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La Rotonda: l’ex chiosco in spiaggia diventato meta della “nuova cucina di pesce” a Porto Recanati

di:
Lucia Facchini
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copertina la rotonda

Un contesto famigliare aperto al nuovo, coi piedi piantati nella sabbia e l'occhio che rincorre l'onda: German Scalmazzi tira le fila di un menu “modern style” nella storica insegna di Porto Recanati, dove l’estro si integra con un’ospitalità trasversale.

La storia 

1962, un chiosco in spiaggia e un'accoglienza destinata a smontare i cliché del solito ristoro vacanziero "mordi e fuggi". Così inizia la saga della Rotonda, tirata su 63 anni fa da una coppia con la giusta fame d'ambizione: Antonio Pandolfi, fra i primi ad intuire l'appeal turistico di Porto Recanati, e la moglie Antonia, custode di un ricettario marchigiano illeso nel tempo. Lui, pescatore per dote, col senno dell'esperienza scelse di destinare la bassa stagione alle retate a largo e i mesi caldi a rifocillare i villeggianti del suo stabilimento balneare (l'unico, allora, fuori dal centro), gettando le basi di quello che sarebbe diventato uno chalet noto ben oltre confini del borgo marinaro maceratese. Poi, il turnover generazionale: col passaggio del testimone al figlio Enzo e, successivamente, alla nipote Sara, le idee in embrione imbastirono via via una trama d'ospitalità sempre più aderente al singolo avventore; trama capace di avvolgere con un garbo etereo chi varca oggi la soglia della Rotonda.

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"Stessa storia, stesso posto, stesso bar"? Non esattamente, perché dal 2007 a tirare le fila dell'offerta c'è German Scalmazzi, marito di Sara e chef dal solido armamentario tecnico. Uno stile, il suo, a cavallo tra i capisaldi regionali (inizialmente appresi proprio da Antonia) e le derive sperimentali della gastronomia di ricerca (complice la "palestra" nella brigata di Uliassi e le puntate estere in Australia, Francia e Inghilterra). Ne deriva una carta che riflette le voglie di una platea mélange, dall'estimatore del brodetto alla portorecanatese al gourmand di turno giunto a perlustrare la Riviera del Conero. Tutto in un contesto famigliare aperto al nuovo, coi piedi piantati nella sabbia e l'occhio che rincorre l'onda.

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Lo chef, il ristorante e l'accoglienza 

"Dico sempre che la creatività non sboccia fra quattro mura: ciò che ci ispira nasce già in natura. Possiamo solo trasformarlo con la chimica degli alimenti, scandagliando a fondo la materia". Sin dalle premesse s'intuisce come German sia un cuoco avvezzo a "lavorare di scalpello", con l'accortezza di lasciare un adeguato margine d'espressione al paniere agricolo local. "Agricolo", sì, giacché l'ortaggio alla Rotonda non è mai una "riserva", bensì un goleador pronto a spartirsi il campo col pesce. "Eccetto una piccola area fuori dal ristorante, dove crescono le piante aromatiche, il raccolto viene dritto dalle nostre tenute a una decina di chilometri dalla struttura. Ciò che manca lo acquistiamo da coltivatori fidati per restare nel range di prossimità".

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Non a caso, lieve e ficcante al tempo stesso è la traccia lasciata delle botaniche nei piatti, quasi a voler competere alla pari con l'elemento ittico. Ne deriva una sequenza di stoccate green che, ad esempio, prolunga l'assaggio dello spiedino di totano con una "coda" erbacea inattesa o indaga la profondità terrestre di un carpaccio di pomodoro. "Abbiamo seguito gradualmente il passo della clientela che, se all'inizio ordinava in automatico insalata di mare e seppie coi piselli, ora è propensa a sperimentare senza timore di uscire dalle rotte abituali", spiega lo chef.

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"Ripenso spesso agli esordi con mia moglie Sara: vent'anni compiuti da poco e una ventina di dipendenti da gestire. Il periodo di apertura andava da maggio a settembre e la fase di stop la impiegavamo a viaggiare per riportare al team un bagaglio di knowhow internazionale da mettere a frutto. Quell''autoformazione' ci ha aiutati molto a livello organizzativo, perché in testa avevamo un progetto: rendere la nostra 'casa sul mare' un'insegna trasversale". Missione compiuta, vista l'estensione del lavoro ai mesi freddi: "La richiesta è cresciuta al punto che talvolta riusciamo anche ad avere una certa flessibilità spaziale". Lo dimostra la formula aperitivo, col braciere sulla sabbia e il pubblico raggruppato intorno mentre lo chef cucina live: "Un modo per estendere i confini del locale, coinvolgendo di volta in volta un maggior numero di persone".

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Di prassi, però, la proposta interna si biforca fra le consuete opzioni alla carta e tre degustazioni a cura dello chef ("Come eravamo", "Come siamo" e "I Crudi", rispettivamente da 4,7 e 9 portate). A unire i puntini, l'approccio di Sara, mâitre e sommelier di spiccata empatia. "Cerchiamo di creare un contesto smart-elegante in cui ciascuno possa sentirsi libero. A seconda delle circostanze, nel giro di una manciata di minuti capita di dover scovare l'etichetta giusta per chi vuole alzare il tiro e di rendere accessibile la cantina a chi ne sa meno". E allora, la risposta si traduce in una drink list intuitiva, con tanto di "mappa del Verdicchio" per riconnettere il sorso alla geografia. 

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Sara conta, fra i diversi approdi esteri, Locanda Locatelli, e quando la incontriamo ha appena disfatto le valigie dopo un soggiorno in Borgogna. Dunque, da un lato la carta dei vini rivela uno sguardo grandangolare sulle specificità autoctone; dall'altro assomma referenze estere di pregio -specialmente d'Oltralpe. All'ingresso, una bottiglieria trasparente dialoga coi bagliori delle vetrate protese sul bagnasciuga, ed è proprio la "circolarità" degli ambienti ad accentuare l'allure del paesaggio marino: fra toni cobalto, foto d'epoca e un design dalle linee fluide, La Rotonda lega il suolo agli abissi, preparando il terreno al menu di German.

La cucina e i piatti

Ai cultori dei classici salmastri daranno soddisfazione lo Spaghetto vongole e bottarga, la Tagliatella con le Cozze del Conero e l'immancabile Brodetto alla portorecanatese. La linea evolutiva del locale è, tuttavia, rappresentata da un parterre di piatti ambiziosi, sia nel metodo -German si diletta in fermentazioni, marinature e cotture multiple per movimentare l'assaggio- che nella grafica incisiva.

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Ne dà subito prova la "Finta oliva all'ascolana", un bocconcino vestito di nero da una polvere di oliva essiccata e farcito con tonno crudo e nocciolina: così lo chef porta lo street food in fondo al mare, settando le papille su una media frequenza iodata. Frequenza che pian piano s'allunga nei due finger successivi, un Cuscinetto alle alghe marine con burro di mare e una Focaccia di alghe cosparsa da scaglie di sale Maldon. Nondimeno, la panificazione sviluppa a dovere il tema del cereale, viaggiando dalla fragranza dei Crackers al nero seppia alla mollica solubile della Pagnottina di grano Senatore Cappelli; non resta che spalmarla con un burro alla salvia dai freschi accenti mediterranei, ed eccoci passati in una manciata di minuti dallo scoglio alla macchia.

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Va da sé che il primo round trip nell'orto sia proprio dietro l'angolo: davanti a noi una Seppia sagomata, trattata e presentata a mo' di "tagliatella"; accanto, stile side, un Carpaccio di pomodoro Cuore di Bue servito con un condimento di olio leccino e capperi. Potrebbe sembrare un tuffo diretto nell'Adriatico ed è invece una battaglia navale tra forze opposte, laddove il pomodoro tira fuori una carnosità che non t'aspetti, salendo pressoché sullo stesso piano del mollusco. "Dal concetto basic dell'insalata di mare siamo approdati alla 'realtà aumentata' del vegetale, complice pure l'inserimento di un'estrazione di sedano sotto la seppia e di erba al limone in superficie". Per chi scrive, quasi un ricordo di Sud, tra la succosità del frutto maturo e il citrico costiero.

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Sembra cruda, ma non è: l'Alice a colori marinata sotto sale grosso mantiene una fibra soda che spinge all'unisono la mordenza e il retrogusto. Con pari premura, German ne ricompone l'habitat aggiungendo salicornia e paccasassi, "le nostre piante grasse d'acqua e di terra". Scocca bene la sua freccia il gel di cipolla di Avezzano cotta in osmosi, "che realizziamo senz'aria, molto tirato, insistendo sempre sul bilanciamento zuccherino per rendere agile la degustazione". Il risultato è una scacchiera di salinità e avvolgenza, lo splash deciso contro il comfort di stagione. E alla fine non si getta via nulla: "Dai ritagli delle alici otteniamo un burro; con la spina superiore e la coda, frullate e polverizzate, andremo ad insaporire un sugo, una pasta o un risotto", chiosa lo chef.

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Di particolare impatto la silhouette di Black in Black, un polpo e patate "modern style" reso intrigante dall'abito scuro; forse l'assaggio clou dell'itinerario per livello d'intensità e stratificazione. "Lo cuociamo nella sua acqua e a seguire giochiamo con la rifinitura espressa al Green Egg", spiega German. "Per la svolta dark, abbiamo scelto di sfornare una pagnotta al carbone vegetale: la tagliamo a fette e poi la lasciamo seccare 3 ore a 60 gradi". Lungi dall'essere un semplice topping a prova di scatto, la cenere del lievitato polverizzato fa in realtà da medium con il tubero: anche le patate finiscono sotto le braci, in un sacco di juta tale da restituire la sensazione asciutta del fumé. Se ne ottiene un purè 'scuola Robuchon' in cui il cucchiaio affonda svelando l'ulteriore sorpresa dei funghi trifolati: una parvenza di sottobosco che riconcilia gli ecosistemi in dirittura d'arrivo.

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Non vi è la minima traccia di sale nel "Ritorno allo scoglio", dove il pacchero assorbe gli umori di una trentina di pesci assortiti: la brigata li raduna in un brodo che richiede quattro giorni pieni di elaborazione per concentrarne la sapidità naturale: "Abbiamo ampliato il catalogo di specie affinché al palato arrivino diverse sfumature in potenza". A enfatizzare i sentori, la pelle dei molluschi e l'umami dell'ostrica; l'impressione è quella di una full immersion nella biodiversità subacquea, con un sugo dai ritorni variegati ad ogni bite.

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La marcia verde riprende con l'ingresso del Totano di bonaccia, "tradizionalmente impanato utilizzando una sorta di 'pisto marchigiano' a base di prezzemolo, aglio e odori". E qui German compie la metamorfosi del tipico spiedino di pesce arrosto, da un lato innescando un circuito di aromaticità "strong" con la menta basilico, dall'altro portando pulizia con l'acidulo leggero dell'erba mela. Eppure, il vero upgrade sta nel sottofondo latino della salsa chimichurri, un tributo ai natali sudamericani dello chef.

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La parentesi dei contrasti si chiude con l'Ombrina, bieta alla brace e fondo bruno, banco di prova delle fermentazioni citate qualche riga sopra. La detersione conclusiva è totale grazie al limone di Sorrento massaggiato con il sale e messo sottovuoto per 4 settimane; il pesce, dal canto suo, gode di una cottura frazionata (brace, forno e rosolatura con burro alla francese) che spiana la strada alla verdura abbrustita su fiamma diretta.

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L'epilogo mantiene la promessa di una dolcezza pacata, tirando a freno gli zuccheri per lasciar emergere il carattere della frutta. Al centro, la pesca scomposta e ricomposta in un'escalation di forme complementari, dalla sciroppatura sottovuoto per preservarne la croccantezza alla purea, fino all'acqua profumata. Il cremoso di yogurt greco è il buffetto sulla guancia che ti fa bramare il bis dopo 7 portate, mentre lo sguardo cade sulle foto alle pareti: 2025, un ex chiosco in spiaggia è oggi un'insegna da mettere in lista nelle Marche.

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Contatti

La Rotonda Ristorante Porto Recanati

Via delle Nazioni, 27, 62017 Porto Recanati MC

Telefono: 071 214 6339

Sito web

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