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APCI punta sui giovani, la visione di Vincenzo Butticé: “Non critichiamoli, formiamoli bene”

di:
La Redazione
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"Istruzione enogastronomica: mentre tutti sparano addosso, spezziamo una lancia a favore". La visione di Vincenzo Butticé – Vicepresidente APCI Nord Italia.

*Contenuto con finalità promozionali

L'istruzione enogastronomica rappresenta un pilastro fondamentale nella formazione delle nuove generazioni di professionisti del settore, ma il suo potenziale è spesso limitato da una gestione frammentata e da un approccio che non si è evoluto di pari passo con le esigenze attuali. L'introduzione di  diverse risorse, competenze e modifiche ai percorsi ha certamente ampliato le opportunità, ma ha anche generato confusione e conflitti tra le metodologie tradizionali e quelle richieste dalle aziende ristorative attuali.

Formazione o addestramento?

Uno dei nodi principali è il contrasto tra la necessità di acquisire conoscenze e competenze teoriche e la tendenza, diffusa tra gli insegnanti tecnico-pratici, di perpetuare un addestramento che rispecchia un modello operativo superato. Le ore di laboratorio – passate da 18 a una media di 3-6 ore settimanali – hanno ridotto drasticamente il tempo dedicato alla pratica. Tuttavia, non è soltanto una questione di quantità, ma anche di qualità: un approccio più mirato e realistico potrebbe fornire alle limitazioni temporali una coerente risposta. Per comprendere meglio, si può fare un parallelismo con la formazione medica. Un chirurgo internista, al termine del percorso universitario, non possiede ancora l'addestramento necessario per operare autonomamente: questa competenza viene affinata sul campo, in ospedale, sotto la guida di specialisti esperti. Analogamente, l'istruzione enogastronomica dovrebbe concentrarsi sulla costruzione di basi solide, lasciando il perfezionamento pratico al mondo del lavoro, dove ogni azienda ristorativa può formare, plasmare le abilità degli aspiranti chef secondo le proprie esigenze.

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Un'organizzazione a staffetta: sogno o utopia?

Un modello innovativo potrebbe consistere in un'organizzazione didattica “a staffetta” tra le classi, sia orizzontale che verticale. Questo sistema prevederebbe che gli studenti più giovani si concentrino sulle operazioni basilari, come la pulizia e il lavaggio degli ortaggi, passando poi il testimone ai colleghi del secondo anno, che lavorano sulle preparazioni preliminari, fino agli allievi delle classi superiori, e quindi solo dopo un percorso si acquisirebbe la responsabilità della realizzazione finale dei piatti. Una struttura simile, sebbene affascinante sulla carta, appare difficile da realizzare nella pratica, considerando le limitazioni, le resistenze e le differenze di approccio tra docenti e istituti. Le richieste delle aziende ristorative, inoltre, non sembrano favorire una formazione scolastica eccessivamente specializzata: molti ristoratori preferiscono formare i giovani direttamente in azienda, adattandoli alle specifiche esigenze delle proprie brigate dei propri team. Questo ribadisce l'importanza di un equilibrio tra la formazione teorica e un'esperienza pratica che matura nel contesto lavorativo.

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Un'altra freccia a favore della Generazione Z

La generazione Z, con il suo pragmatismo e la sua attenzione ai dettagli, rappresenta una risorsa straordinaria. Tuttavia, troppo spesso viene criticata per la sua inclinazione al "qui e ora", piuttosto che valorizzata per la capacità di adattarsi rapidamente e cogliere opportunità. Gli adulti, in particolare i professionisti senior, dovrebbero abbandonare atteggiamenti nostalgici e paternalistici, come il diffuso “ai miei tempi si faceva così”, per concentrarsi sull'innovazione e sulla creazione di modelli didattico/formativi concreti e funzionali. Sarebbe necessario agire con coerenza, offrendo opportunità reali e sostenibili che guidino i giovani verso il futuro, anziché rimpiangere un passato che non tornerà.

Il valore dell'ordine e dell'errore in cucina: un caso concreto

L'arte culinaria è molto più che una semplice somma di tecniche, ricette e presentazioni. È un riflesso della vita stessa: un percorso fatto di ordine, creatività, errori e apprendimento continuo. Durante una recente lezione di cucina con gli studenti della quarta dell'Istituto Olivetti di Monza, ho avuto l'opportunità di osservare come questo principio fondamentale prenda forma attraverso l'entusiasmo e la freschezza della generazione Z, le giovani leve che plasmeranno il futuro della cucina italiana e non solo.

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L'entusiasmo dell'inizio e il caos creativo

La prima immagine cattura il fervore di un gruppo di studenti impegnati nel loro lavoro. Si percepisce chiaramente l'energia vibrante e la voglia di sperimentare che caratterizzano i giovani allievi. Tuttavia, quell'entusiasmo, talvolta, ha un prezzo: l'ordine del piano di lavoro viene trascurato e il disordine prende il sopravvento. Questo caos, lontano dall'essere un difetto, rappresenta un momento essenziale della crescita. È in quel fervore iniziale che si commettono errori, e proprio questi diventano una leva per migliorarsi. In cucina, così come nella vita, sbagliare non è mai un fallimento fine a sé stesso, ma un'occasione per riflettere, apprendere e trasformarsi. È qui che i giovani studenti iniziano a comprendere una lezione cruciale: l'errore non è un ostacolo, ma una pietra miliare nel cammino verso l'eccellenza.

Dall'errore alla consapevolezza

La seconda immagine racconta una storia diversa, quella della consapevolezza acquisita. Dopo aver riconosciuto e analizzato i propri errori, gli studenti ripristinano l'ordine, sistemano gli strumenti e riorganizzano gli spazi di lavoro. Non si tratta di un semplice atto di disciplina esteriore, ma di un processo interiore: il passaggio dal caos alla chiarezza, dalla confusione alla maturità. Questo momento segna un cambio di prospettiva. L'errore viene accolto come parte naturale del percorso, un'opportunità per migliorarsi e per apprendere l'importanza del rispetto per sé stessi, per il proprio lavoro e per il gruppo. È in questi atti apparentemente semplici che si costruisce il carattere di un futuro chef: umiltà, autocritica e capacità di adattamento. L'errore, quando condiviso e discusso, diventa un elemento di forza per il gruppo. La cucina non è solo uno spazio di creatività individuale, ma un laboratorio di collaborazione, dove ogni membro del team contribuisce al successo collettivo. Gli studenti imparano a sostenersi una vicenda, a correggersi reciprocamente e a trovare soluzioni condivise. È qui che si gettano le basi per un futuro professionale solido, fondatore su valori autentici.

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Un messaggio per i futuri chef

Insegnare cucina non significa solo trasmettere tecniche, ricette o nozioni sui sapori. Significa anche educare alla consapevolezza, al rispetto e all'equilibrio interiore. Significa mostrare che ogni errore è un'opportunità di crescita, che il successo nasce dall'umiltà di riconoscere i propri limiti e dal coraggio di superarli. Per la generazione Z, spesso descritta come impaziente ma creativa, il valore dell'ordine e della riflessione sull'errore è una lezione che va ben oltre la cucina. È un insegnamento di vita, un invito a trasformare ogni sfida in un'opportunità per crescere. In fondo, il vero chef non è solo chi sa cucinare, ma chi sa imparare. E osservare i miei allievi compiere questo percorso, ripristinando l'ordine e riscoprendo la loro forza attraverso l'errore, è la più grande soddisfazione che un insegnante possa provare. La cucina, così, diventa un luogo di crescita personale e collettiva, dove ogni piatto racconta non solo una storia di sapori, ma anche di carattere, impegno e determinazione. Ed è proprio in questo intreccio che si trova la vera eccellenza. Possiamo quindi concludere sottolineando che l'istruzione enogastronomica italiana ha davanti a sé una sfida cruciale: quella di adattarsi alle esigenze del presente senza rinunciare alla propria identità. Solo attraverso una collaborazione tra scuole, aziende e istituzioni sarà possibile creare un sistema formativo che prepari gli studenti alle sfide del settore, senza perdere di vista l'evoluzione dei tempi e delle esigenze di mercato. La generazione Z, con il suo spirito innovativo e la sua energia, merita un investimento serio e strutturato, capace di trasformare la loro determinazione in un successo per tutto il settore enogastronomico.

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