“I nostri non sono solo dessert. Si tratta di un'esperienza gastronomica completa, costruita su ingredienti non convenzionali, con la struttura, la profondità e la complessità di un menu salato, ma realizzata con le tecniche della pasticceria”. René Frank e il concept rivoluzionario di CODA.
Crediti fotografici: Claudia Goedke
Il locale e lo chef
Berlino, solo questa città così viva, differente, piena di verde e ricca di connessioni, dove nascondersi o farsi trovare vale allo stesso modo, eterogenea nei luoghi e nei modi, teatro della memoria di quel tragico paradosso di cemento e ferro abbattuto nel 1989, figlio della disumanità, così assurdo e drammatico. Solo lei, aperta, laica e potente, poteva accogliere un’idea come quella di René Frank, pastry chef che tutto sembra tranne un semplice pasticciere, con tutto il rispetto dovuto alla categoria. Coda è l’ultima parte, l’appendice del corpo di molti animali, il finale di un pezzo musicale, la chiusura di un pasto. Nel caso di Frank, Coda è inizio e fine di un percorso gastronomico – entusiasmante - in cui dessert e dolce sono termini che non contengono né spiegano, non del tutto almeno, il concetto.


Vero è che insieme ad altri, innumerevoli titoli, questo cuoco tedesco classe 1984 è stato nominato Best Pastry chef sia da The World’s 50 Best Restaurants nel 2022 sia da The Best Chef Awards due anni dopo, ma quando ci si accomoda al tavolo e si inizia quel percorso di una quindicina di portate, è impossibile non cambiare i propri parametri sui confini tra dolce e salato, con una sorprendente serie di colpi di scena tecnicamente perfetti e insieme notevolmente golosi: l’impressione è quella di trovarsi di fronte a un perfezionista estremo che allo stesso tempo conserva un’anima creativa ribelle. Qualcosa che rimane in mente, in un mondo gastronomico popolato di trend tra loro simili che danno origine a proposte spesso anche molto buone ma tendenzialmente ripetitive. Sul fronte professionale, il percorso di René è costellato di tappe significative, come Oriol Balaguer, notevole cioccolateria a Barcellona, Akelarre a San Sebastian, Lampart’s in Svizzera, Georges Blanc, Nihon Ryori RyuGin a Tokyo, Kikunoi a Kyoto, oltre a presenze da ‘visitor’ al Centre de Formation di Alain Ducasse e al Culinary Institute of America.

Gli abbiamo chiesto quale tra queste esperienze fossero state secondo lui le più formative: “Onestamente, tutte: ogni luogo mi ha plasmato in modo unico. In Svizzera ho appreso precisione e disciplina, la Francia mi ha dato modo di scoprire la ricchezza della cucina ‘bourgeois’ e l’eleganza degli ingredienti classici di lusso. Il Giappone ha trasformato completamente la mia percezione di umami, texture e finezza, mentre la Spagna mi ha incoraggiato a uscire dagli schemi, essere sempre curioso, chiedermi il perché di tutto ed esplorare nuovi modi di pensiero.” Un altro interrogativo che ci siamo posti è legato a questa idea, tendenzialmente temeraria, di dar vita a un menu tutto a base di dessert: “Lo sviluppo è stato piuttosto organico. Una decina d’anni fa mi venne in mente di creare un dessert bar, qualcosa di casual e accessibile, sfidando l’idea che i dessert dovessero essere così dolci o banalmente soltanto la portata finale di un menu fine dining. Insomma, sentivo che i dessert meritavano la loro giusta attenzione. Non c'era mai stato il progetto di aprire un ristorante che potesse ambire a due stelle Michelin, la cosa si è evoluta in modo naturale. È cresciuta con il team, con i nostri ospiti e con la costante curiosità che ci ha spinto ad andare avanti.” CODA apre quindi nel 2016: accanto a Frank ci sono Julia A. Leitner come head chef e co-fondatrice e il business partner Oliver Bischoff.


La filosofia
Una delle sfide più importanti affrontata nel lanciare il ristorante, è stata proprio la comunicazione, ovvero “trovare il modo corretto di spiegare quello che facevamo e facciamo, ogni volta che il format stava evolvendo. Questo perché non rientriamo in una categoria standard, quindi ci è voluto tempo per sviluppare un linguaggio e una narrazione che aiutassero le persone a capire che i nostri non sono solo dessert. Si tratta di un'esperienza gastronomica completa, costruita su ingredienti non convenzionali, con la struttura, la profondità e la complessità di un menu salato, ma realizzata con le tecniche della pasticceria.” Aggiunge René: “Dopo quasi dieci anni, sento che abbiamo finalmente definito lo stile anticonformista di CODA. Ora si tratta di perfezionarlo e di aggiungere un ultimo livello di profondità che lo renda davvero non-categorizzabile. Vogliamo andare oltre le strutture di ristorazione tradizionali e creare qualcosa di olistico, un'esperienza così coesa e unica da non poter essere paragonata a nient'altro.”

Progetto certamente ambizioso il suo, ma certamente credibile, specie dopo che si è toccato con mano (meglio, assaggiato e goduto) quello che le sue parole intendono esprimere: “Credo che molti associno ancora i pasticceri principalmente a zucchero e decorazioni. Ma io non mi sono mai interessato alla dolcezza fine a sé stessa. Ciò che mi guida sono l'equilibrio, la precisione e la libertà creativa che deriva dal lavorare al di fuori dei confini della pasticceria classica. Sono attratto dal creare intenzionalmente, usando la pasticceria come mezzo per superare i confini del gusto.” Il rigore di René Frank e del suo team in cucina passa anche attraverso l’utilizzo di prodotti locali, biologici al 100%, da filiera ecologica e sostenibile. Da qui stagionalità e conservazione, totale assenza di ingredienti trasformati industrialmente o da allevamenti intensivi, tanto che dall’inizio del 2024, CODA è membro dell'associazione "Die Gemeinschaft", impegnata nella sostenibilità nel settore della ristorazione.


Tutto, nel menu, è progettato con cura estrema, incluso il pairing, alcolico o analcolico che sia, con percorsi molto elastici che comprendono dai vini di una carta piuttosto ben articolata, agli infusi home made, ai sakè. L’esperienza è decisamente in linea con le aspettative (alte) che inevitabilmente si creano alle prese con un luogo così ‘differente’. Nei piatti si sfruttano le potenti note umami di alcuni legumi, funghi e della fermentazione del riso, così come la dolcezza è naturale e deriva da frutta e verdura, mai da zuccheri aggiunti. Ancora, erbe amare e aromatiche, note sapide che arrivano da formaggi e combinazioni completamente fuori schema. In bocca resterà il ricordo indelebile di una sequenza progettata con grande intelligenza.
I piatti

Varrebbe la pena raccontare i piatti uno per uno, meglio ancora però passare da Berlino, per assaggiare cose buonissime come carrot and green, idea basata sulla dolcezza naturale della carota. Un involucro congelato, ottenuto da succo di carota ridotto, viene riempito di spuma di yogurt al latte-fieno. È abbinato a nocciole del Piemonte e a un confit di zenzero e finger lime. In superficie, creata con la forma naturale della carota, viene aggiunto del ‘cioccolato’ grattugiato ricavato dalle foglie. Infine, una ricca confettura di carote ridotte, arricchita con vaniglia. In abbinamento, un'acquavite di olivello spinoso e mandorle, con aggiunta di vermouth e verjus. Buttercream, plum, walnut e dulce seaweed è una pasta frolla alle noci guarnita con prugne semi-secche e glassata con un'intensa riduzione delle stesse.

Le bucce delle prugne diventano croccanti chips. Il piatto è servito con una meravigliosa crema di burro al miso, caffè e noci caramellate e alga dulce fritta, dalla quale arriva un aroma affumicato che assomiglia al bacon. Barbeito Madeira con tè nero cinese è il suo accompagnamento liquido. Il caviar popsicle è una di quelle portate che rimane nel cuore, di una seducente complessità golosa senza pari. Al cuore una ganache alle noci pecan, avvolta da topinambur e gelato alla vaniglia Bourbon del Madagascar. Il tutto è ricoperto da 12 grammi di caviale Oscietra di Sturia (Aquitania, Francia) e rifinito con cioccolato alle noci pecan: notevole.

Dike cheese tart è una crostata semicotta con formaggio Dike della Backensholzer Hof, nel nord della Germania, stagionato sotto le dighe del Mare del Nord, elemento profondamente umami. È accompagnata da fichi confit, olive taggiasche e una crema chantilly al burro e midollo, sì, midollo: pura gola. Viene servita con whisky di segale, sherry Manzanilla e succo di pomodoro Ruthje, corposo, fruttato e saporito. E ancora tante altre preparazioni che sorprendono, come la brioche con Gouda e cavolo navone, il waffle raclette con kimchi e yogurt, la radice di prezzemolo con aglio nero e pistacchio. Momenti gastronomicamente molto significativi, assolutamente da conoscere.


Contatti
CODA Dessert Dining
Friedelstraße 47, 12047 Berlin, Germania
Telefono: +49 30 91496396