L’intervista del nostro direttore Pietro Pio Pitzalis a Massimiliano Alajmo in occasione di Identità Golose 2025: lo chef tristellato racconta la sua filosofia, la sperimentazione de Le Calandre e il recente intervento durante il congresso.
Massimiliano, raccontaci un po' questo congresso e il tuo intervento.
L'intervento che abbiamo fatto con Corrado (Assenza, ndr) è legato a una lettura, se vogliamo, del tempo, del futuro e di quello che viene richiesto oggi, cioè la richiesta stessa della novità. Dunque, abbiamo cercato un po' di analizzare questi temi attorno a un leitmotiv che è “Il senso nei sensi”; un titolo che rappresenta una domanda, ma anche una risposta. Abbiamo cercato di portare attraverso l'elaborazione di alcuni pensieri l'utilizzo della nostra sensorialità. Nel caso specifico, io ho approfondito il tema della tattilità: tattilità gestuale, ma anche palatale! Tutto ciò che riguarda l'elaborazione dei dati che riceviamo e assimiliamo, le percezioni profonde, cercando di marcare la differenza tra sensazione e percezione. Corrado ha parlato molto di gesto: il valore del gesto, il sindacato del gesto.


Abbiamo parlato di quello che è il senso del tempo e la sua percezione; quindi, come vivere il tempo e dove "trovare" il futuro. A mio avviso, il futuro lo troviamo nel presente. Potremmo fare l’esempio della semina, che ci consente di impiantare un germe per il domani e al tempo stesso ci porta a raccogliere un'eredità proveniente dal passato. La chiave è vivere con consapevolezza ogni gesto ed ogni intenzione, per poter utilizzare tutti gli strumenti che abbiamo e non essere utilizzati da essi. A mio avviso servirebbe una sorta di riumanizzazione dell'uomo, una consapevolezza di quella macchina straordinaria che è il corpo umano. Il nostro organismo è incredibile, ci consente di elaborare, archiviare e registrare un’ampia serie di dati. Poi li rielaboriamo, e in qualche maniera capiamo quali sono i prossimi passi da compiere.



Una riflessione molto interessante. Parliamo invece del ristorante di punta del gruppo, Le Calandre, il tuo “ambiente”… cosa ci racconti, in che direzione sta andando?
Le Calandre è un po' l'espressione del tipo di fine dining che amiamo intimamente: sempre molto essenziale nella forma, nel senso che tolti gli orpelli si tenta di dare priorità all’essenza delle cose. Al tempo stesso, cerchiamo di corrispondere alle esigenze di chi siede alla nostra tavola, centralizzando l'ospite -che non è un consumatore. Sul podio noi mettiamo sempre il cliente, che deve avere la possibilità di scegliere, di sentirsi accolto, di vivere in maniera straordinaria il convivio. Il contesto in cui si trova, l’insieme delle relazioni, non è solo cibo: il cibo che serviamo deve essere proposto in una maniera che porti agio alle persone. Questa è un po' in soldoni la sintesi -poi, attraverso cosa e come, quelle sono delle modalità. Ma l'intenzione è proprio verticale sulla cura dell'ospite.


Stai sperimentando qualche tecnica particolare, qualche novità, rispetto a tutte le altre cose che hai già fatto finora?
Facciamo molte ricerche, vogliamo sempre approfondire i dettagli e selezionare nuovi artigiani del cibo per valorizzarne i prodotti; cerchiamo anche di comprendere ciò che c'è stato prima, di analizzare il presente, di intercettare quello che può essere in linea con questo periodo storico.