo organizziamo, lo supervisioniamo”. Manili è l’emblema dell’imprenditore contemporaneo. Dal controllo puntiglioso della fabbrichetta, il credo si sposta al controllo offerto dalla tecnologia. Tutto deve essere tracciato e integrato, promuovendo meno ansia e imbruttimento. Dall' Ho sempre ragione non importa quello che succede al lead by example. Un boss che non smette di mettersi e rimettersi in gioco per risolvere anche i problemi più concreti, a farsi vedere operativo e parte di un gruppo.
“Venendo qui stamattina in motorino incrocio Francesca e le chiedo dove stesse andando. Mi dice che hanno centoventi box di Natale per un’azienda, ma sono arrivati solo centodiciannove salami. Stava andando ad acquistare personalmente quel salame. Io spero che da quando l'ho assunta lei abbia visto in me e in tutti i ragazzi che lavorano in Cosaporto che se c'è da alzarsi a comprare un salame si fa, perché è proprio in quel momento che si contribuisce a far comprare a un cliente il lifetime value. Se pensiamo che i margini arrivino per magia e non ci alziamo invece a comprare quel cavolo di salame, non abbiamo capito niente. Per questo quando voglio assumere qualcuno guardo soprattutto le soft skills e se uno o una è sveglia”.
Intanto le vendite di panettone artigianale su Cosaporto si apprestano a superare le quindicimila unità, battendo il risultato del 2023. Manili, dalla sua, non starà certo lì a contare canditi e uvette. Proverà a creare delle partnership con grandi aziende e a rendere un po’ meno arretrato il mondo del BtoB. Continuerà a rischiare, a non temere il fallimento. Una fase della vita che uno, al contrario, dovrebbe mettersi sul curriculum.