Top Chef

Marco Pierre White: “La vita da chef è una vita di solitudine. Più hai successo, più ti deprimi”

di:
Elisa Erriu
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“Raggiungere un enorme successo ti rende solitario. Ti perdi molto, ti deprimi. E quello che scopri è che tutti diventano gelosi di te”.

Lo chef

Enfant terrible dell'alta cucina, è stato il più giovane chef della storia a conquistare tre stelle Michelin, ma al tempo stesso non ha mai smesso di far parlare di sé. L'ultima dichiarazione? Sulle potenzialità del microonde per realizzare piatti da manuale. Del resto, Marco Pierre White, un tempo definito “rockstar” della gastronomia e primo vero “celebrity chef”, all'apice del successo rifiutò persino i 3 macaron. Un percorso, il suo, destinato tuttavia a intrecciarsi con quello di grandi colleghi come l'amico Anthony Bourdain, che lo elogiò per aver “cambiato per sempre il fine dining”. Genio e sregolatezza ben riassunti dalle dichiarazioni che oggi riporta il magazine online Esquire Qualche esempio? “Il successo nasce dall’arroganza, ma la grandezza è figlia dell’umiltà,” afferma il top chef, condensando in poche parole una filosofia di vita forgiata sia dentro che fuori dalla cucina. La vita ai fornelli, per lui, non è un insieme di ricette, ma una vera e propria filosofia. “Tranne che per la pasticceria,” precisa, “che invece è chimica pura.” Una volta compresi i principi fondamentali, tutto diventa più semplice.

Marco Pierre White AGA
@AGA

È impossibile parlare di White senza evocare l’iconica foto in bianco e nero scattata da Bob Carlos Clark, quella che lo ritrae con lunghi capelli e una sigaretta tra le dita, immortalato in White Heat. “Quell’immagine ha cambiato il modo in cui il pubblico vedeva i cuochi,” racconta. “I cuochi erano ancora considerati uomini in cappelli alti, e invece si sono trovati davanti un ‘lunatico’ che lavorava cento ore a settimana.” La ribellione è sempre stata nel DNA di White. Quando ha lasciato che le telecamere entrassero nella sua cucina, lo hanno provocato. “Ero giovane e ci sono cascato, ma è stata la cosa migliore che mi potesse accadere. Da allora non ho più permesso che entrassero.” La vera svolta, però, arrivò a 32 anni. Una voce dentro di lui gli chiese: “Marco, chi è tua madre?” Nel ripercorrere ogni ricordo, capì non tanto chi fosse lei, ma chi fosse lui. Questa rivelazione trasformò il suo approccio alla cucina. “Diventò tutto semplice,” racconta, “e poco dopo conquistai tre stelle Michelin.”

marco pierre white chef Bob Carlos Clark
@Bob Carlos Clark

Tuttavia, per White, mantenerle si rivelò noioso. “Vincere tre stelle è eccitante, difenderle è piuttosto monotono. Ecco perché tanti chef da tre stelle non stanno mai nelle loro cucine.” La sua decisione di restituire le stelle fu una ribellione contro ciò che considerava una farsa. “Essere giudicato da persone con meno competenze di me? Perché dovrei dare valore a quel giudizio? Tenerle sarebbe stato vivere una menzogna.” Poi il lato buio del successo: “Raggiungere un'enorme notorietà ti rende solitario. Ti perdi molto, ti deprimi. E quello che scopri è che tutti diventano gelosi di te”. E ancora: “Molti misurano il successo in termini di ricchezza. Quanto è superficiale.” Per lui, la bellezza è nell’atto di lasciar andare, nel guardare le cose da una distanza che ne restituisca il vero valore. E se pensate che White sia un purista gastronomico, vi sorprenderà sentirlo difendere persino McDonald’s. “Non si può criticare, vero? Guardate le cose per quello che sono, non per quello che vorreste che fossero. Il peggior difetto del mio settore è lo snobismo.”

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Con una visione lucida e spesso spiazzante, Marco Pierre White ci ricorda che la cucina, come la vita, è un equilibrio tra passione e consapevolezza. E forse, proprio in questa danza tra grandezza e umiltà, risiede il segreto di un uomo che ha trasformato un’arte in un modo di essere.

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