Top Chef

Paco Roncero sugli orari nella ristorazione: "Da me si lavora 8 ore, alle 23 tutti a casa”

di:
Elisa Erriu
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“Per me, il team è una parte molto importante della sostenibilità. Dobbiamo garantire condizioni di lavoro migliori sotto ogni aspetto: è qualcosa su cui insistiamo da molto tempo e che credo di aver raggiunto. Oggigiorno, i nostri ristoranti sono come uffici: si lavora otto ore”.

La notizia

Non serve un camice bianco per cambiare il mondo: a volte bastano una manciata di lenticchie, qualche goccia d’olio extravergine e un’idea limpida di cosa significhi davvero “cucina d’autore”. Paco Roncero, due stelle Michelin, lo sa bene. Madrileno, appassionato di corsa, giudice di “Bake Off” e imprenditore con otto ristoranti sparsi tra Europa, Asia e America, è uno di quei nomi che hanno scolpito nell’acciaio inox della gastronomia contemporanea un nuovo modo di pensare il cibo. Oggi si presenta con una filosofia solida, pacata ma dirompente: “Lavorare nei nostri ristoranti è come andare in ufficio. Si lavora otto ore”, ha dichiarato qui ad InfoBae. Una frase che, detta da chi ha fatto della cucina d’avanguardia un laboratorio senza orari, suona come una piccola rivoluzione. Ma è proprio da questo equilibrio tra vita e passione, tecnica e istinto, che nasce la nuova traiettoria di Roncero.

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Chi si aspetta da lui solo mousse d’aria o brodi sferificati, farebbe bene a ripensarci. Dopo più di trent’anni tra fornelli e fermentazioni, Paco ha raggiunto quella fase in cui l’alta cucina non è più una gara tra effetti speciali, ma una sinfonia in cui il prodotto diventa protagonista assoluto. “Senza dubbio facciamo cucina moderna, facciamo cucina d’avanguardia, e la tecnica è presente, ma non dimentichiamo mai la seconda cosa più importante: il sapore e le tradizioni”, spiega lui stesso con l’eleganza di chi ha imparato a distillare la complessità. E così la cucina diventa un atto di sintesi, dove le radici madrilene dialogano con suggestioni globali, dove le ricette della nonna non vengono solo replicate, ma invitate a ballare con il foie gras e i funghi porcini, o persino con una marinata di pernice.

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C’è un ingrediente che per Paco vale più di mille tecniche molecolari: l’olio d’oliva.È il nostro prodotto preferito da anni, e continuiamo a lavorarlo, a difenderlo fino alla fine”, dichiara con quella passione tutta mediterranea che si traduce in ricette precise, sincere, fatte per esaltare la materia prima. Non è solo un vezzo nazionale. È una dichiarazione d’identità. L’olio, nelle mani di Roncero, diventa collante culturale, tocco magico, firma silenziosa che attraversa cucine e continenti. In un’epoca in cui gli chef sono diventati influencer e i reality di cucina hanno colonizzato i palinsesti, Paco Roncero non si rifugia nell’élite, ma abbraccia il cambiamento. “All’inizio, quei programmi hanno portato la cucina nelle case. I bambini vogliono diventare chef, e questo è fondamentale”. Per lui, il piccolo schermo è stato un veicolo potentissimo: ha acceso vocazioni, ha svelato il dietro le quinte, ha permesso al grande pubblico di capire il lavoro che si cela dietro ogni piatto.

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E non importa se qualche collega storce il naso: Roncero crede fermamente che la visibilità mediatica abbia alzato il livello del dibattito gastronomico e regalato alla figura dello chef un nuovo spessore culturale. Ma se la cucina sta cambiando volto, lo fa anche grazie a un nuovo sguardo sul lavoro stesso. “Oggi il mio chef finisce il turno alle 22:30 o alle 23:00 e rincasa. E questo è fondamentale, perché il giorno dopo torna con entusiasmo”. La pandemia, a suo dire, ha scompaginato i vecchi ritmi e permesso di rivedere le priorità. Il benessere della brigata è diventato un pilastro, non una concessione. E se la sostenibilità ambientale è il tema caldo di ogni conferenza gastronomica, quella sociale – fatta di orari umani e vite che non si consumano dietro le quinte – è il vero cuore del cambiamento.

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Quando si parla di cucina casalinga, Paco Roncero non snobba mai le ricette di base. Al contrario, le osserva come uno scienziato innamorato della bellezza nelle cose semplici. Le lenticchie? Non si toccano troppo. Ma si possono “giocare”, abbinandole a foie gras, funghi, sottaceti o influenze asiatiche. Un gesto da equilibrista, che rispetta la tradizione ma non rinuncia a danzare sul filo dell’innovazione. Il segreto è saper guardare oltre il piatto. Conoscere le culture. Avere la curiosità di esplorare senza dimenticare da dove si viene. Il futuro della gastronomia, per lui, è un mosaico fatto di ingredienti onesti, turni sostenibili e piatti che parlano di storie vere. E forse è proprio questo il motivo per cui, nonostante la fama, Paco Roncero continua a sembrare uno di quei cuochi che non smettono mai di imparare. Né di insegnare.

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