La chef e star dei social Nadia Caterina Munno racconta il piatto che meglio rappresenta la sua città, Roma. E rivela dove gustarlo al meglio.
Per Nadia Caterina Munno, conosciuta nel mondo come The Pasta Queen, il cacio e pepe non è solo una ricetta: è un simbolo, un racconto d’amore per la sua città natale. “I romani sono rumorosi, passionali e accoglienti: la loro gentilezza è una forma d’amore”, racconta la chef, oggi seguita da oltre cinque milioni di persone sui social, a BBC. “La cucina romana è come loro: diretta, decisa, senza compromessi. E il cacio e pepe ne è l’espressione più autentica.” Pochi ingredienti – pasta, Pecorino Romano, acqua di cottura e pepe nero tostato – bastano per creare una crema intensa, sapida e irresistibile. È la semplicità fatta eccellenza, la filosofia del “poco ma buono” che da secoli rappresenta l’anima della cucina capitolina.

Da piatto povero a star internazionale
Nato come piatto dei pastori dell’Appennino, che portavano con sé solo ingredienti facili da conservare, il cacio e pepe è un esempio perfetto di cucina popolare elevata a mito. Oggi, grazie anche ai social, è diventato un’icona globale: lo si trova nei menu di ristoranti da New York a Londra, reinterpretato in mille varianti più o meno fedeli alla tradizione. Proprio The Pasta Queen ha contribuito alla sua fama planetaria. Nei suoi video virali, racconta il cacio e pepe con un’energia teatrale e un accento romano irresistibile, evocando la sensualità e la passione di Sophia Loren. Tra risate e battute agli “dei della pasta”, Munno ha trasformato una ricetta umile in un messaggio universale: la convivialità come forma d’arte.
“Gli imperi si costruiscono sul cibo”
Dietro al suo personaggio scintillante, Munno conserva un legame profondo con le proprie origini. Discende da una famiglia di produttori di pasta attivi da secoli, tanto da essere soprannominati i Macaronis. “Per essere una Pasta Queen devi conoscere la pasta fin nelle ossa,” spiega. “Questi sono i piatti della mia infanzia. Voglio insegnare alle persone il valore del cibo italiano, quello che unisce, fa sorridere e aiuta a vivere meglio.” E aggiunge con convinzione: “Il cibo non è un dettaglio: gli imperi sono stati costruiti sul cibo.”

La popolarità social del cacio e pepe
Nonostante la sua antica tradizione, il cacio e pepe non è mai stato il piatto più consumato dai romani stessi. Munno lo spiega con un sorriso: “Oggi è più cercato dai turisti che dai romani. È sicuramente tradizionale, ma la sua popolarità è diventata virale grazie ai social.” Eppure, anche se nato dall’algoritmo più che dal taccuino delle nonne, il cacio e pepe resta un pilastro della cucina romana moderna. Simbolo di come una ricetta semplice possa viaggiare nel tempo e conquistare il mondo, restando sempre fedele a sé stessa.
Felice a Testaccio: dove il cacio e pepe diventa arte
Tra i tanti indirizzi della capitale, The Pasta Queen non ha dubbi: il miglior cacio e pepe si mangia da Felice a Testaccio. “Ci andavo spesso perché sono cresciuta lì vicino. È un posto amato dai romani, autentico, e il cibo è straordinario,” racconta. Da Felice a Testaccio, la preparazione è quasi rituale: i camerieri mantecano la pasta nel Pecorino direttamente al tavolo, trasformando la semplicità in spettacolo. Il risultato è un piatto cremoso, intenso e perfettamente bilanciato, servito con tonnarelli freschi. Il ristorante si trova nel cuore di Testaccio, quartiere verace e genuino di Roma, nato su un’antica collina di anfore e un tempo fulcro dei traffici alimentari della città. Oggi la zona conserva un’anima popolare, con il suo storico mercato e una vitalità che profuma di romanità. “Testaccio non riceve abbastanza amore,” dice Munno. “Ma è molto, molto romano.”

Il sapore della semplicità
Tra un video virale e un libro di ricette, The Pasta Queen continua a portare nel mondo un messaggio semplice: la grandezza della cucina italiana risiede nella sua umiltà. Il suo cacio e pepe è una dichiarazione d’identità, una storia d’amore raccontata attraverso il gusto. In un’epoca in cui tutto cambia velocemente, la ricetta più iconica di Roma resta un punto fermo: quattro ingredienti, una ciotola fumante e l’arte di condividere.