Locanda Radici è un tempio sacro ed ecosostenibile, rispettoso dell’ambiente, dove la tradizione gastronomica del Sannio si fonde con la visione innovativa dello chef Angelo D’Amico. Ogni suo piatto racconta una storia legata al territorio e reinterpretata attraverso tecniche moderne, con una meticolosa attenzione alla qualità e alla provenienza della materia prima.
Il territorio
Gioiello incastonato fra verdi colline e vaste valli, il comune di Melizzano, situato nei pressi delle falde occidentali del Monte Taburno, rappresenta il cuore del Sannio beneventano. Le vigne si estendono per chilometri, creando un panorama che, visto dall’alto, somiglia a un tessuto ricamato a mano: ogni filare disegna un motivo ricorrente e armonioso, un velluto perfettamente intrecciato.
Quando il sole tramonta, breve e fugace, tinge d’oro gli olivi, antichissimi, e le campagne silenti, sospese nel tempo: qui la mano d’opera dell’uomo e la natura, viva, si chiudono in un abbraccio caldo e avvolgente, rifugio che protegge dal resto del mondo. I torrenti argentati sguizzano vivaci e rispecchiano il cielo sereno, i più prossimi alimentano le rigogliose colture e contribuiscono al sostentamento della ricca vegetazione. Mentre i due fiumi principali, il Volturno e il Calore s’incontrano, fondendosi sinergicamente, per poi sfociare a Castel Volturno.
Il piccolo borgo medievale, con le sue case in pietra, e i suoi edifici storici, rievoca epoche dimenticate: in piazza Roma si trova il castello della famiglia Caracciolo caratterizzato da merlatura ghibellina che percorre tutta l’architettura, mura robuste e finestre minuscole. Sorge al centro del paese, dominandolo: un tempo fu la residenza di nobili che esercitavano il loro potere sulla comunità, oggi invece è un simbolo, punto di riferimento per gli autoctoni e i visitatori.
Lo chef
Proprio in questa zona, due fratelli appassionati nel 2017 hanno deciso di dare vita a Locanda Radici, iniziativa matura, cosciente e consapevole, tanto che nel 2023 ha ricevuto il premio "No food waste" dal Gambero Rosso. Angelo D’Amico, nato a Vico Equense, propone una cucina mediterranea, pura, priva di orpelli, originale ma soprattutto genuina e travolgente, nonché raffinata.
“I clienti solitamente si alzano da tavola leggerissimi e soddisfatti al tempo stesso, significa che stiamo andando nella giusta direzione. Formula vincente non solo per loro, ma anche per noi: io in primis a casa mia voglio mangiare bene” dichiara lo chef. Con un’esperienza alle spalle di 25 anni, e un curriculum importante, si è da subito confrontato con le tecniche moderne senza mai dimenticare le sue origini: le ricette della nonna Lucia, fornaia, regina del pollo alla cacciatora, sono state il punto di partenza per reinventare i sentori intensi dell’infanzia e della terra che ha da sempre vissuto.
Dopo essere uscito all’Istituto Alberghiero di Benevento è partito giovanissimo, iniziando la sua carriera a Roma presso l'Eden con Enrico Derflinger. Successivamente lavorando a Palazzo Sasso di Ravello con Anthony Genovese, poi al Cracco Peck a Milano, proseguendo ad Oxford al Le Menoir di Raymond Blanc e a Parigi all'Arpège di Alain Passard. Ha continuato a Labico con Bernardino Lombardo, per concludere il suo percorso formativo da Antonello Colonna come executive.
I piatti
Le creazioni che porta in tavola sono espressione di numerosi studi e di tutto ciò che ha appreso durante i suoi viaggi, anche se il ricordo riecheggia possente: il passato e il presente si completano a vicenda, poiché è bene trasformare la materia prima con ingegno, ma è ancor meglio preservarne l’essenza.
L’uovo croccante, biologico, proveniente da galline allevate ad alta quota, nella Piana di Prata, con tuorlo cremoso, mozzarella di bufala e tartufo (talvolta anche bianco), ad esempio, ma anche i cappellacci allo scarpariello 2.0 e il risotto al blu di capra e falanghina del Sannio DOP.
O l’agnello Laticauda (fra i migliori piatti 2024 per il critico, e nostra firma, Marco Colognese): carrè arrosto alla lavanda, pancia, polpetta di spalla con menta e pecorino. La razza, allevata allo stato semi-brado, dalla coda larga, viene valorizzata al meglio in tre diverse preparazioni per tre sue parti distinte: ogni taglio è un frammento identitario, non nasce da una singola ispirazione ma da una somma di considerazioni, e si riflette quindi sulla circolarità come elemento della sostenibilità ai fornelli - “della bestia non si butta via niente, con le carcasse si fanno dei fondi”.
La sostenibilità
Giuseppe D’Amico, maître e sommelier, laureato in ingegneria energetica, ha sviluppato un modello matematico-analitico che consente di valutare l'impatto ambientale di ogni proposta. Risparmio ed emissioni di CO₂ - con lo scopo di ridurle al minimo - diventano i parametri cardine monitorati a partire dalla produzione dei prodotti. La selezione accurata dei fornitori, esclusivamente a km 0, e la particolare attenzione che segue nella realizzazione delle portate, consente di segnalare già nel menù, attraverso il simbolo del trifoglio (verde, giallo e arancione), piatti di stagione, rispettosi e leggibili, ma anche le aziende da cui si approvvigionano.
“Le cotture prolungate distruggono gli ingredienti e conseguentemente i sapori autentici andrebbero persi; dunque, preferisco cucinare tutto sul momento” racconta Angelo. “Io mi reco personalmente dai contadini e dagli artigiani locali, inizialmente ho dovuto sceglierli in base alle mie esigenze: se mi occorre la Salsiccia Rossa di Castelpoto, insaccato di suino tutelato dal presidio Slow Food, so dove recarmi. Per quanto concerne la maggior parte degli ortaggi abbiamo un ettaro di terreno di cui si occupa mio papà, i restanti ce li consegnano in cassette di legno. Nulla viene contaminato dagli insetticidi”.
E continua: “Pensate che il Dipartimento di Agraria della Federico II di Napoli ci ha portati fino a Vienna ad un convegno internazionale, poiché siamo stati oggetto di analisi di ricerca nel progetto CWTC24 Culinary and Wine Tourism; è stato possibile grazie alla nostra dedizione e all’impegno nei confronti dell’ecosistema”.
“Il mio obiettivo è quello di rilanciare elementi della tradizione morenti: il grano Senatore Cappelli, la farina di Saragolla, i fagioli e lo zafferano del Taburno, e le patate interrate. Quest'ultime vengono seminate a maggio e raccolte fra agosto e settembre, avvolte da felci e riposte in dei fossi, successivamente ricoperti, in modo tale da formare una cupoletta che richiuda la buca e che le protegga dall’acqua e dal freddo rigido”.
Il futuro? Lo dettano gli avventori e i giovani - “La nostra forza” - per questo il team di Locanda Radici ascolta e non si lascia sfuggire alcunché, “Ogni settimana ospitiamo circa 180/200 coperti massimo, è sinonimo di qualità e garanzia. È un dettaglio fondamentale che non passa inosservato, come pure la trasparenza”.
Contatti
Indirizzo: SP 21, Strada Provinciale Frasso Solopaca 5 (Contrada San Vincenzo), 82030, Melizzano (BN)
Telefono:
082 4944506
+39 3406901057
Sito web: locandaradici.it