Gabriele Di Lecce e Alessandra Serramondi, due giovanissimi sposi under 30, si stanno prodigando con inge-gno, talento e perseveranza nella riabilitazione della scena gastronomica romana con una ristorazione che ruota attorno al tema del pesce, e della verdura, alla brace.
Dogma
La storia
L’onda da cavalcare è quella giusta. L’importante è seguire un criterio, un dogma vero e giustificato. Con questo nome bene impresso nell’insegna, Dogma, Gabriele Di Lecce e Alessandra Serramondi a febbraio 2022 hanno aperto il loro ristorante a Roma. Due giovanissimi under 30 che si stanno prodigando con ingegno, talento e perseveranza nella riabilitazione della scena gastronomica locale con una ristorazione che ruota attorno al tema del pesce, e della verdura, alla brace. Con un’insegna decisa a seguire una certa dottrina, che eviti compromessi e si affacci a piccole realtà.
Lui, classe 1994, lo avevamo lasciato a Fiumicino nei panni di Sous Chef del ristorante Il Tino di Lele Usai, suo primo maestro. Originario di Ostia, giramondo, adottato nella Capitale, Gabriele dopo l’Istituto Alberghiero non si è più fermato. La prima esperienza è stata durante gli studi superiori dallo Chef Usai, quando era ancora ad Ostia, poi all’età di 17 anni è andato a Ischia, a Il Mosaico per poi tornare nel Lazio a Il Pagliaccio, dallo Chef Anthony Genovese.
La voglia di imparare lo ha portato a muoversi e a cercare sempre nuovi stimoli, così, di ritorno nel 2016 nelle cucine del Tino, ha fatto un’altra esperienza importante in Francia da Alléno Paris, il ristorante 3 stelle Michelin dello chef Yannick Alléno. E proprio continuando a navigare nel mare laziale, al Tino, avamposto di culto, dove si propone una cucina dalla possente impronta tradizionale, ribollente di contaminazioni francesi e nipponiche, Di Lecce ha intercettato la sua futura socia, nonché compagna di vita, Alessandra Serramondi, cubana di nascita e cittadina del mondo, calorosa e solare padrona di casa e sommelier, classe 1995.
“Io e Gabriele ci siamo conosciuti nel 2017 al Ristorante Il Tino. Dopo aver lavorato insieme diversi anni abbiamo sentito il bisogno di creare un qualcosa di nostro, e così abbiamo aperto DOGMA, il nostro piccolo grande universo” - racconta lei a inizio pranzo mentre stappa La Treggiata 2020 dell’azienda agricola Le Calle, curiosa etichetta, elegante passepartout da abbinare a tutti i piatti del menu degustazione ideato da Gabriele.
Gli occhi luccicanti di entrambi, mentre illustrano gli ambienti e la linea del locale è già una schietta lastra emotiva di questo progetto, decisamente unico e non etichettabile nell’esoscheletro che i due si sono prefissati in mente. Ribadisco, infatti, che Dogma non è un classico ristorante di pesce, ma piuttosto una realtà attiva e sempre in trasformazione, popolare ma non superficiale; un affare di famiglia, pronto a ribaltare l’idea che si ha del pesce a Roma.
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Il ristorante
Dogma ha acquisito così forma fisica in una zona molto strategica del panorama capitolino. Quella di Piazza Zama, nel cuore del quartiere San Giovanni, è un’area poco battuta dal settore fine dining, luogo ideale in cui ritagliarsi un’attenzione sostanziosa da amanti del buon cibo e del buon vino. L’insegna è nascosta, devi impegnarti per trovarla, infilata in una schiera di realtà più o meno discutibili. Entri e ti immergi in un piccolo universo fatto di pochi coperti. L’arredo è essenziale e ancora in fase di evoluzione, tra il bianco ed il nero.
A dare nell’occhio sono i tavoli nudi, neri brillanti e la piccola cantina a vista che ogni giorno cambia faccia grazie al perenne impegno di Alessandra nello scovare etichette e produttori da pelle d’oca. Ma cosa si mangia da Dogma è cosa buona e giusta da sapere. Cogli l’attimo e godine a pieno. Fino all’ultimo. Sia nell’approccio diversificato dell’ospitalità, sia nella linea gastronomica che Gabriele sta congegnando negli ultimi mesi, questo il fondamento della struttura. “DOGMA è una proposta nuova e divertente, una cucina dalle radici solide, genuina e tradizionale, concepita in un’ottica moderna. Il filo conduttore di tutti i miei piatti è il passaggio sulla brace, ma anche la grande attenzione alle materie prime e alla loro trasformazione” - approfondisce lo chef patron Gabriele Di Lecce.
Il menu di DOGMA parla dunque un linguaggio articolato e immediato, il cui protagonista è la brace insieme alla materia prima, diretta e di qualità. Brace. Figlia di un’eredità da scout di Gabriele, che da più piccolo si rifugiava nei boschi a cucinare, è lei a regnare in cucina. Il green egg è lo strumento utilizzato per cuocere in maniera diretta, o indiretta, pesci, verdure e pizza, in tempi e modalità che variano da prodotto a prodotto. Senza cestinare il background precedente, ma trasformandolo in uno stile più godibile, istintivo, divertente, Di Lecce propone una cucina conviviale e divertente, con il pesce alla base dei diversi piatti, unito a ingredienti di produttori attenti e etici e a una cottura stimolante e contemporanea che lascia percepire la tecnica imparata negli anni.
Niente crostacei, ma grande spazio a pesci locale di piccola taglia, quali alici, scorfanetti, tracine, occhiate, saraghi, paranza, materia prima povera e grezza che Di Lecce riesce a rendere elegante e contemporanea grazie a lavorazioni minuziose e abbinamenti mirati. Ci sono i fondi degli scarti del pesce e poi le verdure, rigorosamente laziali, che arrivano dall’orto del papà di Alessandra a Maccarese. La pasta e il pane sono fatti in casa con farine siciliane macinate al momento nel mulino della cucina. Oltre all’offerta alla carta c’è un menu degustazione da cinque portate a 40 euro, popolare nel prezzo e giovane e dinamico nell’evoluzione.
Per annaffiare la succulenza delle portate, la cantina di Dogma parte da una cinquantina di etichette non fossilizzandosi sulle mode passeggere e i soliti nomi. Il vino deve essere buono, con una carta contenuta ma che descriva una bella personalità: “La nostra carta è stata creata con molta cura” - dice Alessandra - “Sono presenti solo vini che come noi hanno una storia da raccontare. Vini puliti.”
I piatti
Si inizia con un assaggio di pane e focaccia fatti in casa. La seconda è cotta alla brace, soffice e rigorosamente da annegare in un mare di buon olio extravergine pugliese dalla spiccata nota mandorlata.
Il primo antipasto su cui si porta l’attenzione è “Tra il grano e il mare”, una frisella fatta in casa di grano Senatore Cappelli, giustamente imbibita di succo di pomodoro e condita con alici marinate, capperi fritti e cipolla in agrodolce. Il pesce è carnoso e saporito grazie alla particolare tecnica utilizzata, mentre il mix acido di cipolle e pomodoro stimola l’appetito e la portata successiva.
Ecco arrivare il Carciofo alla matticella, crema alla giudia e crudo del giorno. Figlia di tradizioni antiche restaurate con tecnica e creatività, la ricetta vede protagonista il carciofo cotto sotto le braci tutta la notte per cui il cuore si intenerisce mentre l’esterno assume tinte affumicate. Punte di crema di carciofo alla giudia e alla scapece esaltano ancora di più la bontà della materia prima, mentre il carpaccio di ombrina sale e pepe dà un tono marino, delicato al tutto.
Tortellini broccoli e arzilla. Un piatto che può sembrare austero ed eccessivamente tradizionale e che invece si rivela decisamente più contemporaneo, grazie al callo elastico e smagliante della sfoglia e l’incisività del ripieno di broccolo romano. Per esaltare lo spettro aromatico dell’arzilla, Gabriele serve i tortelli spadellandoli con la besciamella di arzilla ottenuta dal fondo del pesce stesso, adornandoli infine con broccoli marinati e arzilla alla brace. Acuti acidi e rinascimentali in circuito estasiante.
Vince a mani basse come piatto della serata lo Spaghetto alla chitarra e pesce da zuppa. Abbinamento classico massimizzato con timbro tostissimo, per un primo piatto da standing ovation dove la pasta fatta in casa viene avvolta da una zuppa ristretta, lucida e saporita, amplificata nei suoi toni dalla marmora alla brace ed una pungente panure all’aglio.
Pescato del giorno alla diavola e bieta all’agro. L’ultimo piatto della degustazione vede protagonista il fragolino, cotto alla diavola, per cui scottato alla brace e laccato con una salsa a base di peperone e peperoncino. Semplice ma efficace nel gusto vede accompagnarsi ad un contorno eccellente per qualità, cottura ed equilibro nei condimenti.
Il ragazzo ha sensibilità e tecnica da vendere, ce lo dimostra con il dessert: Paris-brest alla nocciola. Lui che viene dalla scuola del noto pasticcere Andrea De Bellis, tira fuori dal cilindro un dolce impressionante per la consistenza extra-vellutata della ganache interna a base di nocciola e per l’allungo sensoriale innescato dalla combo di elementi, che dialogano armonici sul solco di croccantezze spinte, fornite dal guscio di pasta bignè e contrappunti sapidi e zuccherini della farcia interna. Chapeau!
Foto di Andrea Di Lorenzo
Indirizzo
RISTORANTE DOGMA
Piazza Zama 34, 00183 Roma
Tel. 06 86679819
info@ristorantedogma.com
Aperto il martedì a cena e dal mercoledì alla domenica a pranzo e a cena www.ristorantedogma.com