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Badia Hill: l’hotel con nuovo gourmet stellato, piscina riscaldata sul tetto e sauna al whiskey

di:
Elisa Erriu
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Il Ristorante Porcino ha appena ottenuto un macaron nella Guida Michelin 2026, ma le sorprese non finiscono qui: fra sessioni di Spa al profumo di whiskey, piscina panoramica e ghiotte fondute in stube, Badia Hill è l’emblema del boutique hotel di montagna “nuovo stile”.

Contenuto con finalità promozionali

Crediti fotografici: Visciani Photography

La filosofia: il lusso autentico delle Dolomiti

In Alta Badia l’ospitalità sta cambiando. Non basta più lo chalet di charme, non basta più la vista sulle Dolomiti, non basta più l’estetica “di montagna” rifinita a suon di legno, velluti e camino. Il nuovo lusso pretende identità, anziché cartolina; vuole autenticità al posto del solito dèpliant. Badia Hill nasce esattamente qui: nell’idea che un hotel non debba limitarsi a ospitare, ma prendere posizione. E la sua posizione è netta. Design contemporaneo senza ostentazione, cucina di ricerca senza rigidità, wellness che non cerca l’effetto wow, bensì la coerenza sensoriale. Tutto parla di gusto, ma niente urla per farsi notare.

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A colpire non è solo la spettacolarità architettonica — pur impeccabile — bensì la direzione culturale: Badia Hill non cerca di interpretare la montagna come tema, la assume come metodo. In ogni scelta: dai materiali ai profumi, dalla sequenza dei menu alle stanze che sembrano raccontate più che arredate. È un boutique hotel progettato per chi rifiuta il lusso rumoroso e cerca invece quello che funziona, che profuma di senso, che lascia qualcosa anche dopo aver riconsegnato la chiave.

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L’hotel, dalla storia al concept

Il progetto parte da lontano, otto anni per arrivare a un edificio che non fa compromessi tra estetica e coerenza. Prima concept, poi concorsi, poi la scelta dei materiali, delle tecnologie, delle aziende. È la parte invisibile del lavoro che qui diventa determinante. Badia Hill non nasce per imitare qualcosa che già esiste: nasce per risolvere un vuoto. E quel vuoto è l’assenza in Alta Badia di un luogo che sia allo stesso tempo alpino, gourmet, contemporaneo e intimista. Il risultato è un hotel che sembra il naturale proseguimento del paesaggio, anziché un oggetto calato dall’alto. Ospitare bene significa decidere, editare, scegliere, togliere. Così, qui tutto è stato pesato con la stessa cura che si dedica ai menu gastronomici.

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Il nome è già un manifesto: “Hill” è un riferimento volutamente pop, un rimando alle Hollywood Hills che diventa provocazione alpina; lusso sì, ma quello che lascia respirare. Ed è qui che entra in scena lo scoiattolo, simbolo affascinante perché non addolcisce l’esperienza ma la definisce. L’animale che sceglie, seleziona, custodisce, si mostra solo quando ritiene l’ambiente all’altezza: è l’idea di autenticità che questo luogo vuole difendere. Se non sai osservare, non lo noti. Se sai osservare, ti riconosce.

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Dietro Badia Hill ci sono due persone, non un progetto industriale: Michaela e Marco. E il racconto cambia totalmente quando si arriva alla cucina e all’ospitalità, perché qui la biografia diventa contenuto. Entrambi sono cresciuti in un mondo dove l’hotellerie non è un settore ma un linguaggio. Si conoscono al Vinzentinum da adolescenti, si ritrovano più grandi al ristorante Castel, si scelgono nella vita e nel lavoro. Oggi, insieme, guidano un luogo costruito non su un’idea strategica, ma su ciò che sanno fare meglio: rendere speciale il tempo delle persone. Marco in cucina, Michaela in sala e in cantina. E tutto funziona perché ogni scelta nasce da un’esperienza vissuta, non da un brainstorming.

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Marco attraversa i migliori ristoranti europei, studia cucina e scienza alimentare, diventa Maestro di cucina con lode, passa da tre stelle Michelin come Schloss Schauenstein e De Librije, assorbe tecnica e disciplina ma non dimentica il piacere. Torna con la consapevolezza che la cucina ha senso solo se parla del luogo dove nasce e delle persone che la costruiscono. Michaela segue un percorso altrettanto brillante e complementare: studio da sommelier, WSET alla Weinakademie, Master nel servizio, esperienza nei ristoranti stellati, marketing e accoglienza. È la figura che rende la sala un prolungamento della cucina, non un reparto separato. Insieme costruiscono una famiglia e un progetto che li contiene entrambi, con gli stessi valori: rispetto, qualità, selezione, tempo.

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La proposta fine dining: il neostellato Ristorante Porcino

La filosofia si sente soprattutto nel Ristorante Porcino, il cuore gastronomico dell’hotel, appena insignito della stella nella Guida Michelin Italia 2026. Il nome — scelto non per vezzo, ma per significato — rimanda a ciò che la montagna ha di più identitario: un ingrediente che non chiede interpretazioni forzate, perché appartiene già al territorio. Due percorsi degustazione stagionali, prenotazione obbligatoria, niente à la carte. Sembra rigido solo se non si capisce l’obiettivo: costruire un’esperienza completa, un flusso di sapori che rispetta il ritmo del territorio e delle materie prime. Tre, quattro o sei portate, prezzi calibrati, piatti che uniscono sapori alpini e mediterranei con intelligenza e sensibilità. È una cucina che non punta all’effetto scenico ma al magnetismo della precisione. Ogni piatto ha un perché. Ogni scelta racconta un ingrediente prima ancora che una tecnica.

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La sala segue la stessa traiettoria. Non un palcoscenico, non un rituale imponente; piuttosto, una presenza che accompagna. La vista sulle Dolomiti entra nella narrazione con naturalezza, le vetrate incorniciano la montagna senza addomesticarla, la mise en place segue colori e texture che rispettano i piatti. Persino le porcellane sono scelte per amplificare le sensazioni. Il lavoro di sala e cucina si intreccia in un’unica mano che accoglie e coinvolge senza teatralità.

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Gli altri ristoranti interni

Segue il resto dell’offerta gastronomica: il Bistrò, la Lounge, la Fondue Stube. Tre modi diversi di vivere il cibo con la stessa coerenza. Nessuna gerarchia, solo funzioni diverse. Il Bistrò è il tempo lento del pranzo dopo un’escursione, ingredienti locali e stagionalità, convivialità intelligente. La Lounge è il luogo del cocktail come ritratto di territorio, vermouth fatti in casa, botaniche alpine, gin personalizzati al bancone e con un carrello al tavolo in cui l’effetto scenico delle preparazioni restituisce attraverso le gestualità un simbolismo di cura e attenzione nella scelta degli ingredienti aromatici. Whisky scozzesi e americani senza snobismo. La Fondue Stube appartiene alla parte più ancestrale e condivisa della tradizione alpina, con fondute di formaggio o carne reinterpretate con prodotti locali e una ritualità che avvicina le persone più del menu degustazione. Tre atmosfere, una filosofia.

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Gli ambienti, dall’area benessere alle suite

Il capitolo wellness, più che un servizio, è un’estensione della cucina: sensorialità applicata al benessere. Il punto più alto dell’hotel è la Rooftop Spa, scelta programmatica: il relax non appartiene al sotto, ma al sopra. Piscina a sfioro riscaldata che guarda le vette, saune panoramiche, colori che riprendono quelli del cielo dell’Alta Badia, luce che cambia con la giornata. E poi l’elemento che definisce l’identità: la Whiskey Sauna. Una sauna aromatica che usa il carattere del whiskey come segno olfattivo, unendo calore, rituale e suggestione gastronomica. Non è un gioco concettuale: è la stessa idea della cucina applicata al corpo. Aromi, intensità, ritmo, memoria.

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L’hotel è costruito per funzionare come organismo coerente. Le 33 camere hanno balcone panoramico garantito, scelta radicale che certifica un valore: la vista non è un privilegio, è un diritto dell’esperienza. Colori stagionali che seguono l’Alta Badia, carte da parati dedicate agli animali del territorio, minibar che racconta produttori locali, dotazioni personalizzate in base al tema della stanza. Dietro un lusso che sembra semplice si nasconde una complessità progettuale enorme, ma mai ostentata. Il vero lusso, qui, è lo spazio mentale che si genera quando tutto è stato pensato bene. Il cerchio si chiude con un dettaglio che dice più di mille parole: il garage sotterraneo. Tutti i veicoli sotto, nessun rumore sopra. Non è un plus, è una scelta culturale. Il paesaggio, la quiete, l’aria devono vincere sul traffico. Anche questo è lusso: silenzio, spazio, natura rispettata, ritmo rallentato.

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Badia Hill non segue la tendenza dell’ospitalità alpina, la aggiorna. Non imita la montagna, la interiorizza. Non cattura la natura, la lascia entrare. È un progetto radicale che non ha bisogno di alzare la voce. Chi arriva capisce. Chi torna conferma. E quando si riparte, l’impressione non è aver dormito in un hotel, ma aver vissuto in un’idea.

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