"Siamo onesti: a nessun ristoratore fa piacere avere clienti che consumano poco". Con queste parole Pau Gascó, chef del ristorante Follia a Sant Joan Despí, vicino Barcellona, accende il dibattito su un tema spinoso per il mondo della ristorazione. Ogni tavolo con basso consumo rappresenta una perdita per il locale, una situazione che rischia di compromettere seriamente la sostenibilità economica di molte attività.
Crediti foto di copertina: Joan Mateu Parra
Il peso del ticket medio
Il concetto chiave per comprendere il problema è il ticket medio, ossia la spesa media per cliente. Se un tavolo spende 30 euro invece di 50, il ristoratore deve compensare con altri clienti che arrivino a 70 euro per mantenere l’equilibrio.

Tuttavia, se questo equilibrio viene meno, le conseguenze sono inevitabili: “Se il ticket medio scende, i prezzi aumentano altrove”, afferma Gascó - come riportato da La Vanguardia -, spiegando che tali rincari colpiscono spesso proprio i clienti più generosi, costretti a pagare di più per coprire le perdite generate dai tavoli meno redditizi.
Menu degustazione e altre soluzioni
Per contrastare il problema, alcuni ristoratori come Gascó hanno adottato il menu degustazione, una formula che garantisce un minimo di spesa per coperto.

Questa strategia, che ha funzionato per cinque anni nel suo precedente locale, il Petit Pau, ha permesso di assicurare la sostenibilità economica, sebbene non sia sempre applicabile a tutti i tipi di ristorante. Altri, invece, cercano di attirare un pubblico specifico, disposto a spendere di più, adottando piccoli accorgimenti per alzare la percezione del valore del locale, come l’uso di tovaglie di stoffa o un servizio più raffinato.
Un equilibrio delicato
Non tutti i ristoratori, però, si lamentano apertamente. Bruno Lombán, chef del Quince Nudos a Ribadesella, riconosce che “non ci arrabbiamo se qualcuno ordina poco, ma non ci conviene e non ci interessa”.

Lombán racconta di clienti che, pur avvisati gentilmente dal personale, insistono nel consumare poco, rimanendo poi insoddisfatti e criticando il ristorante. Questo tipo di cliente, che spesso cerca un’esperienza a basso costo, può rappresentare una sfida per i locali che puntano sulla qualità e non possono permettersi una rotazione elevata.
La frammentazione della domanda
Il problema non riguarda solo i clienti “parsimoniosi”, ma anche il cambiamento delle abitudini di consumo. Jordi Fenoll, chef del Margarit a Barcellona, evidenzia che oggi la spesa complessiva è cresciuta, ma è distribuita tra più locali.

“Trent’anni fa uscire a cena era un’eccezione, ora è un’abitudine”, spiega. Questo ha moltiplicato l’offerta, frammentando la domanda. Fenoll paragona la situazione al mondo della musica: “Prima c’erano pochi dischi e tutti li compravano. Ora ci sono milioni di brani in streaming e il pubblico è disperso”.
Fattori sociali e culturali
Secondo Fenoll, variabili come età, classe sociale e persino genere influiscono sul ticket medio. “I giovani sono più precari e consumano meno. Inoltre, le donne spesso sentono una maggiore pressione sociale sulle diete e sull’aspetto fisico, il che le porta a ordinare poco”, osserva.

Tuttavia, lo stesso cliente che oggi spende poco potrebbe tornare domani e consumare di più. Gascó scherza: “Io stesso non bevo vino e so di rappresentare una perdita per il ristorante quando mi siedo a un tavolo. Fortuna che almeno mangio tanto!”.
Come affrontare il problema?
Se da un lato è comprensibile che i clienti cerchino di risparmiare, dall’altro i ristoratori devono trovare soluzioni per mantenere l’equilibrio economico senza alienare la clientela.

Che si tratti di ripensare il target, introdurre menu degustazione o puntare su un’esperienza più esclusiva, il problema resta complesso e richiede un’attenta riflessione su come bilanciare i bisogni di consumatori e ristoratori.