Il tema della salute mentale nelle cucine si fa sempre più insistente. Ora arriva la testimonianza di Heston Blumenthal, che racconta le sue diagnosi di ADHD e disturbo bipolare, chiedendo una rivoluzione culturale che archivi lo stigma. “La parte più artistica, innovativa ed eccitante del mio lavoro è dovuta alla neurodivergenza, che descrivo come il mio super potere”.
Foto di copertina: @thehestonblumenthalteam
La notizia
Il cervello degli chef, si sa, è sottoposto a stress costante, che spesso sfocia in burnout. Tanto che sono stati ricorrenti nella storia i suicidi all’interno della categoria, da François Vatel a Bernard Loiseau, passando per Anthony Bourdain, Homaro Cantu e Benoît Violier, Franco Colombani e Luciano Zazzeri. Nel 2017 lo chef Daniel Pattersson ha tenuto un discorso a Mad Copenaghen, secondo il quale addirittura il 95% dei cuochi soffrirebbe di qualche forma di depressione. E se già i fratelli Roca avevano dichiarato di aver inserito nel team una psicologa, affinché curasse il benessere mentale delle brigate, ora arriva la presa di posizione di un altro mostro sacro della cucina d’avanguardia, Heston Blumenthal, raccontata nel dettaglio da Independent.
Allo chef britannico, oggi cinquantasettenne, era già stato diagnosticato nel 2017 l’ADHD, o disturbo da deficit di attenzione, condizione da lui derubricata a “super potere”. Blumenthal aveva anzi colto l’occasione per lamentare come la gente nelle sue condizioni fosse discriminata nei luoghi di lavoro. A tal proposito aveva citato una ricerca, secondo la quale l’11% degli intervistati avrebbe ricevuto una diagnosi di neurodivergenza e di questi il 47% avrebbe avuto difficoltà sul posto di lavoro, mentre il 21% sarebbe risultato addirittura non occupato.
“Si tratta di persone che hanno capacità straordinarie e incomparabili, tuttavia a causa del modo tradizionale di lavorare, ci stiamo perdendo lo splendore che potrebbero portare nel business britannico”, aveva a suo tempo dichiarato. “Spero che parlare apertamente della mia salute mentale possa sensibilizzare le coscienze sul tema e voglio battermi per evidenziale il contributo che la neurodivergenza può apportare sui luoghi di lavoro. La parte più artistica, innovativa ed eccitante del mio lavoro è dovuta alla neurodivergenza, che descrivo come il mio super potere. Il mondo deve superare le superstizioni anacronistiche ed arcaiche sulla differenza percepita, per abbracciare le opportunità offerte da queste condizioni”.
Nel tempo tuttavia è sopraggiunta una seconda diagnosi per disturbo bipolare, condizione che comporta vertiginosi alti e bassi dell’umore e riguarda circa l’1% della popolazione. Cosicché il grande chef britannico insiste: riconoscere che siamo tutti mentalmente diversi, può fungere da propulsore per la creatività collettiva.