“Molti chef rispetto alla critica sono sempre sulla difensiva, per l’insicurezza e per una certa paura che possa compromettere la loro attività. Invece i giudizi fanno maturare, sia positivi che negativi".
Foto dello chef: Joan Valera
A un anno dalla proclamazione di Disfrutar come miglior ristorante del mondo secondo la prestigiosa classifica The World’s 50 Best Restaurants, Mateu Casañas — uno dei tre chef fondatori — riflette sul valore del successo e sul ruolo della critica gastronomica. Intervistato nel podcast Quédate a comer, come riporta qui La Vanguardia, Casañas parla con sincerità delle emozioni vissute dopo il riconoscimento e dell'equilibrio precario tra ambizione e pressione. “È impossibile non pensare agli anni passati a El Bulli”, racconta. “Noi veniamo da lì, è parte del nostro DNA.” Il palco di Las Vegas, dove con i colleghi Oriol Castro ed Eduard Xatruch ha ringraziato per il primo posto, è stato anche un momento di bilancio: venticinque, ventisette, trent’anni di carriera alle spalle e la consapevolezza che dietro al “dal nulla al vertice” c’è ben altro.

Il prezzo invisibile del successo
Casañas non nega che l’ascesa abbia avuto un costo. “Non ho mai pensato che non ne valesse la pena, ma ti chiedi perché non sei riuscito a vivere tutto con un po’ meno pressione.” Una riflessione che tocca corde personali, legate ai sacrifici familiari e alla costanza necessaria per restare ai vertici della ristorazione internazionale. “Ogni riconoscimento comporta delle rinunce, e dietro ogni traguardo c’è qualcuno che ha perso qualcosa lungo la strada. È giusto ricordarlo.” Eppure, oggi, a distanza di tempo, lo chef guarda oltre il proprio successo. “Ne è valsa la pena, perché questo non è solo il nostro percorso. È quello di un intero settore che si fa cultura, territorio, comunità.”


Gastronomia come cultura e impegno sociale
Per Casañas, la cucina non è solo tecnica o spettacolo. È una forma di espressione culturale, collettiva. “La gastronomia riguarda anche i pescatori che lottano per trovare soluzioni sostenibili, gli agricoltori che manifestano per sopravvivere, chi custodisce la tradizione e chi la vuole innovare.” Il successo di Disfrutar è visto quindi come una tappa di un cammino più ampio, in cui la cucina è legata al territorio e alla società. Per questo, dice, è importante “fare pedagogia”, spiegare il lavoro che c’è dietro a un piatto d’alta cucina: partecipare a congressi, scrivere libri, dialogare con il pubblico.
Tre soci, un’anima condivisa (ma non sempre in accordo)
Un altro aspetto chiave del progetto Disfrutar è la sinergia tra i tre soci. Una sinergia che, però, non è mai stata facile. “Siamo tutti molto intensi, dobbiamo convincerci a vicenda per ogni decisione”, spiega Casañas. Questo rallenta i processi, ma garantisce, secondo lui, basi solide. Alla domanda sui difetti personali, risponde con disarmante onestà: “Il mio è l’intransigenza. Oriol ha un disordine caotico che però gli dà genialità. Eduard è forse intransigente come me, ed è per questo che siamo quelli che si scontrano di più.” Eppure, è proprio da questo confronto che nascono le scelte più significative.

La critica: scomoda ma necessaria
Uno dei passaggi più forti dell’intervista riguarda il rapporto con la critica gastronomica. Casañas non ha dubbi: “La critica è fondamentale. Non puoi voler partecipare solo quando parlano bene di te. Bisogna giocare sempre, anche quando le parole fanno male.” E aggiunge: “Spesso i cuochi la vivono sulla difensiva, per insicurezza o timore che danneggi il locale. Ma è proprio la critica che ti fa crescere.” Non si tratta solo di premi o recensioni positive. Il valore della critica, secondo lo chef, risiede nella sua capacità di generare riflessione e maturazione, anche nei momenti meno gratificanti.
Un progetto che guarda oltre la cucina
Disfrutar oggi non è solo un ristorante. È un simbolo di una cucina che evolve, che dialoga con il mondo, che accetta il confronto. Ma anche un esempio di coerenza, di dedizione e di coraggio. Casañas, Castro e Xatruch hanno costruito qualcosa che va oltre il piatto: un laboratorio creativo, una scuola di pensiero, una casa condivisa da chi crede che la gastronomia sia uno strumento di cambiamento culturale. In un’epoca di notorietà veloce e fragili certezze, Disfrutar resta un faro di autenticità. E anche una voce che non ha paura di ammettere le proprie fragilità, accettando le ombre insieme alla luce.
