“Stiamo pensando di fare un terzo turno dalle 18.30”. Rovello non fa campagne, non ha marketing sul menù. Quarant’anni di word of mouth hanno avvicinato il mondo a Milano, a riempirsi la bocca di piatti che chiamano Piemonte, Lombardia, Liguria e Lazio.
Non solo Rovello. La nuova apertura in anteprima: Trattoria Da Panciroli
Si chiamerà Trattoria Da Panciroli. Michele De Liguoro, cuoco e proprietario del ristorante Rovello, ci serve l’assoluta novità alla sua maniera. Sornione, distratto, lasciando trasparire entusiasmo quanto basta e poi girandosi a supervisionare i suoi ragazzi. Il peperone tonnato ha sostato tra lingua e palato per un tempo interstellare, quello di Nolan. Io e il mio compagno di cena ci siamo guardati e “Ah”, abbiamo deglutito la notizia come se niente fosse. Due giorni dopo l’ho richiamato. Ma pensavo fosse un minuto dopo. Una manciata di giorni fa, Michele e il suo socio e amico, Francesco Tancredi (proprietario di Ugo Cocktail Bar) hanno firmato e preso le chiavi del nuovo locale di via Gaudenzio Ferrari, zona Corso Genova. La distanza dal Rovello è davvero poca, saranno duecento metri. Una condizione che permetterà a Michele di fare l’oste di entrambi i ristoranti, muovendosi avanti e indietro senza alcuna restrizione. I lavori sono al via. Apertura prevista a febbraio.

Il locale sarà un omaggio a Gualtiero Panciroli, patrigno di Michele all’anagrafe ma padre nella vita e nel mestiere della ristorazione. Gualtiero aveva un’azienda meccanica. Dall’amore per il bere e mangiare bene a esserne un suo divulgatore il passo è stato breve. Sempre di innamoramento si è trattato, quello per una donna, Cinzia Rossi, la mamma di Michele, che la cucina ce l’ha ancora appiccicata addosso. Qualche anno fa si è trasferita a Maiorca con Gualtiero. Lì è arrivata la constatazione: “bevono vini di merda”. Al diavolo il ritiro, al diavolo la pensione. Apriamo una trattoria come si deve.

Dopo tre infarti. Gualtiero ha lasciato Cinzia e Michele. Tutta Milano lo ha pianto e lo ricorda, anche se non lo conosce, lacrime in cui scorre l’aura della dedizione all’accoglienza e l’ambrosia di bevute epiche e di amicizie vinicole che hanno dato l’opportunità di conoscere geni come Beppe Rinaldi e Josko Gravner. Cinzia continua a macinare coperti in Spagna, circa settanta a sera con un aiuto cuoco, un lavapiatti e due ragazzi in sala. Gualtiero era con Michele fino a tre mesi prima di morire, a dipingere la boiserie. “Io non capisco come li hanno cresciuti quei due”. Le citazioni di Michele saranno per sempre più brevi degli haiku. Non è che non vuole parlare, ma è come se per lui dilungarsi fosse un’offesa al tempo del servizio. Parlare non è servire. Riguardo alla citazione: sei fatto della stessa pasta, degli stessi lieviti. Michele, tua mamma ti ha portato in grembo nove mesi, otto e rotti dei quali in quella cucina, sei cresciuto dentro al primo Rovello e senza l'aiuto della chimica artificiale è partita la fermentazione di un nuovo cuoco, diventato oste, che spumeggia tutto il giorno anche se a basse atmosfere e a bassa voce.


Rovello
“I miei ragazzi non arrivano dall’Alma”. Altro haiku da dietro il bancone, sorriso verso il suo uomo di punta, Raffaele, che ricambia come si ricambia a un fratello. Il nuovo Rovello di via Ariberto è un locale un po’ alla francese e un po’ alla spagnola. Richiama l’atmosfera dei caotici ma non repulsivi bistrot parigini, sul servizio ricorda certi tapas bar. Il bancone regna su tutta la lunghezza del locale. Tutto è a vista, tutto trapela, tutto si mescola. Tranne le partite. Ibra, Ken, Sofia e Raffaele. Antipasti, primi, secondi e pass. Nessuno ha fatto l’Alma, Michele li prende alle prime armi. Sofia addirittura appena dopo il liceo artistico. Come li forgia lo sa solo lui, noi ipotizziamo con la presenza costante e con il silenzio del fare.



Per il comfort food serve l’università? In molti ci sono finiti anche dopo averla fatta. Il comfort food è inattaccabile, dai trend, dalle wave, dai wannabe, dai cappelli, dai cappellai. Inclusivo senza volerlo, esclusivo senza chiederlo. Un direttore di rivista di settore, un critico gastronomico, una influencer del vino. Tutti presenti la nostra stessa sera, senza aver condiviso un calendar. Insieme a un turn over che segna più di 120 coperti al giorno, in media.

“Sto pensando di fare un terzo turno dalle 18.30”. I turisti si stanno già sfregando le valigie. Rovello non fa campagne, non ha marketing sul menù. Quarant’anni di word of mouth hanno avvicinato il mondo a Milano, a riempirsi la bocca di piatti che chiamano Piemonte, Lombardia, Liguria e Lazio. Lo scontrino medio è aumentato da quando Michele ha abbandonato la cima di Corso Garibaldi. Quelli erano spesso clienti furtivi, da un piatto e via. Non pensateci nemmeno, Michele non è il seven eleven delle trattorie. Sempre aperto, che ha sposato la causa, che dormirebbe nel ristorante. A un certo punto infatti è sparito, verso le dieci e trenta è andato a casa, lasciando gli oneri e il palcoscenico ai suoi ragazzi. “La gente viene per mangiare, non per me”.

I piatti e i vini
“Io non vado a rompere le balle a nessuno”. Per Michele non esiste la questione dello chef rockstar. Anche se le rockstar della cucina da lui ci passano eccome. Poco tempo fa Quique Dacosta, a Milano per Best Chef Award. Qualcuno, recentemente, ha messo in piedi addirittura un festival del comfort food. Michele lo pratica da un vita. Senza salire su palchi per dirlo. Se vuoi andare al ristorante senza impegno, senza dover attaccare troppo il cervello, ma solo il palato. Ecco. Al Rovello non troverai lo zen, ma certo un antistress. E un tappeto elastico sensoriale. Che quasi sempre batte anche le più grandi experience gastronomiche. Quello che abbiamo mangiato potrebbe suonarti quasi normale. La qualità mieterà sempre le sue vittime, anche sotto forma di una pasta in bianco.


Txistorra - una salsiccia basca molto speziata - con polenta fritta, peperone tonnato, crocchette di baccalà con mayo piccante e lime. Sono bocconi succulenti, la tradizione fiftybest che incontra il corteo di viva la tapas. Segue una sitcom di funghi in due episodi: polenta, finferli e parmigiano e pappardelle ai funghi porcini. Non servono nemmeno le risate finte registrate, ti sta già sorridendo lo stomaco. A finire creativamente non ci pensiamo nemmeno. Cacio e pepe e tagliata con chips sono antidoto perfetto alla sbornia da finedining. Da Michele si beve anche benissimo, la sua cantina è l’eredità di Gualtiero, fatta certo di bottiglie ma anche di relazioni che Michele si è ben guardato di abbandonare o di ritenere poco up to date. Dall’altra parte, non è certo rimasto bloccato nel passato, inserendo continue novità che attingono dal mondo bio buono. E non da bio patria e famiglia.



La nostra cena si è specchiata nei riflessi del Rosé de Meunier di Laherte Freres, champagne gastronomico perfetto per le tapas assaggiate. È proseguita sui frutti del pinot noir del Bourgogne Hautes Cotes de Nuits di Maxime Cheurlin Noellat. “La mia teoria è che si sta e si mangia come io vorrei stare in un ristorante”. Parola di locandiere, che non verrà rimangiata nel nuovo ristorante, una trattoria gender storico.

Non ci sarà la cucina aperta, si torna alle vecchie care porte, ma molto servizio al tavolo, specialmente sui secondi, che cambieranno di mese in mese: bolliti, arrosto freddo, roast beef tiepido, trippa al carrello. Concetti antichi che Michele rispolvererà alla sua maniera, senza dirlo, semplicemente servendoli davanti a te. Il bancone ci sarà lo stesso. All’ingresso, dedicato agli antipasti, che saranno tantissimi e che andranno messi in condivisione. Ecco qui l’anticipo del perché sarà una trattoria vecchia scuola, senza le etichette della vecchia scuola. Paste ripiene, non mancheranno. I coperti circa settanta.

Per gestire il doppio fliusso, Michele si è organizzato con un magazzino-ufficio sempre poco distante - oh, a lui piace muoversi a piedi - con due celle enormi, lo stoccaggio del vino e una parte amministrativa. Il posto sarà dedicato alla preparazione della pasta, dei sughi e delle altre preparazioni. Gli chef dei ristoranti passeranno sempre al “lab” per fare il planning. Chi sarà lo chef di Da Panciroli. Il pur giovane Raffaele ha ormai scollinato i quattro anni al Rovello, i bookmakers dicono che toccherà a lui spostarsi di duecenti metri. Al trotto, al galoppo, staremo a vedere. Intanto Milano segna un back to the future, il progresso a volte è guardare indietro con la coscienza avanti.

Contatti
Rovello Milano
Via Ariberto, 3, 20123 Milano MI
Telefono: 02 7209 3709