Attualità enogastronomica

Grant Achatz: “Le brigate aggressive di The Bear? Non esistono quasi più”

di:
Alessandra Meldolesi
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copertina grant achatz

La serie tv The Bear, disponibile in Italia su Disney+, nel suo realismo offre la misura esatta di come e quanto sia cambiato il clima della ristorazione dopo il covid. A riflettere sul tema sono due fuoriclasse che vi hanno preso parte, Daniel Boulud e Grant Achatz.

Foto di copertina: Getty Images


La serie

Poche serie tv hanno fatto parlare di sé negli Stati Uniti quanto The Bear, che narra l’inseguimento della stella Michelin da parte della chef Carmen Berzatto e della sua brigata in quel di Chicago. L’ultima edizione (qui il nostro racconto in anteprima), trasmessa attualmente da Hulu, comprende cameo di volti notissimi della ristorazione mondiale, quali René Redzepi e Thomas Keller, ma sono già comparsi anche Grant Achatz e Daniel Boulud, che il magazine della Michelin è andato a interpellare. Così scoprendo che le riprese si sono svolte senza sceneggiatura, per il massimo realismo.

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È stato Will Guidara, consulente dello show, a cooptare i celebrity chef. “Il mio set è stato il ristorante Boulud, quindi mi sono sentito a casa. Il cast e gli operatori sono stati estremamente rispettosi del nostro spazio ed efficienti. Cineprese a parte, l’esperienza è stata del tutto realistica. È stato un ordinario giorno in cucina. Ed è stata la prima volta che non ho dovuto fare una seconda ripresa. È evidente che hanno cura del settore e del modo in cui viene rappresentato. Sicuramente alcune cose sono calcate, ma in generale mostrano la passione, l’ossessione, l’intensità, la devozione, il dramma e la gioia di essere uno chef”.

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Questa la versione di Grant Achatz: Desideravo profondamente essere coinvolto, perché avevo visto altre opere del regista. Sa che non sono un attore. Mi ha detto che Will mi avrebbe posto alcune domande e io avrei dovuto rispondere con naturalezza. Ma non mi ha detto di cosa avrebbero trattato, temi con i quali vengo confrontato continuamente e che possono risultato un po’ seccanti, né a che punto avrebbero iniziato a recitare. Quindi sono partite le domande sul palloncino commestibile e la patata calda e fredda, senza che io sapessi che stavamo già recitando. A un certo punto mi sono chiesto quando avremmo cominciato. Alla fine gli ho dato un colpetto sulla spalla, per fargli capire che dovevo andare. Mi sono girato e non c’era nessuno. Avevamo girato. E loro: ‘Già, è stato perfetto, esattamente la reazione che volevamo’. Quindi hanno fatto qualcosa di naturalmente irritante, cosa che mi è parsa brillante”.

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“Sono rimasto molto, molto impressionato da sfumature, linguaggio, dialoghi in cui la gente rimane frustrata. Alcuni sfoghi mi sono risultati familiari: certo, prima della pandemia le cucine erano un po’ più instabili e aggressive nel loro stile di condotta. Ma penso che pochissimi ristoranti oggi siano rimasti così", confessa lo chef, alludendo a un miglioramento generale delle condizioni del settore. "Ciononostante, per me era qualcosa di centrato: la terminologia, l’energia, le cose dette su cosa sembriamo, sono dettagli che potresti conoscere solo da interno del comparto food. Già guardando la serie, ero rimasto impressionato dal primo istante. Pensavo: questi ragazzi hanno fatto le cose per bene”.

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