L’intervista del nostro direttore Pietro Pio Pitzalis a Giancarlo Perbellini, svoltasi in occasione del Congresso 2025 di identità Golose. Il grande chef ci racconta il nuovo ristorante, i piatti che hanno segnato la sua ricerca culinaria e le prospettive del fine dining. Un aspetto da rivalutare? La sala.
Copertina di Brambilla-Serrani
Quest’anno sei diventato il tredicesimo 3 stelle Michelin italiano. Come hai accolto questa notizia e questo grande traguardo, oltre a tutti gli altri arrivati con il debutto del nuovo ristorante?
Il riconoscimento è stato accolto da tutti noi con grande piacere. Non che lo cercassimo in modo ossessivo, ma faceva parte di un percorso ed era un po' il coronamento di una carriera; fra l’altro, in un posto molto importante che ci ha dato una grande energia. Così la terza stella è arrivata.

Ecco, a proposito: cosa ci racconti del nuovo locale?
Il nuovo locale, intanto, ha una storia centenaria. Oltre ad esser stato il primo ristorante 2 Stelle Michelin in Italia, io ci ero passato a 18 anni e mezzo e ci sono rientrato di nuovo 41 anni dopo. Nutro un grande amore per questo posto e credo che, a sua volta, mi abbia ridato molto, perché comunque rappresenta la storia della gastronomia e anche un po' la storia italiana: di lì è passata l'Italia pensante. Gli abbiamo dunque dato una nuova giovinezza, rispettando però la sua storia.

Sei particolarmente noto, oltre che come chef, per l’attitudine “da cuoco” che riesce ad improvvisare ai fornelli con una grande facilità. Non è così semplice; nel tuo percorso troviamo grandi piatti classici che hanno lasciato il segno, dei signature dishes molto famosi. Toglici una curiosità: ci sono, nel menù attuale del ristorante, delle creazioni che non riesci ad eliminare dopo tanti anni e dei piatti nuovi dei quali invece vai particolarmente fiero?
Sicuramente "Il mio wafer" con tartare di branzino, caprino e sciroppo di liquirizia: lo teniamo in carta da 27 anni! Un altro piatto inamovibile è quello ispirato a Piazza San Zeno, la piazza del “papà dello gnocco”, maschera iconica del Carnevale di Verona. Il venerdì prima dell'ultimo giorno di Carnevale vede protagonista lo “gnoccolare”, così ogni anno pensavamo ad uno gnocco a tema. Ebbene, quattro anni fa è nato il nostro gnocco di patate con una spuma anch’essa di patate.

Col tempo è diventato un simbolo sia di Verona che del ristorante, perché non riusciamo più a toglierlo. Infine, un'altra creazione che resta fissa in menu da 4-5 anni è un'insalata “di partenza”. E infatti noi oggi (in occasione del Congresso di Identità Golose, ndr) abbiamo presentato due insalate, perché la piacevolezza e la freschezza di questo ingrediente -naturalmente lavorato con le nostre idee- predispone il palato a un degustazione di 4 o 5 portate.

Per chiudere, passiamo al tema cruciale di questo periodo: la situazione del fine dining, che molti considerano attualmente in difficoltà. Difficile pensare che chi fa seriamente accoglienza, offrendo anche una buona materia prima, possa avere problemi. Tu cosa ne pensi?
Penso alle Soste, dove troviamo più di cento ristoranti fine dining che prosperano e vanno avanti per la loro strada. Poi, nel commercio -perché di quello stiamo parlando, in fin dei conti- è ovvio che qualche progetto possa anche non andare a buon fine. Non credo ci siano associazioni migliori delle Soste, che esprimono davvero che cos'è il fine dining in Italia. Credo che le esasperazioni magari ogni tanto possano stancare, però solo quello. A mio avviso la cucina italiana e la cucina fine dining vivranno ancora per molti anni.

Quanto è importante, invece, il servizio di sala?
Il servizio di sala significa presenza, come è sempre stato a Casa Perbellini: rappresenta forse il 60% del ristorante. Il problema è che noi avevamo una grande scuola di ricevimento e di sala e l'abbiamo totalmente persa - un fatto molto, molto grave. Speriamo che le scuole siano rifondate e che la sala trovi nuova linfa attraverso i ragazzi, perché l’accoglienza è uno dei lavori più belli del mondo.