Nel cuore del distretto finanziario di Dubai, tra grattacieli e lusso sfrenato, c’è un ristorante che sta rivoluzionando il concetto di sostenibilità. Si chiama Boca e non si limita a parlare di etica ambientale: la applica in ogni dettaglio, dai menù stampati su carta riciclata ai piatti creati con ingredienti locali, spesso raccolti direttamente nel deserto. Il suo fondatore, Omar Shihab, spiega che la sostenibilità non è una tendenza, ma un impegno misurabile con numeri concreti.
La sfida di un ristorante sostenibile a Dubai
Dubai è spesso associata all’eccesso e al consumo sfrenato, ma dietro le luci brillanti si sta muovendo qualcosa. Shihab racconta di un cambiamento in corso: start-up agricole, ricerche su colture resistenti al sale, sperimentazioni per coltivare quinoa nel deserto. In un ambiente così estremo, adattarsi significa innovare. "Vivere e produrre cibo negli Emirati Arabi è come vivere nel futuro", racconta Shihab a 50 Best. "Le condizioni climatiche stanno diventando sempre più difficili ovunque e potremmo essere il modello per la produzione alimentare del domani.”

Ingredienti dal mare e dal deserto
Quando Boca ha aperto nel 2014, il team ha puntato sul mare per trovare ingredienti sostenibili. Le acque del Golfo Arabico offrono un’ampia varietà di pesce, evitando però le specie sovrasfruttate come l’hammour, ora allevato responsabilmente. La vera sfida, però, è stata trovare risorse sulla terraferma. In un Paese con meno del 2% di terreno coltivabile, il concetto di agricoltura va ripensato. Boca ha riscoperto le piante autoctone: "Da bambini, dopo le piogge, andavamo nel deserto a cercare erbe selvatiche", ricorda Shihab. Oggi il ristorante utilizza erbe rare come il khansour, che arricchisce un cocktail a base di pisco, e le foglie di seedaf, protagoniste di un’insalata unica.

Agricoltura innovativa: dal foraging alla tecnologia
Dubai importa oltre l’80% del proprio cibo, ma qualcosa sta cambiando. La scarsità d’acqua ha spinto verso soluzioni creative, come i funghi lion’s-mane coltivati su foglie di palma scartate e i pomodori idroponici senza pesticidi di Al Ain, perfetti per il gazpacho della chef Patricia Roig. Per Boca, la sostenibilità è anche una questione di adattamento e valorizzazione delle risorse disponibili.

Misurare la sostenibilità: dati, non parole
Boca non si accontenta di dichiararsi sostenibile, lo dimostra con i fatti. Il suo Manifesto di Sostenibilità – 31 pagine dettagliate – analizza ogni aspetto del ristorante: gli scarti di ananas diventano soda, le divise del personale sono in canapa biodegradabile, l’acqua è filtrata e imbottigliata in loco. Inoltre, il ristorante pesa e registra ogni grammo di rifiuti prodotti da cinque anni, un metodo che Shihab definisce "rivoluzionario nella sua semplicità".
Equilibrio tra etica e ospitalità
Nonostante l’impegno ambientale, la priorità di Boca resta sempre l’ospitalità. Solo il 20% dei clienti sceglie il ristorante per la sua sostenibilità, ma per Shihab non è un problema. "Prima di tutto, siamo qui per offrire un’esperienza straordinaria", spiega. "La sostenibilità è una scelta che abbiamo fatto dietro le quinte, ma l’ospite deve godersi il pasto senza sentirsi obbligato a pensarci.”

Il futuro: un ristorante a impatto zero
Per essere davvero sostenibile, un’azienda deve bilanciare tre fattori: persone, pianeta e profitto. "Se non ci sosteniamo economicamente, non possiamo portare avanti il cambiamento", afferma Shihab. Il suo sogno è creare uno spazio completamente circolare, con una cucina sperimentale, un giardino, un ristorante e una sala degustazione progettati per ridurre al minimo l’impatto ambientale. "Voglio applicare tutto ciò che abbiamo imparato e costruire un ristorante che sia un modello di sostenibilità per il futuro.”
Boca dimostra che anche in un ambiente difficile come il deserto si può creare un’alta cucina responsabile. Non si tratta solo di ridurre gli sprechi o scegliere prodotti locali, ma di ripensare ogni aspetto della ristorazione. Un’ispirazione concreta per il futuro del cibo.