Non delude le aspettative il lab 2022 di Mauro Uliassi, che non cede al cliché di se stesso, ma amplia il suo stile al vegetale quale esaltatore dell’ingrediente, per fissare sul palato la fata morgana del gusto nuovo.
Uliassi Lab 2022
Il Lab 2022 di Mauro Uliassi
Ci siamo. Finalmente, su prenotazione, è possibile assaggiare il Lab 2022 di Mauro Uliassi, messo a punto come ogni anno a porte chiuse con i collaboratori più stretti: Mauro Paolini, Luciano Serritelli, Michele Rocchi (ora esternalizzato), Yury Raggini, Andrea Merloni, Mattia Colacicco, il pasticciere Mattia Casabianca e la new entry siciliana Giuseppe Merlino, tutti sottoposti alla bussola gustativa del capo. O sì o no. Il focus, come sempre, è sul gusto in chiave emozionale, ma il metodo è spietatamente razionale, se non proprio scientifico. Al punto da ricostruire una totalità esperienziale in grado di catturare tutto l’ospite, dal basso.
“I lavori quest’anno si sono protratti per 40 giorni, a causa di alcuni casi di positività, tutti asintomatici. L’anno scorso il lab era piaciuto molto, quindi ci sembrava ancora più complicato alzare l’asticella. Partivamo da ottimi spunti a livello di sapore e abbinamenti buonissimi, raccolti e testati nei mesi precedenti, ma faticavamo a chiudere i piatti. Abbiamo perfino pensato di riproporre il menu precedente, affinandolo, poi negli ultimi dieci giorni il guizzo. E alla fine siamo rimasti soddisfatti: ogni piatto racconta qualcosa, è tagliente, ha un suo carattere”.
Il modus operandi è codificato: prima una settimana di scambi di idee e informazioni, senza pratica; poi il passaggio in cucina con l’allestimento di una tavolozza di elaborazioni, dove lo stesso ingrediente viene sottoposto alle bacchette di estrattori, distillatori, fermentatori per un diverso ventaglio di sapidità, in cerca della scintilla con cui incendiare il proprio partner, a sua volta da individuare. “Oggi, per esempio, ho assaggiato un fiorellino minuscolo, di cui avevo letto su un blog. Sa di liquirizia, mandorla amara, zafferano… Potrebbe essere fantastico con le vongole o i ricci, la selvaggina o un dessert. E partono le prove”.
A parte i soliti piatti capolavoro, come seppia e colombaccio, a colpire è il rifiuto di sedersi sugli allori. Nessun pilota automatico, tanto che per la prima volta cade il rituale degli irresistibili appetizer (è rimasto solo il wafer con il burro composto all’aringa e l’olio al rosmarino, senza crostino né oliva, né kir, né altro) e anche il golosissimo cestino del pane, che rischierebbe di imbastardire il gusto delle salse, arriva in seconda battuta, un po’ ridimensionato.
Soprattutto il ciclo delle frattaglie di mare sembra essersi esaurito, mentre si profilano nuove frontiere per l’esplorazione. Colpiva, negli anni passati, la renitenza di Uliassi a sposare la moda green. E meno male, visto che al vegetale è arrivato infine seguendo un percorso proprio, per necessità stilistica e riflessione originale. Di fatto l’ingrediente “principale”, la proteina di turno, non è mai protagonista e ci si chiede perfino se sia destinato a restare: è la guarnizione, con i suoi picchi vegetali, a generare letteralmente il piatto, elettrizzandolo come un campo magnetico.
“A casa mi nutro principalmente di verdura e anche qui al ristorante ci siamo resi conto di quanto possa essere utile per raccogliere sapidità e gusti. Nel senso che la carne può essere cruda o cotta, non ha grandi sfumature. E i fondi, come le bisque, per me sono chiusi. Va un po’ meglio col pesce, che ha la polpa fresca, leggermente minerale, la sapidità dei frutti di mare, il fenico e lo iodato dei ricci, le alghe ossidate… Per 3 o 4 anni ci siamo concentrati sulle interiora, ma dopo un po’ anche con l’ausilio delle tecnologie il gioco finisce. Il vegetale no, ha tutt’altra capacità di timbro gustativo sul piatto”. E a dire il vero qualche avvisaglia non era mancata, dall’insalata di pesche e morchelle alla pasta e pomodoro alla Hilde con foglie di fico, ripresa dal lab dell’anno scorso insieme al gambero rosso alla cannella.
I piatti
Si inizia quindi con #slidetotaste, gelatina di sedano e prezzemolo all’acciuga da scarpettare col dito per una sinfonia di sapidità che resetta il palato, mentre invita a scorrere i piatti del ventesimo lab del ristorante. Gli autori sono Giuseppe Merlino e Michele Rocchi.
Gusto propedeutico all’ingresso del riccio, legato da affinità elettive al sedano (l’anno scorso non a caso al levistico). Ne esistono tre tipologie, spiega Uliassi: i migliori, attaccati alla roccia, fenici e iodati; quelli trascinati dalle mareggiate sulla sabbia, che scaricano sapidità, e quelli depositati sulle alghe, che acquistano una nota erbacea. E proprio da quest’ultima nasce l’abbinamento. Ma il legame è solo temporale, perché le lingue, congelate sottovuoto, poi battute al coltello e lavorate in purezza con la frusta in una crema densa e freddissima, sposano la zafferanella, che ne prolunga il fenico, e i mandarini frullati colla buccia al Rotovac, il cui amaro allunga il sale. Il tutto dentro un bignè al nero di seppia versione craquelin, per un effetto quasi di limone confit o delizia salata al mandarino. Un altro piatto di Michele Rocchi, con lo zampino di Mattia Casabianca.
La seppia è un topos uliassiano. Nella ricetta attuale, firmata da Mauro Paolini e Yuri Raggini, è principalmente masticazione, mentre il gioco le si accende intorno. “Tutto è nato passando il pomodoro verde al Rotovac e abbinandolo al polline: ci piaceva molto la sinergia fra l’acidità tagliente e la nota dolciastra e cerosa, rotonda, avvolgente che smorza. Serviva una punta amara che ripulire dalla salivazione innescata dall’acidità e l’abbiamo trovata nelle olive da cultivar carboncella o moraiolo, messe sotto sale, reidratate ed essiccate”. Ed è un vero gusto nuovo, fata morgana dell’avanguardia anni zero, quasi cardamomo o altra spezia orientale.
Matteo Colacicco è l’autore dell’incisiva ostrica, brevemente scottata e servita con pesto di rucola grigliata, rucola, borragine ed erba buon Enrico fresca, salsa all’aringa affumicata.
Strepitose, poi, le lumache, altro topos uliassiano, servite con una spuma di friggitelli innalzata dall’olio aromatizzato all’origano. “Le abbiamo sempre trattate in modo diverso da come si presentano sui libri, ovvero in intingolo oppure alla bourguignonne, attingendo piuttosto dal loro habitat, quindi fosso, levistico, erbe sulla spiaggia… Quest’anno Peppe Merlino, coautore con Mauro Paolini, ha tirato fuori il gusto del friggitello, che è molto vegetale ed esplode grazie all’origano, più una cascata di erbe essiccate sulle morbidezze”.
Anche l’anguilla, cotta alla brace ma croccante, è nata dalla sua guarnizione. “Avevamo l’impianto: questa albicocca condita con albicocche secche acidulate all’umeboshi e cardamomo dolce sottovuoto, più olio di alloro, rafano che apre le narici, riduzione di aceto di lamponi”. Autori Luciano Serritelli e Andrea Merloni.
Alla struggente pasta e pomodoro alla Hilde in infuso di foglie di fico fa seguito un’altra pasta secca nel registro dell’understatement: gli spaghetti al tonno di Mauro Paolini, ufficialmente entremetier, e Peppe Bianchi, che ha portato a Senigallia i profumi del sud.
Quindi il tonno saltato con aglio, prezzemolo e brodo vegetale per un guazzetto intenso; altro tonno bagnato con acqua di vongole e capperi, congelato e grattato sopra come formaggio; in finitura olive siciliane, capperi con i loro fiori, olio di finocchio selvatico e scorza di limone. I flavour di sempre con una potenza nuova.
Strepitoso in chiusura il colombaccio, ultimo leitmotiv del pasto, firmato da Luciano Serritelli e Andrea Merloni. “Un piatto che non smette di muoversi in bocca. Il volatile lo spacchiamo a metà e lo scottiamo 20 secondi sulla piastra, all’unilaterale. Poi ci sono il cardamomo nero e le fave di cacao per la consistenza, il Lagavulin, anche sul cucchiaino, per la sensazione di torba, il brodo di tabacco gelificato e in spuma. Perché i cacciatori portavano sempre la stessa divisa, che lavavano ogni tot mesi, e nell’armadio si caricava di fumo di sigarette e di sudore”. Dove il risultato è una sensazione secca di sparo, quasi astringente nonostante le liquidità, con il mirtillo essiccato e il pompelmo a smorzare.
I dessert sono firmati da Mattia Casabianca. Prima arriva il sorbetto di mucillagine di cabosside di cacao, ingrediente scoperto nel laboratorio del cioccolatiere Alberto Simionato, dolce e acidulo, fra il litchi e la pera, più mandorle amare e purea di mango; poi il riso al latte di cocco con ananas osmotizzato al rhum, menta e cannolo di gelato al mais, per un defaticante twist tropicale.
Foto di Lido Vannucchi
Indirizzo
Ristorante Uliassi
Indirizzo: Banchina di Levante, 6, 60019 Senigallia AN
Tel. 07165463
Sito Web