Sean, giornalista della BBC cieco dall'età di 14 anni, racconta come il legame con i cani guida rappresenti tutta la sua libertà e indipendenza. Ma ogni rifiuto di accesso si traduce in un disagio emotivo devastante. “È come essere colpiti allo stomaco”, dice, respinto da un locale con il suo animale al seguito.
La notizia
Ci sono battaglie che non si scelgono, ma che diventano parte della vita di chi deve affrontarle ogni giorno. Sean Dilley, giornalista della BBC supportato da cani guida da oltre 25 anni, conosce bene la discriminazione che può nascondersi dietro una porta chiusa. L’ultimo episodio, avvenuto di recente in un ristorante, rappresenta l’ennesima negazione del diritto di accesso, come racconta la celebre testata.Negare l’ingresso a una persona cieca accompagnata dal proprio cane guida non è solo moralmente sbagliato: è anche contro la legge. In Inghilterra, Galles e Scozia, l'Equality Act 2010 protegge il diritto all'accesso senza discriminazioni, mentre in Irlanda del Nord vale il Disability Discrimination Act 1995. Eppure, Sean racconta che la sua esperienza quotidiana dice il contrario: rifiuti frequenti e motivazioni pretestuose, come allergie o mancanza di spazio, continuano a rappresentare ostacoli apparentemente insormontabili.
La discriminazione non si ferma alla soglia dei negozi o dei ristoranti. Una volta portate queste esperienze sui social, Sean ha dovuto affrontare una valanga di insulti, minacce e ostilità. Da utenti che si dichiarano ex-poliziotti a semplici troll, gli attacchi vanno ben oltre la critica, spingendosi fino a intimidazioni di violenza e offese alla sua famiglia. Sean, cieco dall'età di 14 anni a causa di glaucoma e ipertensione, racconta come il legame con i suoi cani guida – Brandy, Chipp, Sammy e ora Shawn – rappresenti la sua libertà e indipendenza. Ma ogni rifiuto di accesso si traduce in un disagio emotivo devastante. “È come essere colpiti allo stomaco,” scrive, paragonando la sensazione a un furto subito in passato.
Nonostante tutto, la frustrazione cresce non solo per le barriere fisiche, ma anche per quelle legali: mentre per i taxi rifiutare un cane guida è considerato un reato, per i negozi e i ristoranti si tratta di una questione civile, lasciando alla persona discriminata l'onere di raccogliere prove e perseguire l'accaduto. Dopo anni di tentativi di sensibilizzazione, Sean si trova a un bivio. “Perché continuare a espormi a tutto questo?” si chiede, riferendosi alla stanchezza derivante non solo dalle sue battaglie quotidiane, ma anche dall’odio online. La risposta è complessa: da una parte, il desiderio di far luce su una realtà che molti ignorano; dall’altra, il peso insostenibile dell’odio che ne deriva. Sean conclude con un’amara riflessione: “Vedere è facile. Più difficile sembra capire cosa significhi non poterlo fare.” Una frase che ci invita a guardare il mondo meno con gli occhi e più con il cuore.