Sei suite, dodici ospiti, niente televisori, dispositivi spenti. E un prezzo che parte dai 2000 dollari neozelandesi, l’equivalente di quasi 1000 euro.
Foto in copertina: Alexanders Art Agency
L'hotel
Toby Stuart ha deciso di mettere in pausa il mondo. Domu Retreat, che ha aperto l’1 ottobre sulla costa della regione di Tasman, non è un semplice lodge di lusso. È un progetto che nasce da vent’anni di esperienza internazionale, dalla cucina stellata Michelin ai panorami mozzafiato della Nuova Zelanda, per offrire qualcosa di diverso: un “slow stay”, un soggiorno dove il tempo perde la sua fretta e ogni gesto acquista valore. «Un slow stay significa scambiare la frenesia con la presenza», Stuart -che ha cucinato in ristoranti stellati in Francia, Regno Unito, Spagna, Stati Uniti e Uruguay- a chrislynchmedia. «Domu non è un all-inclusive, non è un resort dove correre da un’attività all’altra. Qui il lusso è avere nulla in agenda, se non ciò che scegli tu».

Sei suite, dodici ospiti, niente televisori, dispositivi spenti. Eppure non manca nulla: la vista panoramica sull’Abel Tasman National Park e sulla Tasman Bay è spettacolare, le camere sono arredate con materiali naturali e letti di alta gamma scelti tra quelli dei migliori lodge neozelandesi. L’investimento nella struttura e nell’esperienza supera il milione di dollari neozelandesi, con circa 500.000 NZD destinati al fit-out. Ogni dettaglio è pensato per favorire il relax, la calma e la connessione, con la natura e con gli altri ospiti. L’adults-only retreat punta su un pubblico internazionale e selezionato: circa il 70% degli ospiti proviene da Stati Uniti, Regno Unito, Australia, Germania e Svizzera, mentre il restante 30% è locale. «Vogliamo creare un ambiente intimo, dove le persone possano davvero conoscersi», continua Stuart. «Le cene sono pensate come momenti di conversazione: non solo per mangiare, ma per raccontarsi, ascoltare, condividere. Il cibo diventa un ponte, non un riempitivo».

E di cibo, qui, se ne intende. Stuart prepara personalmente ogni piatto, utilizzando ingredienti premium e locali: butterfish pescato a D’Urville Island, selvaggina della South Island come il tahr dell’Himalaya, carne biologica di manzo e agnello proveniente da Golden Bay. La carta dei vini è compatta, ma curata, privilegiando etichette organiche e locali, tra cui i celebri Cloudy Bay Vineyards. «Non cerchiamo di reinventare la cucina fine dining», dice Stuart. «Vogliamo raccontare il territorio, farlo sentire a chi viene qui. Ogni piatto è un racconto del paesaggio».Il menu segue le stagioni, così come le attività offerte agli ospiti. Spa, piscina riscaldata, sauna a legna, yoga mattutino: tutto è pensato per lasciare la libertà di scegliere, senza obblighi. Colazione, cocktail pre-cena e cena multisensoriale sono inclusi nel prezzo, che parte da 2.000 dollari neozelandesi a notte per due persone (quasi 1000 euro). Pranzi e selezioni di vini aggiuntivi sono disponibili a parte, così da costruire un’esperienza su misura.

La filosofia dietro Domu è chiara: rallentare per vivere meglio. Niente schermi, niente notifiche, niente urgenze. I libri, i giochi da tavolo, la biblioteca e le conversazioni guidate diventano gli strumenti per riappropriarsi del tempo. «Abbiamo tolto i televisori perché vogliamo che gli ospiti si relazionino tra loro, con i libri, con la vista, non con le notizie», spiega Stuart. «Domu è un luogo dove puoi respirare, riflettere, sentirti presente». La struttura stessa racconta questa filosofia. Ogni suite è pensata per offrire privacy, comfort e stimolo alla calma. Il design, essenziale e naturale, evita l’eccesso ma coccola l’ospite: letti che invitano al riposo, arredi in legno e tessuti naturali, spazi comuni dove la luce entra generosa, ma mai invadente. Il risultato è un equilibrio perfetto tra intimità e socialità, tra silenzio e dialogo, tra paesaggio e presenza umana. Non è un caso che Stuart definisca Domu “il contrario del modello resort tutto incluso”. Qui non si accumulano servizi, si costruiscono esperienze. La cena condivisa, chiamata “dinner and discourse”, è il cuore della vita del retreat. Tavoli comuni, stimoli alla conversazione e la presenza discreta dello chef e della partner creano un ambiente dove gli ospiti si sentono accolti e protagonisti. Non solo spettatori del lusso, ma partecipanti.

«Un slow stay è molto più di un pasto o di una notte di relax», sottolinea Stuart. «È la sensazione che provi quando lasci il posto: sei riposato, ispirato, più connesso di quando sei arrivato. Il silenzio qui non è vuoto, è un ingrediente». Ogni dettaglio – dal menu agli arredi, dagli spazi comuni alle viste panoramiche – è calibrato per dare all’ospite il senso di controllo sul proprio tempo, sulla propria esperienza, sulle proprie relazioni. Il risultato è un lusso raro e tangibile, fatto di calma, autenticità e scelte consapevoli. Mangiare diventa un rito, respirare un lusso, conversare un privilegio. La filosofia di Stuart trasforma ogni momento in un’esperienza completa, dove la lentezza non è perdita, ma guadagno. Domu Retreat non vuole competere con i lodge ultra-lusso neozelandesi che superano i 3.500 NZD a notte. La sfida è un’altra: offrire esclusività, attenzione personalizzata, cucina di altissimo livello e un’esperienza di presenza totale.

Il risultato è coerente, elegante, senza eccessi ma con grande intensità. In questo rifugio, il lusso non è un’insegna luminosa, ma la sensazione di potersi fermare davvero. Stuart ha costruito un luogo che parla di calma, cura, lentezza e bellezza senza fronzoli. Un rifugio in cui la tecnologia resta spenta, il cibo racconta storie, il dialogo tra ospiti diventa centrale e ogni gesto è scelto, ponderato, vissuto.