Dalla Spagna un nuovo dibattito sulle condizioni di lavoro nella ristorazione. La ministra: “Gli orari vanno rivisti”.
La notizia
La ministra del Lavoro spagnola, Yolanda Díaz, ha scatenato un acceso dibattito proponendo di anticipare l'orario di chiusura di ristoranti e bar, giudicando "irragionevole" che restino aperti fino a tarda notte. Díaz sostiene che la Spagna non sia "al passo con il resto d'Europa" e suggerisce che ridurre l'orario di chiusura potrebbe migliorare la salute dei dipendenti, che spesso lavorano oltre le 22, garantendo loro comunque una retribuzione migliore.

Tuttavia, questa proposta è stata accolta in modo piuttosto eterogeneo, con alcune voci favorevoli tra i lavoratori, ma molta resistenza nel settore dell'ospitalità. Gli imprenditori del settore hanno risposto, infatti, con un sonoro "no", riporta euronews.com. "Se tagliamo ulteriormente gli orari, dopo ciò che abbiamo passato con la pandemia, ci dedicheremo solo a pagare le tasse e a riscuotere zero", ha dichiarato un ristoratore (manteniamo l'anonimato per motivi di privacy). "Molte volte la notte ci salva. Se chiudiamo prima, ci uccidono ", ha osservato un altro.

D'altro canto, l'idea della ministra ha trovato sostegno da parte degli interessati, come prevedibile. "Io, che lavoro nel settore dell'ospitalità e ho una famiglia, vorrei che i nuovi orari entrassero in vigore, poiché ne trarrei immenso vantaggio", ha detto a TVE una cameriera.

Attualmente, gli orari di apertura sono regolati dalle comunità autonome, e molti ritengono che anticipare la chiusura sarebbe un colpo mortale per il loro business, già messo a dura prova dalla pandemia. José Luis Yzuel, presidente della Confederazione spagnola delle imprese dell'ospitalità, ha dichiarato che prolungare gli orari di apertura aumenta l'occupazione e genera maggiori introiti. La notte, infatti, rappresenta una fonte vitale di guadagno per molti locali. La proposta di Díaz, quindi, deve confrontarsi con la dura realtà economica e culturale di un settore che vede nell'orario notturno non solo una tradizione, ma una necessità.
