Elegante, delicata, gustosa, selvaggia. Questa è la cucina di Catalina Vélez e così è lei. Una chef di cultura innamorata del proprio paese, con il potere di far innamorare della Colombia chiunque trascorra del tempo in sua compagnia. Io ho avuto questo piacere.
La chef
Lo sguardo distaccato del reporter vacilla di fronte a Catalina Vélez. E c’è da ammetterlo, così vale un po’ in tutta la Colombia dove la quotidianità è misurata da sentimenti, passione, smisurata ospitalità e affetto smodato. Difficile dunque mantenere uno sguardo lucido mentre gli interpreti materiali della cultura colombiana te la raccontano e te la fanno vivere con un naturale smodato orgoglio. Tutto questo è accentuato con Cata, questo il nome con cui è da tutti conosciuta in Colombia.
Atterro a Cali, la capitale mondiale della salsa, per la prima volta, con non poca emozione raggiungo l’Alko Hotel Casa Níspero nel tradizionale e festoso quartiere San Antonio, dove si trova anche Domingo, il suo ristorante qui inaugurato alla fine del 2023. Ma ce ne sono di storie prima di arrivare al presente. Catalina è di Pereira, si è formata al Cordon Bleu di Parigi, ha viaggiato a lungo e un giorno ha deciso di rientrare per esaltarsi ed esaltare il suo paese, ma non a Pereira, a Cali. Lei crede di essere stata scelta da Cali, il potere della città in cui si dice che il diavolo abbia deciso di restare a vivere, magia e cultura afro nella spirituale Cali. E dunque dopo 18 anni trascorsi attraverso la Colombia alla ricerca di ingredienti, sapori e tradizioni culinarie di diverse regioni, la chef televisiva considerata un’ambasciatrice culinaria del sud-ovest della Colombia, presenta oggi tutta la sua conoscenza in una vera e propria “oasi gastrosociale verde”.
Con una cucina aperta di fronte a un orto commestibile con oltre 300 piante, tra cui alberi da frutto e oltre 70 specie autoctone della valle del Pacifico, il ristorante integra i sapori della gastronomia tradizionale in cui gli ingredienti locali colombiani provenienti da agricoltura biologica sono i protagonisti. Basandosi sul concetto di “paesaggi commestibili”, Catalina porta in tavola il ripristino del valore del patrimonio gastronomico rurale, il consumo etico e consapevole e il cibo sano per il corpo, la mente e l’anima.
Gli ingredienti del sud-ovest della Colombia e la ricchezza culturale delle sue comunità servono come punto di partenza per creazioni innovative supportate dalla sua filosofia di vita: trasformare la cucina in un veicolo per generare il benessere che tutti gli attori della filiera alimentare meritano, dando visibilità ai prodotti locali e al lavoro artigianale da ogni angolo della Colombia, mantenendo vive le tradizioni culinarie del paese. Insieme al suo team, la chef, che per anni è stata protagonista di programmi gastronomici sulla televisione latinoamericana, dimostra che è possibile creare una cucina di alto livello riducendo a zero gli sprechi, acquistando direttamente dai produttori e recuperando ingredienti sull’orlo dell’estinzione. Offre ai commensali un racconto della storia locale in un mondo sempre più uniforme e privo di identità, rimodellando il tradizionale per dare alla cultura la portata che merita.
Il ristorante
Ed eccoci dunque giunti al ristorante Domingo, tempio di sostenibilità e creatività dal design che richiama i colori e le textures della natura colombiana. Domingo, il cui nome vuole richiamare l’unione e la calda convivialità a tratti infuocata degli autentici mercati della città, nasce a seguito dell’indagine dei territori della Colombia e dei suoi abitanti, come proposta per rendere visibili le comunità, gli agricoltori e gli artigiani gastronomici. “Il nostro progetto vuole essere l’anello di congiunzione che racconta la storia dietro ogni prodotto, permettendoci di generare giustizia sociale e un’economia circolare, asse del nostro futuro”, racconta Cata.
La filosofia di cucina di Catalina Vélez è una mezcla sapiente di retaggi e presente, su cui costruire un futuro entusiasmante e giusto. Al Ristorante Domingo ogni piatto è una celebrazione della biodiversità colombiana, un tributo alla ricchezza del territorio e alla cultura ancestrale che ha plasmato la cucina del paese. Uno degli aspetti più distintivi del lavoro di Catalina è la sua capacità di reinterpretare piatti tradizionali colombiani in chiave contemporanea, senza mai perdere di vista l’autenticità dei sapori. Nei suoi piatti si può trovare un perfetto equilibrio tra la sperimentazione tecnica e il rispetto per la tradizione. La sua cucina è un viaggio sensoriale che porta i commensali a scoprire le molteplici sfaccettature della cultura colombiana, attraverso combinazioni inaspettate di sapori e consistenze.
I piatti
Alcuni esempi della bellezza che Cata crea e impiatta insieme alla sua giovanissima squadra? “Uramba” dell’Arcipelago di La Plata, un sugarello (pesce azzurro), consumato sulla costa del Pacifico affumicato o salato. Viene condito con sale di ribes lattofermentato e alghe essiccate che conferiscono un profondo sapore di mare; servito con yogurt al kefir di cocco, gel al limone, mandarino e salsa di scorza di agrumi, è l’emblema dei più importanti input per la sovranità alimentare e l’identità di Bahía Málaga, un posto speciale e remoto dove Cata ha stretto profondi legami con la comunità del posto.
C’è poi “Baia Tumaco” dal Dipartimento del Nariño: gamberi stagionati in acqua di mare per esaltarne il sapore dolce, vengono utilizzati i gusci per realizzare una base molto aromatica con la quale si prepara la leche de tigre. Lo yacon (tubero superfood) viene affumicato e grigliato, una parte utilizzata nella stessa leche, l’altra con sfoglie di sale giamaicano e peperoncino dolce come accompagnamento. I gamberetti provengono da una comunità di pescatori artigianali di Tumaco.
E ancora il “Pichindé” della valle di Cali. Questo piatto descrive i modi di mangiare la famosa cucina di strada in città. Il pandebono (tipo di pane colombiano preparato con farina di mais, farina di tapioca, formaggio e uova) realizzato in modo tradizionale, con mais autoctono della comunità Zenú di San Andrés de Sotavento e della comunità Misak di Guambia Cauca, stagionato e poi lavorato con formaggio a foglia e amido dolce. Con questo impasto viene preparata una sorta di cialda croccante e riempita con hummus di chontaduro (frutto di una palma locale molto preziosa), terminata con cristalli di miele grezzo dei del frutto lulo fermentato in modo tradizionale per preparare lo champus (bevanda tradizionale con mais).
“Il miele grezzo è il miele raccolto manualmente dalle api selvatiche che si nutrono delle piante autoctone delle scogliere di Cali, non viene centrifugato né pastorizzato, preservando tutti i suoi nutrienti, i minerali e le proprietà curative, oltre che il sapore e l’aroma intensi".
I progetti sociali
Catalina crede fermamente nell’importanza di utilizzare ingredienti locali e stagionali, privilegiando sempre i piccoli produttori e le pratiche sostenibili. Per lei la cucina non è solo un’arte, ma anche una responsabilità sociale: scegliere prodotti locali significa supportare l'economia della comunità e preservare l’ambiente. Lo dimostra attivamente con i progetti che sempre ha in essere: “Il nostro compito è lavorare consapevolmente per la sostenibilità, intesa come capacità di utilizzare esclusivamente ingredienti locali, sementi autoctone e input artigianali, prodotti in modo tale che terra, animali e uomo si uniscano in una progressiva e costante sinergia di benessere, ricercando la rigenerazione dei suoli e delle risorse idriche. Implementiamo processi per raggiungere lo scarto zero, accogliamo fornitori che rispettano il chilometro zero per le verdure e cerchiamo di democratizzare l’accesso alla qualità.
Conosciamo da vicino ciascuno dei nostri fornitori, integrandoli in un modello che realizza una rete tra sovranità alimentare e identità. Siamo un tessuto di eventi culturali, politici e gastronomici tra il rurale e l’urbano. Crediamo che per resistere come progetto ma soprattutto come nazione non abbiamo nient’altro da fare che rafforzare il capitale sociale, cioè la capacità di collaborazione e cooperazione sociale tra i diversi gruppi di un collettivo umano, insieme all’uso individuale delle opportunità che ne derivano”, afferma. Tra questi il progetto che riguarda il Piedemonte amazzonico a Putumayo. Più di 20 famiglie lavorano alla protezione e alla rigenerazione di 22 ettari di cui 15 di foresta nativa che fa parte degli ultimi corridoi ecologici esistenti sul pianeta.
Applicano sistemi sintropici per rigenerare aree di suoli degradati, implementando agroecosistemi diversi e abbondanti, foreste alimentari che imitano, ottimizzano e migliorano i processi che la natura utilizza per creare la vita, producendo connettività ecologica, suolo fertile, habitat e cibo per molti esseri viventi, compresi noi umani. Da loro Cata e il suo team ricevono maraco o macambo (theobroma cacao bicolor), cacay, palmito crudo, pipilongo, hoja santa, mishky lemon, coquindo, arazá, sirindango, aguaje, chontaduro. C’è poi il lavoro svolto con la comunità Misak – Guambia, a Cauca. Sono un gruppo di 18 famiglie indigene che lavorano per la sovranità del loro territorio, con le quali Cata ha instaurato un rapporto di cooperazione più di sette anni fa.
“Abbiamo implementato sistemi di scambio di valori con acquisti anticipati di materie prime e un sistema fiduciario in cui tutti i prodotti artigianali della comunità sono inclusi nel nostro progetto”. Oggi forniscono fragole biologiche, more selvatiche Paramo, agraz bio (piccolo frutta della palma corozo), patate creole autoctone gialle e rosse di Mambera, cipolla, formaggio in foglia, burro di silvicoltura. Inoltre intrecciano cestini per il pane in lana grezza e realizzano piatti di argilla per le stoviglie. Nella sopra citata Bahía Málaga Cata e il suo team valorizza il territorio e le piccole produzioni della comunità che lì vive, mantenendo in vita alcuni lavori tradizionali come quello relativo alla “piangua”: un’attività ancestrale da sempre svolta soltanto dalle donne che oggi continuano a perpetuare, all’interno di un labirinto di mangrovie dove vengono raccolti questi molluschi bivalve (Anadara tuberculosa e Anadara similis). La raccolta della piangua è stata un’attività che le comunità nere hanno sviluppato in tutto il Pacifico colombiano, oggi quasi scomparsa e che motiva la comunità di La Plata Bahía Málaga, e la Chef Vélez, a mantenerla in vita.
Catalina Vélez è molto più di una chef, è una vera e propria erudita della cucina colombiana, una custode delle tradizioni che non ha paura di innovare. Grazie al suo lavoro, la gastronomia colombiana sta guadagnando sempre più riconoscimenti sulla scena internazionale, anche con il ristorante Domingo che si è affermato come una tappa obbligata per chiunque desideri scoprire la vera essenza della Colombia attraverso i suoi sapori. In un mondo in cui la globalizzazione rischia di omologare le culture gastronomiche, Catalina Vélez rappresenta una voce autentica e potente che invita a riscoprire e valorizzare le radici, senza rinunciare alla creatività e ai sapori. Domingo è il suo manifesto, un luogo dove la cucina diventa narrazione, cultura e arte, per offrire un’esperienza gastronomica che lascia un’impronta indelebile nell’anima di chi ha la fortuna di incontrarla.
Contatti
Domingo
Cra 5 #2-97 San Antonio, Santiago de Cali, Colombia
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