Una fascinosa dimora storica fra la brughiera e il mare è il set della performance orchestrata da Hugo Roellinger: ecco dove e come lavora il nuovo 3 stelle francese.
Lo chef
C’è un angolo di Bretagna dove la cucina si trasforma in un racconto sussurrato dal vento e dalla luna, e dove ogni piatto sembra uscire dalle pagine di un romanzo romantico. Si chiama Le Coquillage, ed è il ristorante incastonato sul litorale nord della Francia che ha appena conquistato la terza stella Michelin, guidato dallo chef Hugo Roellinger, erede di una stirpe gastronomica che sa parlare con le spezie e ascoltare il mare. Arrivare a Le Coquillage è già, di per sé, un'esperienza immersiva: un sentiero alberato che attraversa un parco fiorito ti accompagna fino a una dimora anni Venti dall’aspetto di un affascinante maniero, affacciato sulle brughiere e sull’incredibile panorama della baia del Mont-Saint-Michel. L’aria sa di salsedine e promesse. È come entrare in un romanzo di Emily Brontë, con il mare a pochi passi e un silenzio che sembra fatto apposta per preparare i sensi a un altro tipo di tempesta: quella dei sapori.


Ad accogliere i commensali, racconta Michelin qui in uno speciale dedicato, c’è Marine Roellinger, il sorriso gentile di una casa che respira storia e innovazione. Le stanze sono intime, con boiserie calde e pavimenti antichi che scricchiolano appena, mentre le grandi finestre ad arco incorniciano la vista sull’oceano, come in un quadro in continuo movimento. La tavola è apparecchiata come un altare marino, ma senza retorica: piatti modellati con l’argilla della spiaggia, posate che diventano pinze, conchiglie come raccoglibriciole. È l’oceano che si insinua con eleganza, mai sopra le righe, e che diventa linguaggio nella cucina di Hugo Roellinger. Il figlio d’arte – suo padre è il leggendario Olivier Roellinger – padroneggia le spezie con una grazia disarmante, mai invasiva, sempre calibrata.

Il personale, giovane e appassionato, si muove con discrezione e sicurezza. Ogni piatto viene presentato con parole misurate e appassionate, come si fa con qualcosa che si ama davvero. Il sommelier, Gaylord Goulette, è una bussola fidata tra calici e suggestioni, mentre Valentine Roy, maître d’ dal tocco delicato, serve il formaggio con la grazia di chi sa rendere memorabile anche un semplice gesto. Il menu, intitolato Au gré du vent et de la lune ("A seconda del vento e della luna"), è un viaggio in 12 portate che scivolano l’una dentro l’altra con un ritmo impeccabile. Non si sceglie: ci si affida. E ogni piatto è un piccolo mondo, diverso nell’aspetto e nella temperatura, nella consistenza e nell’intuizione. Le porzioni, affermno gli ispettori, sono perfette: mai eccessive, sempre così buone da far desiderare un bis che non arriva. Ma è giusto così. Perché ogni morso è un ricordo da trattenere.

Difficile scegliere il momento più alto, ma alcuni piatti restano impressi come poesie bretoni scritte sul palato. Chemin des Douaniers – ispirato al celebre sentiero costiero – è una sinfonia di granchio e erbe selvatiche, con un tuorlo d’uovo candito nel sidro e una salsa avvolgente di uova di granchio. Il profumo di finocchio marino, sambuco e aghi di pino è un invito a perdersi tra gli aromi del paesaggio. Bois de Cassis è invece una danza sensuale tra capasanta cruda, gelatina di grano saraceno e rosa bruna, caviale stagionato e un profumo insistente di ribes nero, che si insinua anche nel pepe e nell’olio. Un piatto che gioca con i contrasti e ne esce vincitore, come una ballata malinconica e raffinata.

Hugo Roellinger non cucina solo ingredienti: cucina paesaggi, emozioni, memorie. E lo fa con una voce sua, riconoscibile, profonda. “Ogni piatto è un viaggio”, sembra suggerire, e questa nuova terza stella non è che il faro che illumina il cammino di un talento in continua evoluzione. A Le Coquillage, la gastronomia diventa racconto, il mare si fa poesia, e il tempo si dilata in una cena che non si vorrebbe finisse mai.