I commenti non si sono fatti attendere, sottolineando la dissonanza tra il prestigio del locale di lusso e le condizioni di assunzione del personale.
Immagini: Shutterstock
La notizia
Quando il lusso lascia l’amaro in bocca: la scena dell’ospitalità è spesso associata ad agio, raffinatezza e impeccabile servizio al cliente. Tuttavia, dietro le quinte di alcuni ristoranti si celano realtà ben meno scintillanti, come dimostra una recente offerta di lavoro che ha sollevato una tempesta di indignazione sui social. L’episodio è emerso tramite l’account Twitter di @soycamarero, una piattaforma che spesso denuncia le difficili condizioni lavorative nel settore della ristorazione. Nel post incriminato, viene mostrata una conversazione su WhatsApp tra un albergatore e un potenziale dipendente. L’offerta? Un contratto a tempo pieno per 1.400 euro netti al mese, ma con un calendario a dir poco proibitivo: 60 ore settimanali distribuite su turni da 12 ore al giorno, con straordinari non menzionati.
Il dettaglio che rende la proposta ancora più controversa è il contesto: sembra infatti trattarsi di un prestigioso gourmet, premiato fra l'altro con una Stella Michelin, simbolo di eccellenza culinaria (ma evidentemente -nel caso specifico- non di equità lavorativa). Il tweet ha rapidamente catturato l’attenzione degli utenti, diventando virale e scatenando un acceso dibattito. I commenti non si sono fatti attendere, sottolineando la dissonanza tra il prestigio del locale e le condizioni offerte al personale: "Un ristorante stellato guadagna 500 euro con un solo menù degustazione. Con quattro coperti hanno già coperto uno stipendio mensile. Ridicolo!". O ancora: "Il Ministero del Lavoro dovrebbe iniziare a mettere ordine in questi settori quasi schiavisti, invece di parlare di riduzione dell’orario a 37,5 ore." Giudizi, questi, che da un lato non fotografano i costi reali di un gourmet, dall'altro tentano di evidenziare le storture di un sistema più ampio, certamente esteso a tutte le tipologie di locali.
Ad ogni modo questo caso non è isolato, ma rappresenta una problematica diffusa in un settore dove i turni interminabili, le basse retribuzioni e la scarsa valorizzazione del personale sono purtroppo frequenti. La carenza di lavoratori, acuita dalla pandemia, è anche il risultato di condizioni che sempre più giovani faticano ad accettare. La situazione solleva interrogativi sulla sostenibilità di un modello che privilegia l’immagine e l’esperienza del cliente, spesso a scapito della dignità dei lavoratori. Come può un’industria prosperare se non investe nelle persone che ne sono il cuore pulsante?