“Spesso la gente afferma che ‘Etxebarri è caro’, ma vorrei mostrare loro le bollette che ricevo, così possono dirmi se quello che chiedo è davvero onesto”.
Foto di copertina: @ Marcus Gyger, EFE
Ogni mattina, alle 6:30, Bittor Arginzoniz è già davanti al fuoco. Lo accende, lo ascolta, lo governa. Lo fa da trent’anni, senza mai allontanarsi dalla sua missione: trattare il fuoco come un artigiano, trasformare la griglia in uno strumento di precisione assoluta. È il cuore pulsante dell’Asador Etxebarri, ristorante nei Paesi Baschi considerato tra i migliori al mondo, secondo nella classifica dei 50 Best Restaurants, e icona globale della cucina alla brace.
L’antistar dei fornelli
Arginzoniz non è uno chef da copertina. Detesta i riflettori, rifugge i congressi gastronomici, si definisce “un semplice lavoratore”. Ma dietro quella timidezza ruvida si cela un genio ossessivo, un innovatore silenzioso capace di rivoluzionare la cottura sulla brace senza mai abbandonare la sua valle natale, Atxondo.

Nato come guardaboschi, passato per dieci anni in una cartiera, ha acquistato con i suoi risparmi un bar abbandonato del paese e lo ha trasformato, da autodidatta, in un tempio del fuoco. Non c’è nulla di casuale nella sua cucina: sceglie il legno più adatto per ogni ingrediente — quercia per la carne, arancio per il salmone, melo per il caviale. Ha inventato utensili su misura, come padelle microforate al laser per cuocere anguille e funghi, e controlla maniacalmente ogni punto di cottura. “Sono sacri — dice a BBC — e se non li alleni, li perdi”.
Dal bosco alla brace
Per Arginzoniz, la cucina comincia dal prodotto. Ha costruito un vivaio per allevare le proprie angulas e fa arrivare bufale dall’Italia per produrre burrata con il latte munto da lui stesso. Misura il pH della carne per evitare imperfezioni legate allo stress animale. “Non discuto il prezzo — afferma — cerco la massima qualità”.

Una vita di fuoco e disciplina
Ogni giorno lavora dalle sei e mezza del mattino alle otto di sera. Prepara il formaggio, cuoce il pane, accende i forni per le braci. Quando torna a casa, la suocera gli ha già cucinato uno stufato: porri e patate dolci, lenticchie o quello che c’è. “È il mio momento di pace”, confessa, prima di andare a dormire alle dieci e mezza. Non prende vere vacanze: ad agosto chiude il ristorante, ma ne approfitta per ristrutturare, modificare, migliorare. “È difficile fermarsi quando fai ciò che ami”, ammette.
Prezzo e onestà
Il menù degustazione di Etxebarri costa 280 euro, bevande escluse. Le prenotazioni richiedono mesi di anticipo e un pagamento anticipato. “Molti dicono che è caro — spiega — ma vorrei far vedere le bollette e tutto il lavoro che c’è dietro. Se facessi pagare il doppio, verrebbero lo stesso. Ma no, non è il mio stile”.

Non ci saranno succursali, né eredi designati. “I miei figli hanno scelto altre strade. E io non ho mai cercato il successo. È arrivato da solo. Se la gente apprezza ciò che faccio, ben venga. Ma io voglio solo continuare a cucinare. Continuare a grigliare. Continuare ad ascoltare il fuoco”.