L’indirizzo romano è l’unica novità stellata capitolina del 2025: un lavoro corale capitanato dallo chef campano che delizia tra sapori inediti e ricordi d’infanzia.
Il ristorante
Dopo diversi anni di attesa da Achilli al Parlamento è tornata a brillare la stella Michelin. Un risultato meritato, cercato e inseguito con determinazione dai proprietari e da tutto lo staff della blasonata enoteca romana che dal 1972 è un porto sicuro nel centro della Capitale. Un riconoscimento ancor più sentito se consideriamo che quella di Achilli è l’unica novità stellata romana dell’edizione 2025 della celebre guida Rossa. Un lavoro corale capitanato da Pierluigi Gallo, chef campano alla guida dell’insegna dal 2021; il cuoco originario di Castellamare di Stabia è arrivato da Achilli al Parlamento “in punta di piedi” e ha compiuto una rivoluzione silenziosa, sapendo che la stella Michelin era un obiettivo ma non doveva essere un’ossessione.


Così insieme ai proprietari Daniele Tagliaferri e Cinzia Achilli ha portato a compimento quel lavoro di rinnovamento che serviva all’indirizzo per tornare nell’Olimpo dei grandi nomi. Perché se la storia va tramandata e rispettata, bisogna anche essere consapevoli che ogni tanto qualche cambiamento è necessario. “Oggi chi entra da noi può trovare lo stesso approccio professionale e competente di sempre, ma anche una visione della cucina molto contemporanea e una proposta in grado di accontentare veramente tutti – racconta Cinzia Achilli –. Chi entra per un piatto e un calice di vino, e chi invece desidera abbandonarsi al percorso degustazione completo. Il nostro obiettivo è far comprendere come Achilli può essere un porto sicuro per tutti, ma non per questo scontato, anzi».

Ecco che allora la prima sala di Achilli è pensata per accogliere una proposta più informale e veloce, una vera enoteca dove il cliente può scegliere tra oltre 4mila bottiglie di vino – nota di servizio: la politica vigente è quella di applicare solo il prezzo dello scaffale, quindi nessun surplus per la consumazione enoica al tavolo – e accomodarsi per un aperitivo o un pranzo smart. Mentre è nella seconda sala che avviene la magia del fine dining con una tavola semplice ed essenziale, spoglia di tovaglie e dettagli inutili: il racconto gastronomico è concentrato essenzialmente sulla cucina di Pierluigi Gallo coadiuvato da un servizio giovane, accogliente e dinamico.


Lo chef
Due menu degustazione (di 5 e 8 portate) più la carta esprimono la filosofia del cuoco che ha scoperto la passione per la cucina all’età di 16 anni e quasi per caso. “Io lavoravo nel ristorante pizzeria di mio padre a San Salvo come cameriere – racconta Gallo –. Poi una sera per esigenza mi sono messo a fare le pizze e ho capito che era un’emozione diversa: cucinare mi appagava di più”.

Una passione che entrerà nel vivo qualche anno più tardi, con l’Osteria del Gallo nel piccolo paesino abruzzese di Montenero di Bisaccia. Ma è con l’Accademia di Niko Romito (all’età di 29 anni) che il cuoco campano acquisisce le competenze necessarie per entrare nel mondo dell’alta cucina; un talento riconosciuto anche dallo chef di Castel di Sangro che lo accoglierà nelle cucine del ristorante Reale fino al raggiungimento della terza stella. “Ero alla partita dei primi. L’anno della terza stella è stato massacrante ma a Niko devo tutto i miei saperi gastronomici”, rivela Pierluigi Gallo.
I piatti

Nonostante nella cucina dello chef ci sia tanta Campania, uno dei suoi benvenuti è un omaggio a Roma e all’intramontabile panino con la porchetta: una Pagnottella – farina Senatore Cappelli – con collo di maiale marinato alle erbe per cinque giorni. Il richiamo alla sua regione natia è più intenso che mai con il Casatiello da tavola che viene servito insieme alla focaccia e dei grissini aromatizzati al finocchietto e miele. Dopo il tripudio lievitato si comincia con Seppia, miele di zucca e capperi: un inizio grintoso data la notevole acidità complessiva del piatto di cui apprezziamo l’ottima callosità del mollusco e il finale sapido dell’estratto di capperi. L’inizio sprint viene affievolito dall’Insalatina di ceci e tartufo nero in cui il dialogo tra i due ingredienti è palpabile. Qui il cecio viene lavorato in tre consistente – bollito, in riduzione e in versione maionese aromatizzata al rosmarino – e accompagnato da un’intelligente crema di mandorle che chiude una portata notevole nella sua semplicità.

L’effetto wow avviene con il Senza spaghetto alle vongole, in cui i tortelli celano un ripieno di crema di spaghetti stracotti avvolti all’esterno da un’emulsione di vongole e dell’olio al prezzemolo. Un piatto essenziale e un esempio di come si può giocare con la tradizione ed elevarla a qualcosa di poetico. Pierluigi Gallo dimostra una grande dimestichezza con i primi – e senso estetico – anche con lo Spaghetto limone, provola e zafferano. Lo spaghettino Pietro Massi viene cotto in un brodo di zafferano e terminato con limone e siero di provola affumicata. Una ricetta essenziale in cui risulta fondamentale la cottura al chiodo della pasta che si presenta di un colore giallo acceso grazie alla sua lavorazione nel brodo di zafferano.


Il viaggio gastronomico continua con uno dei signature di Gallo, Baccalà, lattuga, bufala e ventricina: baccalà in olio cottura, spuma di ventricina, lattuga saltata e crema di mozzarella di bufala. “È il piatto più vecchio che ho creato, uno delle prime ricette pensate per una ristorazione di questo tipo – commenta lo chef campano –. Qui la vera protagonista è la ventricina che con la sua piccantezza trova una spalla ideale nel baccalà che dissalo per tante ore primo di farlo giungere alla consistenza desiderata”.

È di scuola Romito la Lattuga come un’insalata mista che viene marinata in osmosi e arrostita solo da un lato prima di essere condita con crema di carote arrosto, pomodorino semi-dry, cipolla in agrodolce, capperi fritti e gel di mela verde. Un piatto tecnico ma efficace che prepara il palato ad assaporare un dolce che dice tanto dell’amore di Pierluigi Gallo per la Campania. “Non è un dolce conosciutissimo ma è nel mio cuore – rivela lo chef –. Me lo faceva mia nonna quando ero piccolo”. Il cuoco trasforma il suo ricordo di zuppa di latte con pane raffermo in Pane, latte e caffè, un dessert composto da crumble al cacao, mollica di pane, semifreddo al caffè e crema di latte addolcita dal cioccolato bianco. “È un dolce che tengo sempre in carta, mi piace tanto raccontarlo perché è una ricetta più emozionale che tecnica” chiosa Gallo, regalandoci con questo finale una delle cene più vibranti del 2025.


Contatti
Achilli al Parlamento
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